Giorno 156 23:30
Microrisveglio in cui penso distrattamente ai lucidi, mi rimetto a dormire.
Urbex nell'entroterra ligureSono al mare, sto percorrendo una strada che so che porta a Punta Chiappa, con l'acqua, limpidissima e di un azzurro intenso, alla mia destra. Mentre cammino penso che arrivato là se trovo P. potremmo farci un bagno insieme, venire a tuffarci qui da qualche parte che almeno è un posto un po' diverso dai soliti, quindi mi concentro nel trovare scogli da cui potersi tuffare, decentemente alti e con un modo per risalirci da dentro l'acqua. Ne spotto uno o due che mi sembrano perfetti, e intanto entro in questo golfo seguendo la strada. Alla fine del golfo c'è Punta Chiappa; qui però non ricordo bene che succede, forse incontro i miei zii o qualcuno che conosco. Fatto sta che mi ritrovo con P. sempre sulla stessa strada, consapevole di avere già fatto un giro per la Punta, e inizio a dirgli la mia idea di farci due tuffi in quel bel punto che avevo trovato prima; lui però non ha molta voglia e mi indica nell'entroterra un fiume che si congiunge con un lago, molto simile a quello di Dobbiaco, limpidissimo e circondato da pini di alta montagna: mi dice che secondo lui è meglio lì, almeno è diverso dal solito come avevo detto io ma è anche dolce l'acqua, e bla bla bla. Io obbietto dicendo che di sicuro è più fredda, venendo da un fiume dell'entroterra, e poi che un lago non puoi paragonarmelo al mare; lui però è convinto e alla fine scendiamo lungo una stradina sterrata con scritto 'proprietà privata' che sembrava portare al fiume. A un certo punto però guardo sopra le cime degli alberi e noto delle ciminiere, come di una fabbrica; sembrano anche in cattivo stato, quindi la fabbrica potrebbe essere abbandonata! Tutto contento lo dico a P., che di comune accordo con me decide di andare a vedere se si può fare urbex. Arrivati davanti alla fabbrica, scopriamo che è un complesso veramente ampio e in buono stato per essere abbandonato, somiglia un pochino alla cartiera di carirate, e decidiamo di entrare; dato che comunque siamo in mezzo a un bosco e non c'è nessuno ci intrufoliamo liberamente scavalcando il cancello e una volta dentro iniziamo a esplorare. Sembra un po' simile a altri posti che abbiamo già visitato io e lui, in particolare a uno molto brutto e monotono, però, dopo essere entrati in un altro cancellletto più interno, troviamo un gruppo di ragazzini più piccoli di noi che stanno esplorando anche loro. All'inizio ci avevano spaventato perché pensavamo fossero barboni, e io non avevo dietro il coltellino svizzero, però poi si mostrano molto amichevoli e anzi decidono di seguirci. Strada facendo scopriamo che è la loro prima volta in una fabbrica abbandonata e ci dicono persino le nozioni base di questa cosa, tipo non vandalizzare e portarsi sempre dietro qualcosa per difesa che non si sa mai; a un certo punto io sbotto e dico loro che sono almeno due/tre anni che io e P. andiamo in fabbriche abbandonate e cose simili, quindi non siamo inesperti, e che se facciamo qualche errore son comunque cazzi nostri; dopo la mia sfollata smettono di darci consigli e se ne stanno più o meno zitti. Nel frattempo abbiamo ormai esplorato quasi tutta la fabbrica, non resta che un ambiente abbastanza grosso e basso; ci entriamo e noto che è una sala bassa, composta da legno e un metallo giallastro che penso sia ottone ma non ha molto senso, e in fondo c'è una porta di legno chiusa con un asse enorme e un catenaccio. Ho la fortissima sensazione di avere già visto questo posto e quando le porte dietro di noi da cui siamo entrati si chiudono di scatto ricordo tutto:
è la stanza di un altro incubo dove ero rimasto intrappolato in questa stanza con altra gente e non c'era modo di scappare, e alla fine mi ero suicidato. Capisco di essere in un sogno ma voglio comunque esserne sicuro: guardo la mia mano e contando le dita a due a due noto che sono otto. Penso subito a un modo per uscirmene da qui, ma non me ne viene in mente uno: ricordo che nell'incubo avevo provato sia le porte da cui eravamo entrati che le altre, così come l'unica finestra che c'è e una presa dell'aria. P. e gli altri bambinetti intanto son corsi alla porta da cui eravamo entrati per capire che fosse successo, e una volta capito di essere in trappola si erano messi a urlare. Io, stufo, faccio senza apparente motivo un altro test di realtà per sicurezza, stavolta tappandomi il naso. Respiro, ma con un po' di fatica, e ricordo che nella realtà ho il raffreddore. Mentre penso a questo la sensazione del mio naso reale mi 'risucchia' in una maniera velocissima, tutto il sogno si sfalda e diventa nero e mentre mi maledico in tutte le lingue del mondo mi sveglio.
giorno 161 23:20
-senza titolo, è solo un frammento
Di questo sogno ricordo due frammenti principali, in cui in mezzo o ho dimenticato o mi sono svegliato causa la febbre che ho in questi giorni.
Primo frammento: sono in montagna con i miei compagni di classe e la prof di educazione fisica; stiamo scalando/scappando da qualcosa e siamo al campo base all'inizio di una ovovia.
Capisco di essere in un sogno perché ricordo che questa situazione l'avevo affrontata identica in un altro sogno, e ricordo che mi ero arrampicato sui fili dell'ovovia e ero arrivato salvandomi in cima alla montagna. Preso dal panico, provo a emulare questo mio gesto (evidentemente avevo una lucidità molto bassa se non ho pensato di volare
)
, però arrivato in cima a uno dei pilastri noto che la corda di ferro si è spezzata e sono quindi impossibilitato a salire. Scendo e osservo dal basso che c'era un cavo elettrico a cui avrei potuto aggrapparmi, ma non ci ho pensato. Fine del primo frammento, non ricordo altro; probabilmente mi son messo a parlare con qualcuno e ho perso la poca lucidità che avevo.
Secondo frammento: sono con F. e E. ai miei fianchi davanti a uno specchio in una stanza illuminata con una luce giallastra. Lo specchio non riflette anomalie, siamo proprio come nella realtà; senza apparente motivo
capisco di essere in un sogno e lo dico sia a F. che a E. F. sembra sollevato, l'altra contrariata. Mi avvicino allo specchio con l'intento di entrarci e mi sveglio.