@cetaceon questo te lo dedico tutto!
26 Ottobre 2014
Ore 7:30-9:30 circa (il lasso di tempo preciso non lo ricordo perché mi sono svegliata e riaddormentata a più riprese)
Affrontare un Dio
Un lucido un po’ più buono come da tempo non mi capitava.
Dopo una notte di sogni normali mi sono addormentata con il preciso scopo di fare un lucido, ma non un lucido qualsiasi, bensì di incontrare Odino per poter fare la task di cetaceon.
Ebbene chiudo gli occhi e aspetto le ipnagogiche. Ne arrivano subito alcune che hanno a che fare con il fiume Parma e le gazze che saltellano e vanno a bere e mangiare sulle sue sponde. Non è questo che mi interessa. Cancello le immagini e cerco di dirottarle su quello che voglio io. Ne compare una in cui, grazie a un po’ di concentrazione, vedo Odino con il cappello marrone a falde larghe, il mantello marrone strappato ed il suo bastone sulla mano destra, a cavallo di Sleipnir il mitico cavallo a otto zampe. Ha un manto bianchissimo con solo gli zoccoli scuri.
Perfetto, ci siamo. Ora non mi resta che calarmi nel luogo.
Purtroppo perdo concentrazione e immagine e finisco che il sogno si forma attorno a me facendomi partire da una gigantesca stanza con le pareti color sabbia. Ho perso Odino ma per lo meno sono riuscita a mantenermi cosciente e consapevole di essere in un sogno.
Mi accorgo solo poi, quando il sogno prende finalmente nitidezza e spessore, che in fondo alla sala c’è proprio Odino che mi aspetta, affiancato alla sua sinistra da un gigantesco lupo grigio scuro e grosso come un cavallo. Stavolta non è in completo di giacca e cravatta ma come lo avevo visto nell’ipnagogica e come lo vuole la tradizione: mantello e cappello marroni scuro e logori, occhio sinistro mancante, barba bianca e crespa, sui sessant’anni passati, con un cappio per l’impiccagione attorno al collo ed un bastone scuro e nodoso più grande e tondo sulla cima che usa a mo’ di pomello.
Allora è fatta! Forse riesco a fare la task. Comincio ad avvicinarmi quando sulla parete alla mia destra, da una grossa apertura ad arco che prima non avevo notato, si precipita fuori un grande drago verde che punta subito ad essermi ostile, mettendosi fra me e la strada che mi separa dal Dio.
E adesso questo cosa vuole?
Mi attacca cercando di prendermi con le fauci ma riesco a spostarmi in tempo per evitarlo. Gli afferro le corna sulla testa e con forza gliela piego fino terra, immobilizzandolo. Cerca di liberarsi dalla mia stretta, ma sebbene più grande di me non riesce a fuggire da lì. Si dimena con le zampe sperando di tirare via la testa che però non si muove di un solo millimetro da dove gliel’ho fatta appoggiare. Nei suoi occhi vedo che prova paura, paura che io possa ucciderlo perché mi sarebbe facile da questa posizione far comparire qualche arma bianca e troncargliela di netto. Lo lascio andare ed il drago torna in posizione naturale anche se ha capito com’è la gerarchia di potere. Faccio comparire una frusta sulla mia mano destra, dal nulla, e la faccio schioccare sul terreno.
<<A cuccia!>> gli grido <<Non ho tempo da perdere con te, ho cose più importanti da fare>>.
Sottomesso con la testa china e con la coda fra le gambe, torna da dov’è venuto.
Odino sta ancora là, aspettandomi insieme al suo enorme lupo. Mi avvicino e ci limitiamo ad osservarci senza dirci nulla. Ad un suo gesto con la mano destra che impugna il bastone, il lupo si mette fra lui e me ringhiando.
In un attimo mi ingigantisco di dimensioni fino ad occupare tutta l’altezza che la stanza mi permette ed afferro il lupo con la mia mano che ora è enorme. Il lupo è poco più di un pupazzo: mi morde fra il pollice e l’indice lasciando un segno rosso di sangue che è grande come il morso che potrebbe fare una formica. Non sento neanche dolore. Lo sollevo fino al mio volto e apro e chiudo i miei denti minacciandolo di mangiarlo, poi lo rimetto a terra e lo vedo fuggire a gambe levate verso un angolo aperto della stanza color sabbia che dà su un giardino, proprio accanto ad Odino.
Ritorno a dimensioni normali e ora che il dio ha giocato il suo jolly non gli resta che affrontarmi di persona. Forse il lupo era una prova per testare le mie abilità.
Prima di cominciare batto le mani di fronte a me e le riallargo. Nel momento stesso che le distanzio l’una dall’altra, ai miei lati si formano tante copie di me finche dura il movimento. Mi sono moltiplicata ed ora ho cinque me da una parte e cinque me dall’altra. A questo punto c’è una riflessione molto importante che faccio. L’idea della moltiplicazione del corpo l’avevo già sfruttata in altri lucidi ed era nata perché ripresa dall’anime/manga di Naruto. Ora sussistevano due problemi:
1_ mi ero sempre moltiplicata una sola volta e mai per dieci volte. E già la coesistenza fra me e la copia era sempre stata abbastanza instabile e con una durata limitata.
2_in Naruto se le copie vengono colpite di norma svaniscono e basta. Contro un Dio non mi sarebbero servite a niente se fossero scomparse al primo colpo ricevuto.
Perciò per risolvere entrambi i problemi mi convinco che ognuna di esse sia me, che io le abbia dotate dei miei poteri di sognatrice lucida e siano quindi reali e non semplici copie. Inoltre mi ero ripromessa che prima o poi avrei parlato con una mia copia, perciò una volta creato il piccolo esercito dico loro <<Quando tutto questo sarà finito, io e voi dobbiamo fare un discorsetto…>>.
<<Ah, beh ok>> mi dice una mentre un’altra mi fa <<Non c’è problema>> e mi rispondono tutte contemporaneamente, anche se in modi differenti, e nell’osservarle rispondere riconosco anche qualche mio atteggiamento come il toccarsi i capelli con una mano quando penso, l’incrociare le braccia e guardare il cielo o una posizione particolare delle gambe…tutte piccole cose che so essere tipiche di me.
Odino è ancora immobile, ma appena faccio un passo avanti verso di lui, tutto prende il via.
Odino spara una specie di onda di energia con il suo scettro su una delle copie che finisce a terra sanguinante, mentre le altre lo attaccano di lato ed io riesco a saltare e schivare il secondo dei suoi colpi.
<<Alessia, è ferita>> due copie sono chine sulla terza che è ancora a terra sanguinante. Guardo la ferita e per un momento la mia coscienza si trasferisce dalla me in piedi a quella morente.
Ora vedo le mie due copie guardarmi dall’alto. -Cavoli no!devo tornare indietro- penso. Temevo che sarebbe andata a finire così. Il rischio c’era ma lo avevo ritenuto trascurabile.
Non sento dolore dalla ferita che coinvolge tutto il braccio e parte del fianco sinistro, ma mi concentro e riesco a trasferirmi di nuovo nella mia vera me.
<<Curatela, resuscitatela, fate quello che volete. Siete sognatrici lucide, avete il potete di fare qualsiasi cosa>> dico alle altre due copie ancora ferme sopra la terza e poi torno alla battaglia. Le copie assaltano il Dio con artigli o a mani nude come mio solito, ma sembra che non serva a molto se non ad occupargli l’attenzione. Mi basta il gesto di una mano aperta, unita all’immaginazione, e faccio crescere delle catene dal muro alle spalle del Dio che lo incatenano a un metro da terra e con il braccio destro, quello tenente lo scettro, lontano dal corpo. Ha un po’ la posizione della statua della libertà anche se è ancorato alla muratura, totalmente immobilizzato.
Tutto si blocca all’istante. <<Dio Odino, ti dichiari sconfitto?>> gli chiedo. Non è assolutamente mia intenzione fargli del male, solo batterlo concettualmente.
E per la prima volta mi risponde e sento la sua voce cupa e profonda <<Sì, mi dichiaro vinto. I miei poteri sono limitati qui dentro>>.
Annuisco soddisfatta ma lo lascio ancora incatenato lì mentre io mi dirigo fuori sul giardino. Mi accorgo che è il giardinetto della mia scuola elementare. Le mie copie si riuniscono tutte e dieci attorno a me. E’ una vittoria personale il fatto di averle create così stabili e così potenti. Il prossimo step di cetaceon prevedeva sconfiggere un dio esistente.
<<Qualcuna di voi vada su e mi porti qui Dio e Gesù>>, forse è ora di incontrare qualcuno di più vicino alla mia cultura giusto per curiosità.
<<Non importa quale Dio richiamerai, nella tua mente sei tu il dio>> Odino mi dice dall’interno dello stanzone.
Cinque delle mie copie partono spiccando un balzo e salendo in perpendicolare su fino al cielo e fino a scomparire. Aspetto qualche secondo ma quelle non tornano e credo che le cose non siano andate esattamente come nei miei piani. Sarebbero dovute venire giù subito secondo quanto mi sarei aspettata. Decido di andare a vedere di persona insieme alle altre mie cinque copie. Mi carico e in un balzo raggiungo un tetto. Le copie mi seguono come ombre e corriamo e balziamo da tetto a tetto. Qui avviene una cosa strana: metà del mio campo visivo si spezza e compare l’immagine di una mia compagna di università che parla e ride come se fosse un’interferenza, un disturbo alla stabilità del lucido. O un po’ come se fossero due sogni che si stanno sovrapponendo. Cerco di mandarla via e per fortuna dopo qualche altro balzo dai tetti, concentrandomi sull’obiettivo e sulla scena che sto vivendo, ci riesco. Arrivo ad un ultimo tetto dove mi carico e mi do una gigantesca spinta verso l’alto. Salgo e attraverso le nuvole, il cielo, l’atmosfera e finisco…nello spazio…
La terra sotto di me è gigantesca. Le sue dimensioni sono realissime e gira mentre riesco a scorgere dei satelliti poco avanti a me e la luna in lontananza. Le mie copie mi seguono ancora, ma adesso il problema è un altro: dove lo trovo Dio? Cammino letteralmente nello spazio, come se fosse solido, e mi avvicino a delle piccole cose bianche che hanno attirato la mia attenzione. Mi accuccio ed afferro due fogliettini sottili che assomigliano a quelli dentro i biscotti della fortuna cinesi. Li apro e li leggo ma qui partono dei flash della giornata che ho appena passato ieri dove dentro una mostra di cristalli c’era allestita una sala riguardante la strumentazione fra cui una parte in cui erano appese tutte le sorgenti a catodo cavo. Perdo lucidità. Anche lì noto che fra le sorgenti a catodo cavo vi sono dei foglietti appesi e nel leggerli mi accorgo che uno riporta uno stralcio di conversazione fatta da me e da qualcun altro, ma non ricordo se in sogno o nella realtà, e un altro foglietto riporta una canzone dei Nomadi che al momento avevo riconosciuto ma che ora mi sfugge.
Il sogno qui finisce.