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Sogni comuni privi della consapevolezza di sognare.
Condividi la tua raccolta dei sogni più belli e particolari per trasmettere ai lettori le stesse emozioni che hai vissuto.

Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 29/03/2015, 14:03

29/03/2015, tarda mattinata

Dalla torre al negozio: mi trovo alla Torre con M. che prende due bottiglie di Peroni per spiegarmi degli schemi. Ci spostiamo nella sala accanto. Adesso sono in un negozio di vestiti con S. che va in giro per cercare cose che dovrei comprarmi

Guerrieri nell'università: mi trovo all'università in un'aula al primo piano. Qui dentro siamo in tanti, ci stiamo preparando per andare in una sorta di battaglia. I vestiti non sono moderni da militari e non abbiamo neanche armature medioevali, indossiamo semplicemente vestiti che hanno un che di preistorico. Ci sono alcuni guerrieri con capelli lunghi mossi e lunghi fino alle spalle molto simili, sembrano fratelli. Sono delle teste calde, litigano con i superiori di grado e fanno i prepotenti con gli altri. La punizione che subiscono per questo, qualcuno l'ha già subita, è il taglio netto dei capelli. Uno di loro adesso sta facendo casino e quindi propongo la punizione ad un superiore; porto a quest'ultimo un paio di forbici con le quali, con un solo taglio netto, lo priva di quasi tutti i capelli. Io sono amico di questo che ha subito la punizione ma ho dovuto farlo per il bene della spedizione, sarebbe stato difficile gestirlo in battaglia. Quando lui mi si avvicina quindi, nonostante i suoi sospetti, gli dico che io non c'entro nulla.
Adesso ci troviamo tutti in linea alla parete che si trova a sinistra uscendo dall'aula. Qui parlo con gli altri fratelli che avevano i capelli lunghi e che hanno subito il taglio: adesso sono cambiati, sono cordiali e consapevoli dei loro errori e ci abbracciamo. Uno mi racconta che una volta, in una partita di basket, aveva tirato da sotto il proprio canestro (il che sarebbe valso, dice, 6 punti) ma era riuscito a malapena a raggiungere la metà campo
Mi hanno già conferito il potere che regge il mio destino,
e io nulla stringo, così non avrò nulla da difendere.
Non ho pensieri, così potrò vedere.
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 31/03/2015, 22:06

29-30/03/2015

Facciamolo per la scienza! Sesso in un bosco: mi trovo in un luogo immerso nella natura, è una giornata soleggiata e molto serena anche e soprattutto nell'atmosfera che percepisco in torno a me; c'è armonia. Sono con N e C su di un sentiero in mezzo a un bosco: alla mia destra e alla mia sinistra innumerevoli alberi ma non troppo vicini così che la luce possa illuminare bene la zona, lungo tutto il sentiero e solo lì, invece, una striscia a cielo totalmente aperto. Mentre mi guardo intorno penso, e non posso fare a meno di sottolineare ai miei compagni di viaggio, che vorrei andare in una direzione a caso e perdermi nel bosco. Ad un certo punto, fuori dal sentiero e in mezzo agli alberi, mi trovo con N che mi pratica sesso orale, poi passiamo al sesso vero e proprio. Lei non è che mi piaccia troppo ma lo faccio senza troppi pensieri anche perché so che lo stiamo facendo per una sorta di ricerca, si potrebbe quasi dire una ricerca scientifica. Penso che C mi piace di più, però vabe è così che deve essere questa cosa. Accanto a lei, ad un certo punto, vedo un libro aperto: sembra il tipico libro di pozioni di una strega. Guardo le pagine su cui è aperto è leggo di una sorta di combinazione di oli strani, e so che questo intruglio (non so se deve essere bevuto, applicato o cos'altro, semplicemente non me lo chiedo) ha la funzione di contraccettivo. Adesso N mi propone di farlo senza protezioni ma io le rispondo che già lo stiamo facendo così. Ci spostiamo, ora ci troviamo in una sorta di caverna naturale, sarebbe meglio dire un piccolo rifugio naturale di pietra rossa. All'interno ci sono degli altri individui, sembrano indigeni, hanno pelli più tendenti al rosso delle nostre e indossano vesti tribali. All'inizio siamo imbarazzati di continuare l'esperimento in presenza di queste persone, ma poi lo facciamo

Andando a fare le analisi del sangue: sono a casa e devo uscire per fare le analisi del sangue. Cerco di sistemarmi i capelli visto che mi sembrano inguardabili, per farlo cerco il gel per capelli ma visto che non lo uso da tanti anni ormai temo che dentro il barattolino che ho trovato ci sia della muffa. Apro il barattolo lo stesso e cerco di prenderne un po' ma non ci riesco, quindi rinuncio. Vado a fare le analisi in un posto che sembra nei pressi di Via Francesco D'Ovidio, parcheggio la macchina non senza difficoltà e, allontanandomi da essa, penso che questo tipo di visite sarebbe meglio farle una volta sola ma analizzando tutte le cose insieme piuttosto che fare tante visite separate, e nel pensare questo faccio mi riferisco a costi fissi/variabili. Quasi arrivato all'entrata del laboratorio di analisi incontro Chiara con una sua amica, la saluto e mi dice che ha fretta ma ne ho anche io e comunque ne sono contento perché non mi va di starci a parlare. Solo che lei va dove vado io quindi andiamo insieme. Arrivo al bancone e dentro il posto sembra una fabbrica, devo firmare su un foglio accanto al mio nominativo ma per due volte firmo sulla riga sbagliata perché il fatto che quelli prima di me avevano firmato con una penna che quasi non si leggeva e la cosa mi confondeva, alla fine per me firma la tizia al bancone. Adesso si nota che Chiara è incinta, la tizia al bancone ci chiede se stiamo per avere un figlio e io prontamente mi sbrigo a negare, ma ho la sensazione che o Chiara o l'amica avrebbero detto il contrario. Al momento non possiamo procedere con le analisi perché, dall'altra parte del bancone, sono tutto d'un tratto impegnati con dei macchinari da fabbrica con dei nastri tipo catena di montaggio e devono passare dei pacchetti verdi (che sembrano le cuffie dei dottori durante le operazioni, per la loro consistenza) da un tavolo ad un altro e questa operazione sembra avere la netta precedenza su qualunque altra cosa. Nel frattempo un tizio che era accanto a noi, anche lui aspettando si sdraia davanti a noi sul bancone vestito delle sole mutande e prova a parlarci
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 31/03/2015, 23:49

30-31/03/2015

Povero Kito... e povero me!: sto giocando a carte con S ed altre due persone. Le carte sono quelle che possedevo a casa diversi anni fa che sul dorso presentavano un tema di linee bianche e nere che si intersecano. Sto vincendo in maniera schiacciante [gioco non esistente nella realtà] e sto accumulando sempre più carte. Ad un certo punto qualcuno crede di aver fatto dei punti ma non si è accorto che io ho ancora tante carte in mano e quindi mi prendo io quei punti.
Mi trovo con S e F e forse qualcun altro e stiamo portando Kito dal veterinario. Questi, una dottoressa, dopo averlo visitato per un po', ci dice che Kito è cieco. Ad ogni modo, anche dopo la rivelazione, il povero Kito non fornisce evidenza di ciò e continua a comportarsi normalmente, tutti però siamo molto tristi e direi addirittura inquieti per il responso. Ci decidiamo comunque di portarlo anche da un altro veterinario, non è ben chiaro se perché vogliamo una conferma o se perché crediamo che quello nuovo possa avere una cura, comunque si tratta di un veterinario vicino casa di S nel quale nutriamo fiducia. Tra di noi e in tutto l'ambiente è presente un invisibile senso di inquietudine, irrequietezza, al momento inspiegabile.
Stiamo coprendo il tragitto dal primo veterinario alla macchina e stiamo portando Kito in un cesto, poiché lo percepiamo come malato e quindi vogliamo evitargli la camminata. Io e F portiamo insieme il cesto, un manico ciascuno, ma a un certo momento lei prende a correre e lo innalza sopra la propria testa con vigore. Io e S, ma io in particolare, ce la prendiamo molto con lei perché riteniamo che non abbia osservato la giusta sicurezza verso il povero Kito il quale, tra l'altro, è anche molto malato e verso il quale proviamo un sentimento di enorme struggimento.
Arriviamo alla mia macchina, ma vuole guidare F quindi dopo un po' che insiste la lascio fare. Siamo un po' lontani dalla zona di casa di S. F vuole prendere una certa strada girando verso destra ma io, pur non conoscendo la zona, sono sicuro del mio orientamento e le dico di girare a sinistra; mi da retta. All'inizio sembriamo andare nella direzione sbagliata ma dopo poco ci troviamo magicamente su Viale Jonio e mi stupisco di come possiamo aver percorso tutto quello spazio in pochi secondi. Arrivati a Via Romagnoli, F comincia a premere troppo sull'acceleratore e a guidare tra le macchine come fosse un motorino impazzito: sono molto preoccupato.
Ad ogni modo arriviamo presso lo studio del nuovo veterinario. Entriamo e ci troviamo in quello che sembra un appartamento piuttosto trasandato, il dottore al momento sembra non esserci. Ora, probabilmente si trovava già qui, con noi c'è Riccardo T. In una stanza, quella che sembrerebbe la stanza principale, c'è una piccola porta dietro la quale si apre un ambiente lungo e largo a malapena l'estensione delle braccia di un uomo e che scende verso il basso, senza scale ma con delle sporgenze bianche dalle pareti. L'inquietudine che percepivo nell'aria è ancora presente.
Facciamo delle cose in questo appartamento, fino a che non mi ritrovo sulla soglia di quella piccola porta con Riccardo T dietro di me quasi ad incalzarmi. Sento di avere qualche accrocco addosso che non mi facilita i movimenti, anzi me li rende goffi, e con il quale è difficoltoso addentrarsi in uno spazio così stretto. L'accrocco che ho addosso non è meglio definibile. Vado verso il basso incalzato da R, lui ha un sorriso beffardo in volto, davvero non capisco se è in buona fede o vuole trarmi in trappola. Finisco troppo giù (qualche metro, ma visto l'accrocco e le misure dell'ambiente tutto si fa molto complicato) e mi rendo conto che avrò molte ma molte difficoltà a risalire, forse non ce la farò.
Adesso mi trovo nella stessa casa ma fuori da quella sorta di stanzino, ora sono nella stanza principale. So di essere come svenuto o di essere andato vicino alla morte e che sono stato tirato fuori di lì da qualcuno che è accorso, in particolare da un uomo che sembra qualcuno della polizia o di qualche servizio segreto; ha capelli bianchi, un'aria esperta e sembra avermi a cuore. So che ci conosciamo. Mentre mi "risvegliavo" [ovvero mentre la scena del sogno passava dallo stanzino a dopo il salvataggio] pensavo che fossero passate settimane, se non mesi, da quando mi trovavo nello stanzino prima della mia perdita di coscienza, invece scopro di essere stato salvato dopo solo qualche ora
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 02/04/2015, 1:37

31/03-01/04/2015

Una lunga storia: mi trovo in uno spazio all'aperto e sto giocando a biliardino. Io, da solo, contro Gianmarco e la sua ragazza [qui non è Giuliana]. Sto giocando nettamente meglio io anche perché, per il fatto che loro sono in due contro me da solo, la configurazione del biliardino è cambiata e sul campo c'è un considerevole spazio privo di giocatori che mi permette di tirare dalla difesa e con il portiere con grandi possibilità di segnare, infatti faccio parecchi gol così. Faccio anche diversi ottimi interventi con il portiere. Alla fine vinco 8-1. Finita questa partita, ne comincio una con Ga.S e altri due ragazzi (probabilmente L e T) e per cominciare questa partita spostiamo leggermente il biliardino, così che sia in direzione perpendicolare a come si trovava prima. Adesso, in questa nuova posizione, il biliardino risulta troppo alto per me quindi salgo in piedi su una sedia per riuscire a giocare; così facciamo tutti.
Mi trovo in un ambiente che sembrerebbe trovarsi a pochi metri di distanza da dove giocavo a biliardino. Adesso so di essere in una sorta di campo di concentramento, e le camerate sono delle medio-piccole costruzioni in legno. C'è un membro dell'esercito tedesco che fa un appello: lui avrà circa 35 anni ed è leggermente paffuto e ha capelli rasati, il suo atteggiamento comunque non è troppo ostile nei "nostri" confronti, nel senso che mantiene la sua autorità ma è anche accomodante e leggermente informale negli atteggiamenti. Cambio di scenario: vedo il mio posto letto dentro la camerata e, accanto al letto e intorno ai miei piedi, ci sono tanti piccoli topini. La cosa non è affatto schifosa, i topini sono simpatici e vivono in perfetta armonia con noi. Ritorno allo scenario dell'appello: Hermione Granger non risponde perché si trova al bagno. Vedo la scena del bagno, la vedo in prima persona: i bagni sono spazi comuni poco ordinati e poco riservati, poco puliti; sto facendo la doccia e sto cercando di sistemare una striminzita tendina della doccia, Hermione è fuori dalla doccia a qualche metro di distanza. Ritorno allo scenario dell'appello: arriva un bambino che non aveva potuto rispondere all'appello dicendo che il motivo era un problema alla caldaia della propria camerata che era stato impegnato a sistemare; il militare dice che va bene e che più tardi faranno in modo di risolvere il problema.
Adesso non sono presente fisicamente ma vedo la scena: in un viale vicino al mare, che percepisco come la medesima località degli episodi precedenti, vedo S camminare. C'è qualche cosa che ha a che fare col fatto che ha ascoltato un cd che ha ascoltato anche Ga.S, e col fatto che ha finito il piano di marketing che anche io devo concludere per l'università.

Ora mi trovo in un ambiente futuristico, in un edificio che vedo svilupparsi in lunghezza e mai in altezza, sembra i lunghi corridoi delle metro o delle stazioni: corridoi larghi, con persone che scorrono in entrambi i sensi, con soffitti relativamente bassi, che si snodano in ogni direzione. Qui mi trovo con Francesco T, grazie a lui imparo ad utilizzare dei teletrasporti che sono situati in alcuni punti di questo edificio-corridoio: hanno la forma di slot machine nel cui schermo è proiettata l'immagine del luogo (la destinazione è fissa) nel quale si andrà a finire, come se ci fosse una webcam sul corrispondente teletrasporto-slot machine. Basta andare verso lo schermo ed entrarci. La sensazione del passaggio da un luogo all'altro è piacevole. Mi capita di farlo diverse volte durante i vari giri che compio per qualche motivo in questo ambiente. Ad un certo punto, tanto per provare, voglio vedere se è possibile teletrasportare la mia ciabatta senza che entri io per intero nel teletrasporto. Prendo la mia ciabatta sinistra e la porto con la mano fino allo schermo: finisce dall'altra parte. Decido ora di andare anche io ma c'è un malfunzionamento e non riesco a passare. Un tizio che è dietro di me, che evidentemente è più pratico, preme un tasto che si trova sullo schermo (touch) e mi dice di andare adesso: ora funziona.
Cammino per questi lunghi corridoi e parlo con Gianluca T. Ci facciamo una lunga e piacevole chiacchierata. Ad un certo punto arriva N e comincia a fare apprezzamenti sulle ragazze e il discorso degenera.

Ora ci troviamo (io, Francesco T, Gianluca T, N e forse anche Gianmarco e M) sulla soglia della porta finestra di camera mia, ma percepisco continuità con gli eventi precedenti. Stiamo passando in rassegna mentale i pub dove potremmo andare a Marta [località in provincia di Viterbo] per vedere se è una destinazione papabile per questa sera.

Ora ci troviamo per strada in quelle che sembrerebbero le vie nei pressi di Viale Jonio, Piazza Capri, Ponte delle Valli. Mi avvio camminando da qualche parte, N mi segue dicendomi che mi stima perché gioco a calcio nel senso che non ho smesso di praticare uno sport. Raggiungiamo la sua macchina, è rossa e guardo la sua targa: i caratteri sembrano scritti in neretto e con uno stile particolare; gli dico che ha la targa in stile calabrese. Mi avvio verso una palestra che, benché disti solo pochi passi dalla macchina di N, so trovarsi a Via Capuana dove prima si trovava il tizio che affittava i film. L'ingresso della palestra, in effetti, ha lo stesso layout. C'è un ragazzo che camminava dietro di me ed entra nella palestra subito dopo di me. Mentre cammino verso gli spogliatoi (che si trovano all'incirca dove prima si trovava la sezione per adulti) sento che lui chiede al tizio in reception qualcosa e questi gli risponde: "oggi consonanti!". Capisco, perché evidentemente è una usanza, che il gioco del giorno consiste nel trovare due parole sulla base di qualche indizio che riguarda le consonanti; indizio che il ragazzo sembra conoscere mentre io so solo, appunto, che è un indizio che riguarda le consonanti. Sento il ragazzo rispondere, con notevole velocità e sicurezza: "consenso e contento!".

Solo da sveglio, facendo colazione, mi sono reso conto che consenso e contento differiscono per un'unica consonante, ripetuta due volte
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 03/04/2015, 2:25

01-02/04/2015

Una visita gradita: mi trovo in camera mia, in piedi vicino alla scrivania e alla finestra grande. Lì a mezzo metro, sulla scrivania e sotto alla finestra piccola, al solito posto, c'è il cesto che Briciola usa come cuccia con la solita copertina rossa. Non può essere vero, Briciolina è morta circa un mese fa, questa volta non ci possono proprio essere dubbi di sorta: deve essere un sogno. La guardo, la accarezzo o comunque tendo le mani verso di lei che, da dentro la sua cuccia, si tende leggermente verso di me; ha già l'aspetto un po' più gracile degli ultimi tempi, nel frattempo continuo a pensare che questo è un sogno. Questo pensiero dura apparentemente qualche decina di secondi, mentre continuo ad accarezzare Briciola. Ne sono sicuro, è un sogno, non ho incertezza. Non faccio nulla per trasformare questa presa di coscienza in qualcosa di pratico, c'è come qualcosa che mi blocca. Forse non riesco ad esserne sicuro al 100%, forse mi manca quello scattino che porta dalla certezza verbale e logica alla certezza fisica di trovarmi in un sogno. Fatto sta che rimango in questo stallo. Falso lucido

Viaggi in camion verso l'aeroporto: sono a casa, devo accompagnare papà all'aeroporto. Forse non mi sono accorto del fatto che c'è una certa fretta, forse me ne sono accorto ma faccio finta di niente, fatto sta che non faccio nulla per sbrigarmi. Vengo richiamato con urgenza e allora mi sbrigo per davvero e quasi mi fiondo per le scale. Devo guidare un camion molto grosso, da casa mi porto delle merendine per il lungo viaggio che sarà; le merendine sono di due tipi, uno di questo si trova in una busta già aperta che contiene numerosi stecchetti ricoperti di carta dorata. Mi sento molto a mio agio in questo camion che deve guidare, anzi mi sembra proprio una figata. Forse qualcuno lo guida con me o io sono il secondo, ma forse sono proprio io a guidarlo, non è chiaro. C'è un altro camion, uguale al mio, che viene con noi. All'interno questi camion sono una via di mezzo tra un camion e un grande camper. Le strade sono un po' un casino per la loro dislocazione, c'è anche un certo traffico. Ad un certo punto si palesa la possibilità di prendere una strada diversa, da quella concordata, per risparmiare del tempo. Dovremmo girare, dalla strada in cui ci troviamo (sembra il primo tratto di Nomentana che faccio, tornando a casa, uscendo dal raccordo), in una più piccola stradina sulla destra. Tuttavia non sono molto sicuro che quella strada sia corretta e, forse anche su consiglio di qualcuno, dico di no e continuiamo per la nostra via: conosco solo quella con certezza.

Una lotta che rifiuto: mi trovo sotto casa di S, sto andando via e vado verso la mia macchina (pur arrivando come dal bar) che si trova parcheggiata nella fila accanto alla rampa del parcheggio. Vedo due ragazze qualche decina di metri davanti a me prima che io arrivi alla macchina, vanno nella direzione dalla quale io vengo. Proprio mentre entro in macchina, proprio nello stesso secondo, arrivano anche loro ed entrano dal lato del passeggero. Rimango un attimo spaesato ma dentro di me so, e capisco presto, che loro sono le "altre" che usano la mia macchia: è normale che la macchina sia usata da più persone insieme, anzi proprio da due persone (in questo caso una sola delle ragazze è la vera titolare dell'utilizzo a metà, l'altra è un'amica). E' abbastanza raro che ci si incontri e poi proprio così nello stesso momento, tutti e tre lo percepiamo come un evento molto particolare e, uscendo dal parcheggio, propongo che ci si potrebbe fare un film. Passiamo in macchina per Via Graf. Adesso siamo a piedi su Via Graf raggiungendo Via Ugo Ojetti, piove leggermente. Io sto tornando a casa e mi voglio fare una doccia, alle due ragazze propongo che, se cercano un posto, possono venire a casa mia e mentre mi faccio la doccia possono guardare la partita. Rifiutano gentilmente e sinceramente.
Attraversiamo vero l'altro lato di Via Ugo Ojetti, la quale è totalmente deserta. A qualche decina di metri da me, vedo arrivare un giovane uomo biondo, avanza minacciosamente verso di me. Vuole combattere, vuole uccidermi. La sua arma è uno spillo molto spesso e molto lungo, me lo conficca nel palmo di una mano. Mi giro e corro (in discesa) andando verso un punto del marciapiede (davanti ad una banca il cui colore tematico è il verde scuro) dove ora si trova una ventina scarsa di persone, penso che lì sarò più al sicuro. Ho difficoltà nella corsa, mi sento sbandare a destra e a sinistra, e per trovare con precisione il mio punto di destinazione guardo attraverso una sorta di binocolo con il quale cerco di inquadrare bene le facce dei presenti per scegliere quello vicino cui andarmi a piazzare. Riesco a correre abbastanza per non farmi raggiungere, ma quando il tizio arriva dove mi sono fermato il combattimento continua comunque. Ha ancora il suo spillone ma stavolta sono io ad avere la meglio: alla fine del breve combattimento lui consiste in una faccia piccola e stilizzata fatta di plastica trasparente riempita di qualche liquido trasparente, una sorta di gel, che io prendo a calci fino a che il gel non esce dalla plastica aperta. Ho vinto. Dalla banca esce un uomo con una polo nera, capelli neri folti e baffi neri. Probabilmente un po' del gel sparato fuori dalla busta finisce anche su di lui. Mi stupisco di vederlo in piedi perché per qualche motivo so che lui dovrebbe trovarsi su una sedia a rotelle; so anche che lui è il mio nemico supremo e che quello che avevo appena sconfitto era solo un suo braccio destro. Il combattimento si trasferisce in camera mia con modalità inedite e incomprensibili: sono davanti alla mia scrivania (lato delle finestre) ed ho in mano delle specie di foto/immagini, 3-4, forse 5; le tengo una sotto l'altra tra le mie mani e più o meno le sfoglio osservandole tutte, rappresentano degli ambienti senza rappresentarli effettivamente. Una voce, nel frattempo, racconta storie relative al piano di sopra e che hanno a che fare con gli alieni; le immagini che ho in mano sono legate agli ambienti di cui narra la voce. Ad un certo punto sono stremato non tanto fisicamente quanto mentalmente, non ne posso più di questa situazione e dico che sono stanco di combattere, e se questo significa andare incontro a morte certa allora sono pronto alla morte. In realtà questa prospettiva mi spaventa parecchio

Flash, ufficio di S: vedo, senza essere presente e a diverse decine di metri di altezza, un paio di edifici tipo Terna ma su Via dei Prati Fiscali, e so che lì dentro c'è un ufficio in cui lavora S, la quale so trovarsi lì al momento
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 03/04/2015, 13:29

02-03/04/2015

Evviva la cornamusa!: mi trovo, guidando la mia macchina, al confine tra un centro abitato e campi e colline verdeggianti a perdita d'occhio. So che, verso fuori, c'è un ristorante "a base di cornamusa" nel senso che nel locale ci sono suonatori di cornamusa e il cibo ha in qualche modo a che fare con le cornamuse. Percorro con la macchina un piccolo sentiero in mezzo alle morbide curve della terra verde. Dopo poco, a qualche decina di metri di distanza davanti a me, vedo un tizio vestito di una tunica nera e con in mano un qualche attrezzo, che alza entrambe le braccia per farsi vedere. So che lui è messo lì di proposito per segnalare qualcosa, e quel qualcosa è proprio il ristorante.
Comunque non è ancora il momento di andare lì e continui a inoltrarmi nella natura. Faccio cose, succedono cose e passa del tempo.
Dopo diverso tempo e diversi accadimenti torno indietro lungo il sentiero, quindi stavolta in direzione del centro abitato. Si è fatto buio e il tizio con la tunica nera, al nostro avvicinarsi, segnala nuovamente la sua presenza. Svolto sul sentiero ancora più piccolo che porta verso di lui e che gira a destra verso il basso. Mi impegno per far trovare la strada e quindi farmi vedere anche dalla macchina in cui si trovano mamma e papà. Siamo arrivati nel ristorante, il quale è solamente uno spazio immaginario visto che ci troviamo nelle stesse lande verdeggianti di prima, solo appoggiati ad un muretto. Tuttavia questo aver girato a destra e verso il basso ci ha fatto accedere ad un'altra parte di questo territorio tale che, pur trovandoci spazialmente all'incirca nello stesso punto, lo spazio di prima non è visibile dallo spazio di ora e viceversa.
Mi trovo con mamma e papà e probabilmente qualcun altro, probabilmente una ragazza. Senza che ordini nulla, mi viene portata una ciotola piena di insalata fatta in un modo molto particolare, con vongole e altri ingredienti tra cui rientrano probabilmente funghi e altre cose strane. La trovo molto buona, è molto particolare come piatto, ma so che è un antipasto anche perché me l'hanno portata senza che ordinassi e anche perché attendo con ansia di poter mangiare i piatti che hanno a che fare con le cornamuse. I miei convitati comunque non si mostrano entusiasti (non hanno mangiato anche loro l'insalata, ma non è quello il punto). Mentre aspetto i piatti più importanti, vedo che a sinistra ci sono dei tavolini con dei tizi che suonano: al centro dell'attenzione c'è quello che suona una cornamusa, gli altri suonano flauti e piccole percussioni di accompagnamento. Quello che suona la cornamusa ha capelli castani e lunghi, a tratti li vedo con i dread. La musica mi rapisce, posso quasi percepire il suo sforzo. Ad un certo punto, in una pausa, raccolgo una parte della cornamusa [in realtà questa "parte" di cornamusa consisteva in alcuni minuscoli flautini di legno tenuti insieme da un laccio] e gliela restituisco, insieme ad una cesta di frutta che anch'essa era caduta dal tavolino. Preparandosi per ricominciare a suonare, si mette due di quei flautini nel naso: penso che non sapevo che la cornamusa si suonasse così, cioè che bisognava anche soffiare dal naso, e penso che se davvero voglio imparare a suonarla allora questo aspetto sarà piuttosto fastidioso.
Torno indietro dove prima stavo mangiando, nel frattempo è arrivata molta gente e tutti stanno mangiando. Spero finalmente di trovare i piatti che aspettavo ma scopro che adesso, con tutta la gente che c'è, il cameriere non può pensare a servire me anche perché sono stato via così tanto tempo che presumo abbia pensato che io avessi finito la mia cena. Concludo, insomma, che non vedrò i piatti che tanto anelavo e che probabilmente, invece di aspettarli e basta, avrei dovuto ordinarli. Nei pressi del muretto dove mangiavo adesso si trovano grandi banconi inclinati come quelli del pesce nei mercati, davanti ai quali c'è una gran quantità di gente tra cui riconosco Luca A e Andrea C. Sui banconi, tantissimi piatti pieni di lasagne (ecco il cibo che volevo!!) e alcuni con fritti dalla forma di olive ascolane ma con formaggio fuso all'interno. Comincio a mangiare, tanto anche se loro hanno pagato mi dicono che è davvero troppa roba e non la finirebbero mai.
Ad un certo punto, tra questi banconi, adesso si trova un'arcata che è l'entrata di una stazione: ci dobbiamo sbrigare, dobbiamo prendere un treno. Sulla soglia di quest'entrata vedo V, sempre con il suo berretto e piumino da calcio. Prima di andare mi prendo una manciata di fritti: davvero troppo buoni. Prendiamo un treno, adesso mi trovo con un ragazzo e una ragazza. Dobbiamo andare da qualche parte a fare qualcosa, io e il ragazzo discutiamo con la ragazza circa l'opportunità di timbrare il biglietto o meno: io e lui diciamo di no, così ce l'avremo per il ritorno.
Arriviamo in una città, camminiamo per alcune strade. Ci fermiamo davanti ad un negozio e, senza farci vedere, guardiamo dentro. Ci sono delle guardie, sembrano dei carabinieri vestiti di bianco. Chiacchierano con la gente dentro ma questo significa che non possiamo comunque raggiungere la ragazza a cui puntavamo, probabilmente per rapirla. Torniamo indietro
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 05/04/2015, 3:47

03-04/04/2015

Ai margini di una festa: mi trovo in una specie di veranda di una grande casa con giardino, c'è atmosfera conviviale, diciamo una festa. Si mangia dal buffet, c'è Federica F, forse è casa sua. Mi allontano dalla veranda, voglio stare un po' per conto mio fuori in giardino. Scrivo o disegno qualcosa su un quaderno. Arriva Francesca A e mi chiede dove siano gli altri, le indico la veranda

Esami difficili: sono con S alla sua università, che è anche la mia. Deve sostenere un esame, è molto preoccupata e cerco di consolarla. Siamo dentro l'aula dell'esame; per qualche motivo, quando la consolo, dobbiamo abbassarci in ginocchio.
La professoressa che fa l'esame comincia ad avere qualcosa da ridire e si lamenta fortemente circa qualche abitudine che ormai ha diffusamente luogo nelle università per passare gli esami. Se la prende con S, la quale forse piange anche. S prende un grande pezzo di pizza al taglio, così grande che si piega spontaneamente al centro. Alla fine, comunque, sembra passare l'esame.

Rapine e problemi con le tigri: è sera, mi trovo nei pressi di Piazza Sempione, davanti al mercato. Si parla/vedo scene di uno strano accrocco, una specie di tubo molto lungo e colorato dal quale, a comando, fuoriesce qualcosa tipo coriandoli o forse pinze. La scena che vedo è dentro l'Angolo Russo [che si trova dove, in realtà, si trova la birreria] e ci sono due ragazzi, uno di essi forse sono io, che usano questo coso per distrarre la gente e sottrargli i portafogli.
Adesso mi trovo lì fuori e, in macchina probabilmente di Luca A con lui che guida, ci rechiamo verso quella che sarebbe casa sua. Ci troviamo ora in una strada strettissima e scoscesa, molto ripida, sembra di paese. I colori di ogni cosa sono molto chiari, ora è giorno e c'è riverbero. Vedo delle tigri per la strada, comincio ad inquietarmi perché mi rendo conto che già le altre volte che ero andato lì avevamo avuto problemi con queste tigri. La sensazione è che quelle tigri non siano fuori luogo lì, sono perfettamente integrate nell'ambiente, quello è il loro posto. Dico a L che non tornerò mai più lì. Mi assicuro che tutte le portiere siano chiuse. Andiamo in discesa, abbiamo passato la porta del palazzo di casa di L ma andiamo avanti per trovare un posto tattico per scendere dalla macchina lontani dalle tigri. Troviamo il posto che ci sembra utile e scendiamo; cerchiamo di affrettarci il più possibile, una tigre è alle nostre spalle ma siamo ancora sufficientemente lontani e non ci sta rincorrendo. Andiamo, finalmente arriviamo davanti alla porta di casa sua ma ci accorgiamo che una tigre è lì dentro: merda. Comincia una sorta di combattimento o sarebbe meglio dire una sorta di danza fatta di movimenti strategici da parte nostra e da parte sua: non è un vero rincorsi perché non stiamo correndo, piuttosto ci spostiamo nella casa (in modo comunque aggressivo da parte sua, impaurito da parte nostra) cercando ognuno di perseguire il proprio obiettivo: lei prenderci, noi salvarci. Ad un certo punto con uno scatto di reni mi pongo dietro ad una poltrona di quelle che somigliano a ceste di vimini e, con entrambe le braccia, la sollevo usandola come oggetto offensivo verso la tigre. Questo migliora un po' la situazione.
In qualche modo riesco ad uscire, non so se perché abbiamo vinto il "combattimento" o perché siamo scappati o perché c'è stata una tregua. Fatto sta che mi trovo in una sorta di atrio all'aperto dove incontro una bambina con una piccola tigrotta: so che le due sono amiche, e so molto intimamente anche che la piccola tigrotta non è per nulla aggressiva. Infatti cerco di spiegare il mio rapporto conflittuale con le altre tigri senza offendere né la tigrotta né la bambina sua amica, preoccupandomi che potrebbero pensare che ce l'ho con le tigri per quanto tali in generale
Mi hanno già conferito il potere che regge il mio destino,
e io nulla stringo, così non avrò nulla da difendere.
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 07/04/2015, 13:02

04-05/04/2015

Andare allo stadio: mi trovo per strada a piedi, è sera, ho la sensazione di essere nella zona di Viale Libia. Devo andare allo stadio, ci andrò stasera, per seguire Lazio-Empoli. Ho preparato uno striscione che porto, arrotolato, con me. Andrò allo stadio con Guglielmo O, penso che in fondo non siamo amici e non mi piacciono per niente neanche le sue idee politiche, ma pazienza andremo allo stadio insieme

Flash all'università: mi trovo nella mia università, all'aperto dove si trova la U. Qui parlo con Andrea C. Mi indica, rivolti verso l'edificio A sulla destra, che si può vedere un'aula attraverso le vetrate che, ora al livello dei nostri piedi, fungono da soffitto per l'aula interrata.
Ora sono in un bagno, in realtà proprio lì vicino all'uscita dell'edificio A. Non so dove poggiare la mia borsa; mi devo cambiare e per farlo entro dentro la toilette

Visita (+ visita medica) a Radio Rock: mi trovo nell'edificio di Radio Rock. E' una piccola casa isolata, che si sviluppa tutta sul piano terra, in un luogo un po' sperduto. Entro, dentro gli ambienti sono scuri e abbastanza stretti.
Nella sala in cui ora mi trovo, due speaker (che sento di riconoscere) stanno portando avanti la loro parte di trasmissione. Quando parte la musica e loro vanno fuori onda, ci parliamo. Tra le altre cose mi dicono che, visto che sto aspettando un certo dottore per fare una visita proprio lì, allora avrò ancora molto da aspettare perché è molto ritardatario. In questa stanza decisamente più lunga che larga noto come le pareti siano piene di foto e fogli e foglietti attaccati. Sperimento, e gli dico, che il fine materasso su cui si trovano è troppo morbido e sottile e praticamente si piega in due non appena uno fa un po' di pressione su esso
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 07/04/2015, 13:10

05-06/04/2015

Incontro in una piazza affollata: mi trovo in una grande piazza affollata ma soprattutto caotica per il movimento di persone, con qualcuno (probabilmente Sam F) che svolge una sorta di ruolo di intermediario tra me e Al F. In pratica ci fa incontrare. Lui ha una maglietta gialla, forse è il suo compleanno
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Re: Diario dei sogni comuni di teo

Messaggioda teo » 07/04/2015, 15:20

06-07/04/2015

Scegliere la destinazione in compagnia: mi trovo in un immenso "palazzo" "blu". Non è proprio un palazzo, è come un grande costruzione che si articola in modo vario e indefinito: scale, corridoi, spazi aperti (nel senso di senza soffitto), veramente fantasioso. Una luce blu sembra permeare qualsiasi cosa. Ho la sensazione che sia l'università. Cammino per questo edificio, faccio cose, incontro gente, parlo con gente. Di sicuro con Mara F.

...

Mi trovo in un luogo, so che devo andare a casa di un mio compagno di università non meglio specificato, dove si trovano già anche tutti gli altri, per stilare una graduatoria delle destinazioni in cui preferiamo andare in erasmus. Sono in leggero un po' ritardo ma è un ritardo giustificato perché al momento sono impegnato. Esco dal luogo e mi trovo nel parcheggio sotto casa di S. La casa dove mi devo recare è lì vicino tanto che, mettendo cose nel mio portabagagli (forse la mia borsa degli allenamenti e qualcos'altro) posso vedere le facce dei miei amici in una finestra a qualche piano di altezza. Nello specifico li vedo seduti ad un tavolo e mi scambio uno sguardo con una ragazza che è lì, il suo scambio di sguardo sta a significare "ciao, ho visto che ci sei e stai arrivando". E' sera.
Mi trovo nella stanza con tutti gli altri, sono seduti ad un tavolo, chi con dei fogli, e si parla delle varie destinazioni. Andremo a cena fuori, dopo. Io però ho fame perché non ho pranzato e vorrei mangiare qualcosa. Mi alzo e vado nella cucina (stanza lunga e stretta). Entrato, a destra c'è la parete e a sinistra il piano con lavandino, bancone, forno, frigo ecc. Guardo in giro ma c'è poco o niente, apro dei cassetti e l'unica cosa che trovo è un pacco di plumcake della mulino bianco con le scagliette di cioccolata; percepisco che è una casa molto povera e il padrona di casa è povera quindi non voglio prendermi nulla da mangiare per me. Apro il forno e vedo un intero pollo molto ben dorato e una teglia con qualche peperone ripieno di tonno e patate. Di queste cose ce ne è in abbondanza quindi potrei prenderne un po', ma cerco qualcosa di meno impegnativo.
Torno di là e dico che forse andrò a prendere un kebab. Una ragazza (forse Ila P) mi fa però notare che è una certa ora e fra poco andremo a mangiare, quindi forse non ne vale la pena. Io sostengo che in realtà non sia così tardi. Guardo il mio orologio: le lancette sono perfette ed immobili, ho un po' di difficoltà nel leggere l'ora nel senso di passare dalla posizione delle lancette che vedo alla comprensione mentale dell'ora che rappresentano, ma alla fine ce la faccio. Ila P mi fa vedere il suo orologio che segna un'ora diversa: anche qui le lancette sono perfette ed immobili, solo in un'altra posizione. Sostengo che la mia sia l'ora giusta, lei sostiene il contrario. Passando da un orologio all'altro, la posizione delle lancette sembra essere costante per ciascun orologio

Allenamenti strani e qualche impegno: mi trovo ad allenarmi, con la mia squadra, sul tetto di un palazzo. Il tetto è abbastanza grande, possiamo correre e fare diversi esercizi di atletica. C'è una ragazza bellissima, fisico perfetto, asciutto e bellissimo viso, lì con noi e, nella fila che facciamo per correre, sembra essere la prima. Al momento non mi interessa la sua presenza: come conseguenza di ciò mi trovo verso la fine della fila. Ora la sua presenza mi interessa un po' di più: mi trovo verso il centro della fila. Adesso sono molto interessato alla sua presenza: mi trovo tra i primi della fila. MC dirige l'allenamento, spiega il prossimo esercizio ma non ascolto perché sono impegnato a lamentarmi di qualcosa o a fare lo spavaldo. Sono il secondo della fila, LP è il primo e comincia l'esercizio, lo guardo per capire cosa dovrò fare: salta sopra uno di quei rialzi che a volte stanno sui tetti dei palazzi e compone strane figure muovendosi su di esso, scendendo da esso e risalendoci, comunque attraversandolo. Tocca a me, non ho la minima idea di cosa abbia fatto LP. Ho una intuizione: l'esercizio è improvvisare dei movimenti, qualcosa, lì sopra. Ok, però non ho ancora la minima idea di cosa fare, mi sembra una cosa assurda, però devo per forza partire. Vado, corro e salto sopra questo rialzo volendo atterrare con una capriola sulla schiena, ma la potenza e la decisione con cui sono saltato fanno sì che io non atterri su questo rialzo ma continui il mio volo radente su di esso compiendo una capriola in aria e atterrando qualche metro dopo la fine del rialzo sfiorando con la testa, in fase di atterraggio, un gradino di marmo. Penso che quello che ho fatto è stato immensamente pericoloso e che avrei potuto rompermi la testa.
Rientriamo nello spogliatoio, è un luogo lungo e stretto e c'è una luce molto calda che sembra penetrare da fuori, non capisco se arriva attraverso la parete lunga di destra che in un certo senso è forse trasparente. Con noi c'è anche Mattia R, usciamo insieme perché dobbiamo fare qualcosa. Ci troviamo, proprio lì fuori, in una sorta di teatro. E' vuoto, a momenti sembra una sala di teatro normali, a momenti sembra all'aria aperta. C'è una persona che sembrerebbe essere la nostra professoressa di mktg, sembra più pacata del solito. Ci chiede un qualche favore. Portiamo quello che dovrebbe essere un pallone di plastica a gonfiare: in sostanza è come se fosse un pallone totalmente senza aria all'interno tanto da essere diventato una specie di straccio di plastica. La plastica è trasparente. Si possono comunque riconoscere i solchi della forma del pallone. Il tizio da cui lo portiamo, in una specie di bottega anche questa lunga e stretta e molto disordinata, prende un grosso accrocco strano per gonfiarlo, una specie di pompa che sembra un lunghissimo braccio di narghilè ma molto sofisticato. Comincia a gonfiarlo ma, quando dovrebbe smettere, continua. Credo che il pallone possa scoppiare da un momento all'altro ma continua a gonfiare: l'eccessiva aria al suo interno gli fa assumere forme strane fino a che non comincia, dalla base sferica, ad allungarsi una sorta di picco abbastanza articolato. Il tizio lo punta verso il naso di Mattia R, percepiamo la situazione come pericolosa anche perché MR potrebbe uscirne fuori con problemi molto gravi.
Usciamo da lì e portiamo questo "pallone" [non ricordo se adesso avesse la forma del pallone o ancora quella forma strana] indietro al teatro dove si trovava la prof. E' come se quella sala sia in preparazione per uno spettacolo: su un ripiano posto accanto ad ogni sedile, anzi integrato con esso, è presente una sorta di minerale fatto di una forma simile a questa

Immagine

ma molto più semplice. Forse è fatto solo di vetro, comunque è una specie di dono a quelli che verranno. Noto che alcuni posti ne hanno due, la prof mi spiega che questo è dovuto al fatto che qualcuno si è spostato e ha portato con sé quello che già aveva prima
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