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Re: L'approccio scientifico... funziona davvero?

Messaggioda LaNonnaDiSatana » 14/02/2008, 11:13

Guarda che li ho beccati, quei due giocano nella stessa squadra....


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Re: L'approccio scientifico... funziona davvero?

Messaggioda DrManhattan » 14/02/2008, 11:15

In linea di massima sono d'accordo anch'io con Nonna.
La scienza ha scoperto cose che esistevano anche prima che venissero "scoperte".
E' il metodo che cambia, rispetto ad un atteggiamento "fideistico" a priori...

Eppure (paradossalmente) anche la scienza può diventare (e spesso lo diventa) una vera e propria fede. La fede meccanicistica nella materia, in quello che può essere isolato e sperimentato ripetutamente, finché non riconduca ad una legge precisa e quantificabile con i sensi (o con degli apparecchi).

L'unico caso in cui questa prassi è stata in qualche modo confutata anche da un punto di vista scientifico, è la fisica delle particelle.
Nelle interazioni quantiche l'oggetto osservato non è indipendente da chi lo osserva, e questo è un dato sperimentale (come dimostrò Heisenberg), che ha fatto nascere schiere di scienziati più simili a mistici orientali che a professori in camice bianco (lo stesso Niels Bohr, quando ricevette il Nobel, scelse di inserire nel suo stemma il Tao come simbolo).
: Wink :

Perciò io direi che l'approccio scientifico funziona, ma solo nella sua essenza più pura e scevra da qualsiasi formalismo.
Lo stesso Einstein diceva: "L'immaginazione è più grande del sapere".
E in effetti è vero... se non avessimo la possibilità di immaginare, molto probabilmente saremmo ancora all'età della pietra.
: Chessygrin :
O nessuna conoscenza, o tutta la conoscenza diretta verso un punto.
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Re: L'approccio scientifico... funziona davvero?

Messaggioda dixit » 14/02/2008, 13:56

Rifacendomi a quello che dice Sun:
"Il problema è che, verificandole, non si può comunque avere la certezza che sia proprio quella teoria la causa di ciò che è stato osservato. Viene scelta dunque in modo arbitrario."
Non è vero che la scelta è arbitraria. La scelta dipende dalle osservazioni e ne discende un'unica teoria, nel momento in cui viene accettata. Non dipende dall'arbitrarietà dello scienziato, la matematica non è un'opinione. E non è che la teoria sia una causa, al teoria è un'interpretazione, una descrizione di ciò che si osserva. Se io dico che esiste una forza che fa cadere gli oggetti a terra, nella fattispecie la forza di gravità, lo dico perché ho definito matematicamente e descrittivamente il concetto di forza. La forza è un concetto, una mia invenzione, non so cosa sia effettivamente questa misteriosa forza. Ma data una descrizione poi la osservo ovunque, allora diventa una legge fisica. Che poi magari in futuro potrò ampliare...

E' vero che tra mille anni potrebbe succedere che l'universo si sveglia e decide che la teoria della relatività di Einstein non è più valida e la fa fallire. Potrebbe succedere, perché no? Ma lo scopo della scienza non è quello di DECIDERE come funziona la natura, ma di ricavare delle regole. Allora se io oggi dico che Einstein aveva ragione e facendo mille esperimenti lo mostro, posso ragionevolmente aspettarmi che domani lo sarà ancora. Semmai, nel momento in cui domani la teoria verrà confutata, aprirà un nuovo campo di studio e se ne indagheranno le ragioni. La scienza, in definitiva, produce usi pratici, le verità universali, personalmente, le lascio ai teologi. E' un po' come dire: ho inventato la valvola, ma nessuno mi vieta domani di inventare il transistor, che è meglio.
Ciò a dire, che ci sono degli ambiti, in meccanica quantistica, in cui si è visto che la relatività non funziona. Allora Einstein aveva torto? No che non aveva torto, però non aveva ancora raggiunto la possibilità di effettuare esperimenti che indagassero quegli ambiti nuovi. Da ciò si evince che la relatività non è una teoria a se stante e ha bisogno d'altro per spiegare i fenomeni della natura in certi ambiti particolari. E questo conduce, poi, a riformulare l'interpretazione della natura stessa, tramite la meccanica quantistica abbandoniamo l'interpretazione classica e così via, scoprendo cose nuove giorno per giorno.
Queste regole che oggi scopriamo erano valide ieri? E' un po' come domandarsi se un albero che cade nella foresta fa rumore anche se non c'è nessuno ad ascoltare.
Se tali regole ieri non c'erano le stavamo comunque cercando, dunque c'era un comportamento della natura ancora da spiegare. E quel comportamento che tale era ieri, se tale è ancora oggi, mi consente di definire una regola. Se domani cambia, ahahahahhahahah (scusate la risata pazza), la mia teoria è incompleta e andrò a indagare ulteriormente quali fenomeni intervengono a far cambiare tal comportamento. E' così che funziona la scienza. Nessun scienziato di butta in terra a pregare che sta arrivando la fine del mondo, se le sue teorie non funzionano più, per così dire, ma cerca semmai di allargare il quadro, perché a priori sa che la natura è una cosa vasta, complessa e c'è ancora molto da sapere. Chi accetta per fede una teoria scientifica sta probabilmente giungendo alla fine della sua carriera di scienziato... ahimè.

DayDreamer dice:
"Ah si al riguardo mi hai ricordato un buffo esempio di filosofia della scienza: noi diciamo che i corvi sono neri solo perchè tutti i corvi osservati FINORA sono neri. Ciò non esclude che domani potrebbero avvistare un corvo rosso a pois blu."
Senz'altro, ma la scienza non si accontenta di dire che tutti i corvi sono neri. Va a cercare di capire il perché. E il perché magari lo trova nel DNA. E se domani appare un corvo arcobaleno, lo scienziato lo prende, lo spolpa e ne ricava un cappellino ornamentale, più un segmento di DNA da analizzare. E su quel segmento trova la soluzione all'enigma. E poi si gasa col cappellino : Nar :

Quando si dice che non si può dire che una cosa non esiste perché non si può dimostrare che non esiste, la faccenda si complica. La scienza si basa su cose sperimentabili, tangibili e quindi è un po' restia a occuparsi di cose non tangibili.
Babbo Natale esiste? Avete mai acchiappato BabboNatale? Dio esiste? Avete mai afferrato Dio? Come fate a dire che non esistono? Lo scienziato non può. Però lo scienziato potrebbe muovere tre obiezioni (queste sono quelle che muovo io, di solito):
La prima, è che se tu affermi l'esistenza di una cosa, sei tu che devi dimostrate qualcosa, non dare agli altri la pena di dimostrare che qualcosa non esiste. E se ne affermi comunque l'esistenza, devi accompagnare gli altri a farne esperienza, altrimenti perché dovrei crederti?
La seconda, è che lo scienziato potrebbe dirti che non ogni parto della nostra immaginazione corrisponde al vero. Lo scienziato lo sa bene: solo una minima parte delle idee che formula si trasforma in teoria scientifica.
La terza, è che l'esistenza di una determinata cosa, per spiegare un fenomeno, potrebbe essere una teoria, obsoleta. In quanto potrebbero esistere altre spiegazioni, più moderne, più legate all'esperienza diretta. Magari incomplete, ma ci si sta lavorando, perlomeno.

Per tornare a bomba sugli OBE, bisognerebbe innanzitutto mettersi d'accordo sulla definizione rigorosa di OBE. E poi capire come si svolge l'esperienza individuale di un OBE e quindi capire se l'esperienza stessa lascia delle prove tangibili anche per gli altri, un po' come accade per i sogni lucidi e il movimento degli occhi, per esempio.
Ecco, ho detto troppo : Hide :
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Re: L'approccio scientifico... funziona davvero?

Messaggioda SunShadow » 14/02/2008, 18:06

Dite bene, e vorrei chiarire che ciò che anch'io critico non è il metodo scientifico in sé (tutt'altro, funziona meglio di ogni altro approccio finora utilizzato, mi pare), ma l'atteggiamento di certe persone paragonabile a una vera "fede" nella cosiddetta "verità scientifica".

Parlo di quelle persone che si rifiutano di accettare qualsiasi cosa non sia stata "provata" da un esperimento e che tentano in tutti i modi di spiegare fenomeni apparentemente contrari alla loro "verità" piegandoli finché non rientrano nelle teorie comunemente accettate, rifiutandosi di considerare altre possibilità.

Sono d'accordo nel dire che a livello pratico è conveniente agire così: spiegando i fatti "strani" in modi plausibili anziché inventarsi nuove spiegazioni. Ma non bisogna rifiutare a priori queste ultime.
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Re: L'approccio scientifico... funziona davvero?

Messaggioda DayDreamer » 14/02/2008, 18:20

Sono d'accordo con il logorroioco dixit e il black sun.
(Vi aspettavate una megarisposta ancora più lunga? : Tv Happy : )
Per tornare a bomba sugli OBE, bisognerebbe innanzitutto mettersi d'accordo sulla definizione rigorosa di OBE. E poi capire come si svolge l'esperienza individuale di un OBE e quindi capire se l'esperienza stessa lascia delle prove tangibili anche per gli altri, un po' come accade per i sogni lucidi e il movimento degli occhi, per esempio.

Pienamente d'accordo: identificare l'oggetto di argomentazione. Per non andare OT, mi limito a dire che personalmente non ho esperienze rilevanti, e se nessuno le ha, è logico rinviare questa argomentazione a quando avremo almeno un OBEr che ci metta a disposizione le sue capacità ed esperienze.
IMHO
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"I’ve learned how to have lucid dreams at will, so I know that it can be done, and I also know that it’s easy
— once you know how." (S. Laberge)
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Re: L'approccio scientifico... funziona davvero?

Messaggioda KAH » 29/05/2008, 16:58

Per quel che mi riguarda (e lo dico da perito fisico-chimico con indirizzo nucleare, quindi diciamo che non sono a digiuno del metodo scientifico), il metodo scientifico è un metodo valido per analizzare i fenomeni, di qualunque natura siano. D'altronde il metodo scientifico galileiano dice che analizzando i fenomeni, si possono dedurre le leggi che li regolano.
Ora però c'è un problema a mio avviso: la scienza analizza solo ed esclusivamente i fenomeni, ne deduce delle leggi empiricamente, ma le cause non possono essere analizzate. Per dirla in breve, la scienza utilizza un metodo statistico. Accetta i risultati che rientrano nelle sue leggi (tra le altre cose, per fare queste leggi, si analizzano solo i risultati che sembrano essere migliori, non tutti), e ne esclude gli altri ammettendo un "qualche errore" sperimentale imputabile all'operatore.
Inoltre, tutte le leggi che trova non sono leggi assolute ma relative, perchè queste leggi sono riproducibili solo in ambienti dedicati a questo e non in qualsiasi situazione.
Volevo inoltre commentare una affermazione letta in un post precedente, quella riguarda le scoperte che ci permettono ci comunicare oggi in questo forum. Sarà pur vero che noi posiamo comunicare tramite internet, ma ricordiamoci una contraddizione alla base di tutto questo.
Quando si studia la corrente elettrica, viene spiegata come un movimento di cariche elettriche negative(elettroni), ma per studiarne gli effetti in un circuito si analizza come un movimento di cariche elettriche positive (protoni). Ora qual è la realtà?
La sienza quindi si limita a trovare delle leggi "su misura" che spiegano gli effetti nel modo migliore possibile, permettendoci anche di usare queste leggiper altre applicazioni, ma dire che queste leggi siano vere (nella loro totalità) è un assurdo, altrimenti bisognerebbe dire che anche l'astrologia sia una scienza assoluta (d'altronde l'astrologia non fa altro che basarsi sulla statistica degli eventi)...
KAH
 
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