blackmoral ha scritto:Quando tu e Amrod avrete letto "La banalità del male" mi fare una recensione veloce? Vorrei leggerlo, ma non sono del tutto convinta.
Ho finito oggi di leggere
La banalità del male e, come promesso, torno qui per un commento
Dato che riassunti e recensioni complete del libro il web abbonda, penso sia più utile alla causa qualche commento strettamente personale. Intanto, ti anticipo il consiglio a consuntivo: leggilo! In alcune parti potrà forse risultarti confusionario (almeno, lo è stato per me, specialmente nella prima parte), perchè per chi non è un esperto dell'argomento, tutti i vari ed altisonanti nomi dei diversi reparti del Terzo Reich, o dei personaggi legati al processo Eichmann, non aiutano a tenere le fila del discorso. Un altro punto fallace del testo - a mio sindacabilissimo giudizio - sta nell'insistenza che l'autrice pone "sull'efficienza" del processo: porta avanti la tesi, tra l'altro giusta, credo, per cui il processo si sia concentrato più sul tracciare un quadro generale della questione ebraica nel Terzo Reich che non nel considerare le colpe specifiche dell'imputato. Ma a me interessa appunto il quadro generale, più che la condotta particolare di Eichmann, quindi per me il problema non si pone. Proprio per questo motivo non ho trovato noiosi i capitoli sulle deportazioni Paese per Paese, per scoprire con sollievo come, tra quelli che furono sotto l'influenza hitleriana, non tutti si comportarono da carnefici statalizzati. E, per una volta, l'Italia non fa la solita miserrima figura. I passaggi che più mi hanno colpito del libro sono quelli (peraltro meno frequenti di quanto mi aspettassi) in cui la Arendt sottolinea come Eichmann non fosse un mostro nel senso più comune del termine, ma che le sue azioni furono quelle che furono a causa di una generale "non curanza" da parte della società intera per quanto accadeva, ed una mancanza di immaginazione da parte dei carnefici al riguardo del loro stesso comportamento (ed uno strano "collaborazionismo" da parte delle vittime stesse).
Negli pieghe delgi orrori della Seconda Guerra Mondiale si nasconde una manifestazione del male tra le più sfavillanti della storia moderna, forse la sua messa in scena più drammatica. Reputo preziosa ogni fonte che possa aiutarci a discernere i motivi e le modalità d'azione di tale malvagità, per capire da dove essa provenga e come non permettere un suo ritorno in pompa magna, per niente da escludere, al momento. Il libro della Arendt rientra nella mia personale biblioteca di tali fonti: rassegnazione, ignavia, burocratizzazione e disumanizzazione, propaganda, accettazione delle "fatalità", pubblicizzazione di una nuova e trascinante quanto crudele narrazione, sono le incomplete motivazioni che sono riuscito a darmi dell'Olocausto, e la lettura de
La banalità del male mi è stata di grande ispirazione in tal senso. Dobbiamo imparare a comprendere, valorizzare ed esercitare un'empatia universale perchè tali tragedie non possano più macchiare la Storia dell'umanità.