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Pensieri liberi di un certo spessore, riflessioni, ipotesi e speculazioni di varia natura. Ragionamenti all'interno dell'ambito umanistico non necessariamente attinenti all'onironautica.

I drammi altrui

Messaggioda orfeo » 27/10/2011, 22:48

Come nel precedente mio post, trattasi anche questo di un copia incolla, lo scrivo per quelli più suscettibili.

Ho inviato una mail al sito dell'università di roma per avere suggerimenti su letture riguardanti un'argomento che da sempre mi incuriosice non poco, vi posto il contenuto della mail e rivolgo a voi la medesima richiesta: Conoscete testi o autori che hanno affrontato l'argomento di seguito?

Salve


Di questi giorni l'incidente occorso al pilota Simoncelli mi ha riproposto un tema che mi incuriosisce da tempo.

Leggo nei forum vari commenti di persone di ogni età che seguono accanitamente la messa in scena mediatica intorno alla notizia del momento. Sembrano tutti conoscenti intimi della persona Simoncelli sanno persino il nome della fidanzata come se fosse una loro cara amica, menzionano i genitori usando i nomi di battesimo quasi fossero vicini di casa, è il solito atteggiamento direi, che si ripete ogni qual volta la cronaca porti alla ribalta l'argomento morte; come abbiamo già visto anche nei casi di omicidio degli ultimi anni a partire da quello famosissimo del neonato in un pasino della Val D'Aosta se non erro, fino alla maschera carnevalesca che rappresentava l'assassino della ragazzina pugliese un'anno fà circa.

La domanda alla quale non sò rispondere è perchè l'attenzione del pubblico si focalizza così tanto su notizie che seppur drammatiche sono di scarsissima importanza individuale e (solo per fare un esempio) non sono altrettanto attratte dalle politiche pensionistiche che ci riguardano tutti da vicino?

Cos'è che spinge la persone a rallentare agli incidenti per vedere se ci sono morti? perchè se un'individuo cade atterra immobile gli si forma una calca intorno? o peggio come accadde in una stazione della metro le persone scavalcavano una donna morente a terra?

A quale pulsione rispondono questi eventi? quale bisogno soddisfa l'accanirsi intorno alle morti/disgrazie altrui?


Potreste suggerirmi alcune letture sull'argomento? anche in ottica sociologica andrebbe bene.


Grazie per l'attenzione


Cordiali saluti
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Re: I drammi altrui

Messaggioda DayDreamer » 28/10/2011, 13:56

Bella domanda, piacerebbe anche a me un approfondimento: se trovi qualcosa condividilo!

Sicuramente l'ambito è quello della psicologia sociale o sociologia, legato ai fenomeni di condizionamento da mass media. Per darti informazioni più precise devo prima fare qualche ricerca, appena ho tempo
IMHO
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Re: I drammi altrui

Messaggioda matteo90 » 28/10/2011, 19:11

Bellissima domanda! Forse ho un testo da consigliarti, un libro che ho a casa ma che ancora non ho letto : Everyman, di Philip Roth. E' particolarmente concentrato sul tema della morte, ma credo che esamini l'argomento in termini individuali e non collettivi, come invece mi pare di aver capito ti interessi..
Seduto in silenzio, senza fare nulla, arriva la primavera e l'erba cresce da sola.“ - Matsuo Bashō.
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Re: I drammi altrui

Messaggioda orfeo » 28/10/2011, 20:43

Everyman l'ho segnato grazie :)

Rispondo al primo utente:
Dubito si tratti di un fenomeno da condizionamento, è un comportamento innato, come quello di ingigantire le storie che riportiamo, es abbiamo visto un uomo cadere e ferirsi un gioncchio molti diranno che era tutto insanguinato... capito il senso?
su un'altro forum un utente ha dato una risposta interessante:
"rallentare per vedere se ci sono morti risponde piacevolmente all'affermazione del nostro essere ancora vivi è la conferma inconscia che ce l'abbiamo fatta siamo sopravvissuti ancora"
A me sembra che possa essere una buona pista da seguire non credete?
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Re: I drammi altrui

Messaggioda DayDreamer » 29/10/2011, 9:35

Scusa, da come avevi posto il problema avevo capito che anche te sei immune da questo effetto, mi sono confuso. Personalmente rimango sull'ipotesi del condizionamento sociale, ovvero implicitamente ci insegnano che per far parte della nostra società bisogna considerarsi una grande famiglia dall'identità diffusa. Penso inoltre che notevole ruolo in questo ce l'abbia la religione. Personalmente la morte di persone sconosciute non mi tocca minimamamente e dal mio punto di vista sembra un atto di ipocrisia, ma anch'io ho i miei limiti e ognuno ha il suo modo di vedere il mondo più o meno conforme con quello della sua comunità a seconda di quanto senta forte il bisogno di sentirsi accettato.
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Re: I drammi altrui

Messaggioda megalex » 29/10/2011, 12:42

Io l'ho sempre pensata come daydreamer e francamente la morte di morte di persone che non ho mai visto, mai conosciuto e mai sentito parlare non mi tocca nemmeno un po.
Io ho sentito dire un sacco di volte dalle persone:"Mi dispiace che sia morto" e mi sembra una cosa senza senso e significato. Nel mondo muoiono migliaia di persone al giorno e la verità è che a nessuno frega realmente un tubo finchè non viene a mancare una persona che ha realmente toccato le loro vite. Il resto,( fenomeni come quello del motociclista o di Jobs) sono frutto di un condizionamento massiccio da parte dei mass media e del fatto che la gente non sa dove andare a battere la testa e investe importanza in figure che ritiene dotate di una qualche sottospecie di importanza

In un'anime che si chiama Gantz uno dei personaggi fa un discorso sul fenomeno delle persone che sono attratte dalla morte che mi ha colpito davvero molto e che mi ha fatto riflettere.
Fate finta che qui ci sia scritta una frase profonda e geniale
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Re: I drammi altrui

Messaggioda orfeo » 30/10/2011, 9:01

Ho la sensazione che no ci siamo capiti ;) o forse ho frainteso io :P

ve la pongo in un'altra maniera:

Se passando con il bus sulla statale vi accorgete di un incidente che sembra grave non siete tentati di sbirciare l'eventuale presenza di morti?

cos'è che ci spinge a farlo?

il seguire compulsivamente casi di omicidio o come quello esposto nel 3d cosa può significare?
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Re: I drammi altrui

Messaggioda DayDreamer » 30/10/2011, 11:28

orfeo ha scritto:Ho la sensazione che no ci siamo capiti ;) o forse ho frainteso io :P

ve la pongo in un'altra maniera:

Se passando con il bus sulla statale vi accorgete di un incidente che sembra grave non siete tentati di sbirciare l'eventuale presenza di morti?

cos'è che ci spinge a farlo?

il seguire compulsivamente casi di omicidio o come quello esposto nel 3d cosa può significare?
Ahhh ok! Però scusa, "sbirciare l'eventuale presenza di morti" e "seguire compulsivamente casi di omicidio o come quello esposto" a me sembrano due cose molto diverse. Nel primo caso è naturalissimo: io sono lì e quello che accade intorno a me mi coinvolge personalmente. La chiamerei pura curiosità: sbircerei anch'io se c'è un capannello di persone intorno a un negozio, o se vedo molte forze dell'ordine riunite, o se c'è qualche spettacolo di strada, o un nuovo cantiere di lavori. Un incidente farebbe parte delle cose inusuali che si incontrano in prima persona e che attirano l'attenzione se non sei cieco e sordo. Se lo sbirciare poi diventa un atto di pietà allora siamo nel secondo caso:

Nel secondo caso c'è una "nevrosi collettiva" in atto, un insieme di persone che cerca di esorcizzare la paura della morte riunendosi nell'idea che è ingiusta e si sconfigge simulando dolore e silenzio. E' una difesa, non dico che è sbagliato a priori. Questo accade verso le morti di cui i mass media ci raccontano le storie, perchè così ci identifichiamo meglio. Se ci dicono: "muoiono un miliardo di bambini in africa al secondo", replichiamo "mah". Invece se ci dicono "E' morto un italiano giovane che amava le moto e faceva le gare", seguito da foto di fan piangenti e parenti... allora scatta l'identificazione: "oddio anch'io sono italiano, e anche giovane, e amo pure le moto: ommioddio anch'io posso morire!". Scatta quindi la negazione della morte tramite l'idea che "è stato ingiusto". E se qualcuno afferma il contrario, vai col flame, perchè sta dicendo che io dovrò morire un giorno. Ovviamente tale identificazione non colpisce tutti, ma solo chi ha fatto un lavoro interiore sul suo rapporto con la morte, chi è arrivato a rendersi conto che un giorno morirà, e inoltre ha lavorato anche sul distacco dalle influenze della società a livello idenditario, ovvero le sue scelte e desideri sono basati sul suo io e non dipendono dalla maggioranza della sua cultura (e queste persone sono la netta minoranza, lo dicono anche i testi di psicologia: la maggioranza vivrà la sua vita senza consapevolezza della morte e del suo sè autentico)
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Re: I drammi altrui

Messaggioda orfeo » 30/10/2011, 22:12

ceerto che sono molto diversi day ;) non v'è dubbio in merito però non esiste dubbio che la seconda (il seguire compulsivamente) nasca dal "piacere" (passatemi il termine) procurato dalla prima il curiosare o l'affollarsi attorno ad una persona che cade in fin di vita per strada,
Un utente di un'altro foruma ha dato questa risposta che a me sembra la strada giusta voi che ne pensate?

"Una considerazione che avevo letto, dove e quando non so, e non mi era parsa molto campata per aria, parlava di una verifica irresistibile della propria sopravvivenza rispetto all'altro, un prendere atto inebriante che ci conferma di avercela fatta, di essere ancora vivi..."
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Re: I drammi altrui

Messaggioda DayDreamer » 31/10/2011, 12:05

Che sia compulsivo sono d'accordo, che sia una specie di "piacere", no. Prova a mancare di rispetto al morto quando sei nel capannello di persone intorno a esso, oppure online prova a parlare male di Simoncelli, vedrai le reazioni esagitate e arrabbiate! Queste persone sono tese e interiormente in guardia, tutt'altro che in stato di piacere.

"Una considerazione che avevo letto, dove e quando non so, e non mi era parsa molto campata per aria, parlava di una verifica irresistibile della propria sopravvivenza rispetto all'altro, un prendere atto inebriante che ci conferma di avercela fatta, di essere ancora vivi..."
Sono d'accordo. Ovviamente a me suona come un autoinganno, l'ennesima difesa "sana" (nel senso di comunemente accettata). Infatti le disgrazie altrui non esorcizzano realmente le proprie, nè ti difendono dalla morte come sembra.

Un'ultima riflessione: non penso esista la "risposta esatta": possiamo avvicinarci generalizzando, ma poi ognuno a seconda della propria soggettività ha una risposta diversa. La soggettività dipende da tanti fattori, per esempio la cultura: il mondo è pieno di popoli e tribù (che definiamo) arretrati che hanno con la morte un rapporto più armonico del nostro. Noi la morte la nascondiamo negli ospedali, nei cimiteri e negli effetti speciali dei film. In altre culture viene accettata, celebrata anche gioiosamente. In queste culture il fenomeno che tu stai studiando è assente.
IMHO
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