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Dita che danzano sulla tastiera

Messaggioda ErikBauer » 15/04/2015, 22:45

Mesi fa mi ero buttato ne "La sfida dell'ennupla intesa", scrissi di getto l'intro di un racconto, poi preso un po' dalla vita di tutti i giorni, un po' dalla paura di mettersi in gioco con qualcosa di prestabilito accantonai la scrittura, dichiarandomi fuori dalla sfida.
Quest'inverno, in una serata particolarmente ispirata le mie dita hanno preso voglia di danzare sulla tastiera e, in coda alla vecchia intro, ecco cosa ne è uscito:

Cinderella Winchester appoggiò la tornita gamba sul bordo della vasca con noncurante eleganza, gocce di acqua ancora tiepida scivolavano sulla sua setosa pelle cadendo qua e la sulle piastrelle scure del bagno. Con un movimento naturale, istintivo, si passò le dita tra i ricci capelli neri, come ad esaltarne la lunghezza prima di farli ricadere sulle candide spalle, non curante del fatto che quel movimento aveva aperto l'accappatoio quel tanto che bastava per far scorgere il seno sodo e rotondo...

Le mani dell'ormai affermato scrittore Dixit Writer (questo lo pseudonimo con cui amava farsi chiamare) fermarono all'istante il loro rapido muoversi sui neri tasti, come se il loro proprietario volesse gustarsi appieno l'eccitazione scatenata dall'immagine appena rievocata... poi con movimenti rapidi e consumati estrasse il foglio dalla macchina da scrivere, lo accartocciarono e lanciarono con precisione in un cestino, per metà pieno, posizionato dall'altro lato della spoglia stanza.


"No..." disse, con un sospiro che sapeva di rassegnazione: "... questa storia merita di essere raccontata dall'inizio".

Fu un tuono a svegliarlo... Donovan Cassidy giaceva semicosciente al posto di guida della sua auto, l'acqua grondava copiosa dal cielo quel giorno; pioveva che Dio la mandava.
Non aprì subito gli occhi, però. Mentre alcuni rivoli scendevano copiosi lungo il parabrezza scheggiato, altri si infilavano attraverso il finestrino del passeggero, sfondato da un ramo. L'acqua scendeva poi giù, lungo l'interno della portiera, fino a raggiungere il pavimento del veicolo e da lì scivolare lenta fino al punto più basso, dove pian piano andava formando una fredda pozzanghera.
Fu l'acqua, quel freddo innaturale ai piedi, a fargli capire di non essersi addormentato scomodo sul divano di casa, con la porta del balcone aperta durante un temporale. Fu proprio allora, infatti, quando la sensazione di freddo e bagnato ruppe le barriere del sonno e del sogno, che aprì gli occhi e si rese conto di dove era.
Una rapida occhiata in giro gli bastò per capire che, letteralmente, non stava navigando in buone acque. Il muso della Ford gialla era accartocciato come una fisarmonica contro il tronco di un grosso albero, un ramo aveva sfondato il finestrino alla sua destra e per poco non era arrivato a solleticargli l'orecchio, o peggio a sfondargli una tempia. L'acqua continuava a scendere copiosa dal cielo, senza tregua. Era una giornata di pieno settembre eppure faceva un freddo becco.
"Dannazione!" Un fulmine, a poche centinaia di metri, gli illuminò il viso e il tuono, subito dopo, per poco non gli spaccò i timpani. C'era mancato poco che Donovan si cacasse sotto.


Dixit Writer si fermò un istante, contemplando le parole appena battute... poteva andare, tutto sommato poteva andare come inizio, aveva scritto di peggio. Donovan Cassidy... come gli era uscito quel nome? Non gli sembrava nuovo, eppure allo stesso tempo sapeva di già sentito. "Dixit, Dixit! E' importante fare attenzione ai nomi, ricordi? Non vorrai mica fare un'altra figura come quella del concorso di Ottobre, dove usasti lo stesso nome del protagonista di quel famoso romanzo, vero?"
Sorrise, tra se e se; gli piaceva parlare da solo, era come confrontarsi con un vecchio amico, era come essere in due a potersi ricordare le cose.
"Bah, va bene. Per ora che Donovan Cassidy sia, se poi scopro di averlo preso a prestito da qualche parte faccio sempre a tempo a cambiarlo prima della battitura definitiva"
Detto fatto le sue dita presero posto sulla tastiera ed iniziarono a sgranchirsi nervose mimando il gesto di battere fiumi di parole.
"Dunque dunque, dove ero rimasto?"
"Ah, sì! L'incidente!"
Gli occhi fissi davanti a se, puntati fuori dalla finestra a malapena illuminata dai riflessi di un tramonto rossastro, Dixit iniziò a visualizzare nuovamente la scena nella sua mente, pronto a tradurla in parole sulla sua fidata macchina da scrivere... le dita erano ancora ferme sui tasti, a pochi millimetri di distanza, come atleti con i piedi ben piantati sui blocchi di partenza, pronti a scattare allo sparo della postola.
Un respiro...

Un'altro respiro...

"Bene, ora partono... devo solo avere pazienza... ora le dita partono a scrivere e continuo la scena"

Le dita, immobili, si rifiutavano di scendere sui tasti.
"Oh, dai... se riesco almeno a finire il primo capitolo per sta sera posso andare a dormire sereno!"
Mentre formulava quel pensiero, il sole decise di scendere oltre le colline all'orizzonte, e di tingere il cielo di blu notte.
Un leggero languorino allo stomaco...
"Ma come... ho mangiato da poco cena..." Ci mise un attimo a realizzare
"Oh no, no no no! Categoricamente no! Ho smesso!" Ora Dixit stava alzando la voce, con se stesso.
La stessa cosa però decise di fare il suo corpo, perchè al languorino si aggiunse un certo tipo di arsura in gola, il fiato iniziava a farsi corto.
"Maledette alcolizzate! Non volete imparare a scrivere senza un cicchettino, eh?" Imprecò, rivolgendosi alle proprie dita. "E va bene, va bene! E sia! Basta che riusciamo a chiudere questo capitolo per mezzanotte!"
Si alzò dalla sedia che ancora stava borbottando, le gambe che scricchiolavano, poi si diresse con passo deciso verso la credenza, dietro a quel vetro zigrinato c'era il pegno da pagare alle sue mani affinchè collaborassero. Lo aprì e, prima di rendersene conto, afferrò una bottiglia di whisky aromatizzato al tabacco dal secondo ripiano, un bicchiere dal primo ed iniziò a versare.
"Ho finito il ghiaccio, mi dispiace!" Disse sarcastico rivolto alle sue stesse mani "Dovrete accontentarvi!"
Riempito per buona misura il bicchiere chiuse la bottiglia e si diresse, gongolante, verso la scrivania.
Si mise seduto comodo, stiracchiò le braccia in alto, facendo scricchiolare le spalle, poi intrecciò le dita e fece scrhicciolare pure quelle, un profondo respiro e, sorseggiando un abbondante sorso di liquore, distese le dita sulla tastiera, pronto a cominciare.

La testa di Donovan pulsava dal dolore, era come se ogni singola goccia d'acqua cadesse sulla membrana di un tamburo posta proprio attaccato ai suoi timpani.

KNOK! KNOK!

"Come diavolo sono finito qua?", si chiese. La risposta non tardò ad arrivargli, sotto forma di ricordi: stava guidando lungo la statale che porta fuori città quando


KNOK! KNOK!

Le dita di dixti smisero immediatamente di scrivere... "Ma che diamine..."

KNOK! KNOK!
"Yooohooo! C'è nessuno in casa?" Era una voce femminile, di quelle acute e squillanti

"No no no no... ma daiiii! Ma chi può essere a quest'ora!" Dixit iniziava ad essere esasperato

"Ehiii!! Lo so che c'è qualcuno, ho visto la luce accesa! Aprite, vi prego, ho la macchina in panne!"

Lo scrittore, ormai frustrato, emise un profondo sospiro, le spalle gli si curvarono sul petto, esauste. Comunque si alzò e, a passo lento, sciabattò fino all'ingresso, scostò di una spanna la porta. "Si? Come posso aiut..."
Le parole gli morirono in gola. Di fronte a lui si presentava una donna in carne, seno e fianchi abbondanti, occhi da cerbiatta, proprio come quella Marylin Monroe che tanto si vedeva alla televisione. A completare il quadro ricci capelli neri subito sotto le spalle, un boa di pelliccia al collo, un vestito da sera da urlo e un paio di tacchi da vertigine.
Senza rendersene conto aveva già spalancato la porta e fatto cenno alla donna di entrare.
Questa varcò la soglia con lunghe falcate, ancheggiando vistosamente e agitando una lunga sigaretta francese con la mano sinistra, il fumo acre iniziò a spandersi per la stanza assieme alle sue parole
"Che fortuna, pensavo di essere spacciata, con questo tempaccio! La mia cabrio non regge molto bene l'acqua ed è andata a schiantarsi contro un'albero proprio mentre la stavo guidando." Il suo sguardo era preoccupato, poi lo guardò negli occhi e sorrise, lui non ebbe tempo di dirle che in casa sua non gradiva il fumo che lei aveva già ripreso a parlare "Meno male però che lei abita proprio vicino alla statale! Sennò davvero, a quest'ora starei morendo di freddo là fuori, sotto quella pioggia torrenziale!"
Mentre parlava ancheggiò fino alla scrivania, si tolse il boa e lo gettò con noncuranza sulla macchina da scrivere, prese il bicchiere, lo portò alla bocca, ne sorseggiò un abbondante quantità, sorrise di nuovo "Buono! Non ce l'ha un po' di ghiaccio?"
Finalmente uno spiraglio in cui infilarsi, tra tutte quelle parole, Dixit ne aprofittò subito "No! No, non ho ghiaccio in casa, miss..." Lasciò la frase in sospeso affinchè lei completasse il nome.
Si rese conto dell'errore solo quando le lo riempì con un'altro fiume di parole "Wynchester, Cenerentola Wynchester! Sì, proprio la pro-nipote di quello che ha inventato i famosi fucili, si figuri! Io che non so neppure come sia fatto, un fucile! Oh... ma qui fa freddo! Ce l'ha una vasca da bagno? E un accappatoio? Ho bisogno di un bagno caldo, sento che se no mi viene un raffreddore e la mia voce diventa terribile quando ho il raffreddore, e domani devo cantare a Broadway, non posso mica permettermelo!"
Trangugiò un'altra buona dose di whisky, mentre attendeva una risposta affermativa.
Sì, perchè seppur scarseggiasse in esperienza femminile, Dixit capì subito che quello era il genere di donna che non ammetteva un no. Così sospirò nuovamente e, mentre si dirigeva verso il telefono indicò in fondo al corridoio della casa "Il bagno è in fondo a destra, troverà acqua calda in abbondanza, sapone e un accappatoio, dovrebbe andarle bene".
"Oh, ma come è gentile, signor...? Uh, che sbadata, non le ho neppure chiesto il nome! Oh, ma non si disturbi a chiamare adesso! La macchina ormai è andata e a quest'ora tanto vale chiamare, i miei amici saranno tutti a godersi la serata in un locale pieno di donnacce! Mi faccio un bel bagno e poi, visto che lei è così gentile, mi accompagnerà fino in città!"
Le ultime parole furono accompagnate dal rumore della porta del bagno che si chiudeva, alle spalle della signora Wynchester, ovviamente. "Writer... Dixit Writer, per gli amici Dix... " pronunciò la frase con tono di voce decrescente, di sicuro non poteva sentirlo, a meno che non si mettesse ad urlare, e lui non urlava alle signore.

Fu il rumore di un tuono a farlo tornare in se...
"Un tuono? Ma... ma se il tramonto era sereno...." Un'altro tuono, poco più debole, giusto per conferma.
Dixit si avvicinò alla finestra di fianco all'ingresso e scostò la tenda: un temporale in piena regola, pioveva che Dio la mandava. Si grattò incredulo una tempia... "Ma che diamine... questi temporali quando arrivano all'improvviso certo sanno come sorprenderti!"
Aguzzò lo sguardo per vedere se riusciva a scorgere la vettura della signora Wynchester, fu la luce dell'ennesimo lampo a permettergli di vederla: una Mercedes grigia accartocciata contro l'albero di noci del nonno, un ramo che entrava dal finestrino passeggeri.
"Le è andata bene, ha quasi rischiato di rimetterci una tempia!"

"Broadway... deve essere una cantante famosa se canta a Broadway... fammi pensare... Wynchester, Wynchester... dove l'ho già sentito quel nome?"
Mentre ragionava tra se e se iniziò a camminare avanti e indietro per la sala come uno di quei presentatori TV che vogliono attirare l'attenzione e creare suspance. "Wynch... " si fermò talmente d'improvviso che per poco non si inciampò sui suoi stessi passi. Rimase lì, come un animale impagliato, con la mano sulla fronte per qualche istante, poi andò a grandi falcate verso la scrivania, rimosse il boa di pelliccia e controllò il foglio infilato nella macchina da scrivere "Dunque, dunque... Donovan Cassidy... no! Maledizione alla mia memoria per i nomi, ma dove... " Un'altra folgorazione, un'altra intuizione gli giunse dalla mente ormai stanca: il cesto degli scarti!
Attraversò la stanza e si chinò a terra, iniziò a rovistare nel cestino, estraendo fogli di carta appallottolati, leggendoli e buttandoli frustrato a terra. La bizzarra scena durò qualche minuto, quando finalmente esclamò "Bingo! Cinderella Wyncester!" Che sbadato! Aveva usato il nome di una famosa cantante di Broadway per il suo racconto! Avrebbe potuto essere denunciato se non se ne fosse accorto!
Rincuorato iniziò a ridere e, dirigendosi verso il corridoio, esclamò, ad alta voce "Signora Wynchester! Non potrà mai credere a cosa è successo! Sa, io sono uno scrittore, piuttosto famoso anche, e nel mio nuovo romanzo stavo proprio per usare il suo..."
Si interruppe, rimanendo a bocca spalancata, appena arrivato in fondo al corridoio, la porta del bagno era aperta:

Cinderella Winchester appoggiò la tornita gamba sul bordo della vasca con noncurante eleganza, gocce di acqua ancora tiepida scivolavano sulla sua setosa pelle cadendo qua e la sulle piastrelle scure del bagno.

Con un movimento naturale, istintivo, si passò le dita tra i ricci capelli neri, come ad esaltarne la lunghezza prima di farli ricadere sulle candide spalle, non curante del fatto che quel movimento aveva aperto l'accappatoio quel tanto che bastava per far scorgere il seno sodo e rotondo...


Fu un tuono a svegliarlo.

Dixit aprì gli occhi, di scatto, si era quasi cacato sotto... "Cazzo, ma quanto era vicino questo?"

Si girò sul fianco, sospirando si rimboccò le coperte e schiacciò bene la testa nel cuscino.

Fu quando stava per chiudere gli occhi che realizzò "Un sogno! E' stato tutto un sogno! Il romanzo, la signora sexy a casa mia! Forte, potrei quasi scriverci un racconto, domani! Sì, un racconto su di un tizio che sogna di scrivere e la signora della quale scrive si presenta a casa sua! Forte! Sicuramente sarà un successo!"
I sogni sono il sussurro di un bambino che non ha ancora imparato a mentire.

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