[...]Arrivati nello studio, dopo molte ore di viaggio, il Francese ci fece rinfrescare e ci offrì succo di frutta e biscotti. Parlò in disparte con i miei poi mi fece entrare in un’altra stanza.
La stanza si apriva con una porta a muro girevole, era vuota e senza finestre. Legò il capo di un nastro al mio polso e l’altro capo lo legò al suo.
Mi disse di sdraiarmi e si sdraiò anche lui poco distante. Dopo un tempo indefinito ci trovammo per strada, ancora legati dal nastro.
“Mostrami dov’è il problema”
“Quale?” chiesi
“Tu sai. Portamici.”
Le strade erano deserte, i palazzi offuscati e c’era un’atmosfera cupa. Un sole buio.
Lo condussi dove sapevo. Quando arrivammo alzai il braccio e indicai.
Di fronte a noi, sul ciglio della strada, c’era una persona. Forse una donna, non si capiva. Era accovacciata. Mi guardava in modo fisso, serio, inespressivo. Le sue mani tenevano lievemente issato un tombino scoperchiando un buco nero sottostante. Era immobile e tutto l’ambiente statico, fermo, sospeso. Io ebbi terrore. Non poteva esserci nulla di così terrificante.
Il Francese si slegò dal nastro e mi rassicurò: “Torno”.
Rimasi sola. Lo vidi avvicinarsi alla persona. Quando la raggiunse si chinò e le prese le mani. Il suo corpo era rigido, lei continuava a puntare su di me lo sguardo con la medesima espressione. A fatica il Francese gli aprì le dita cercando di allentare la loro morsa. Alla fine riuscì. Tenne il tombino per un po’, mi guardò, infine lo adagiò richiudendo il buco.
Fu a quel punto che mi svegliai.
Si svegliò anche il Francese. Mi aiutò ad alzarmi. Avevo ancora il nastro legato al polso a differenza sua. “Adesso và meglio.” Mi disse. “E’ stata una passeggiata nell’orrore, anche per me”.
Quando uscimmo dalla stanza corsi ad abbracciare la Badessa.
“Mamma! Avevo ragione! Lo dirò al Vichingo!”
La Badessa mi guardava commossa.
“Cosa? Cosa devi dirgli?”
“Che davvero quando una persona sogna un’altra persona è perchè stanno facendo lo stesso sogno!”
Estratto di racconto che tratta il sogno condiviso..
Salut..