J. Allan Hobson è il geniale studioso dei processi neuro-cerebrali che con la sua Fabbrica dei sogni del 1994, ha dato un contributo fondamentale alla conoscenza dei sogni dal punto di vista fisiologico, pur non negandone l’importanza psicologica.
Il suo ultimo studio, pubblicato sulla rivista Nature Reviews Neuroscience e di cui ha dato notizia il New York Times, rivoluziona le teorie sull’inconscio e i sogni di matrice psicoanalitica, radicalizzando le posizioni dei suoi precedenti lavori e risultati.
J. Allan Hobson docente di psichiatria presso la Harvard Medical School e direttore del laboratorio di Neurofisiologia del Mussachuttes Mental Health Center, presenta i sogni come meccanismi di “riscaldamento” del cervello in vista del risveglio… le immagini dei sogni non sarebbero una via di contatto con l’inconscio, ne’ frutto dell’elaborazione delle vicende o delle sensazioni vissute nella realtà, ma semplici processi fisiologici che si producono in ambito cerebrale, e che determinano casuali reazioni pseudo sensoriali.
“Questa teoria spiega perchè la gente di solito non ricorda quel che ha sognato. È come il jogging. L’organismo non ricorda ogni passo della corsa ma sa che ha fatto un esercizio fisico. Come la messa a punto di un motore. È lo stesso col cervello: i sogni preparano la mente per il ritorno nella vita conscia”.
Questo è ciò che placidamente, sostiene J. Allan Hobson provocando scalpore fra i professionisti che dei sogni si servono come tappe segnaletiche nel percorso terapeutico, e che ora sono spiazzati e confusi di fronte a quella che potrebbe apparire l’ennesima trovata pubblicitaria, non venisse da fonte così autorevole e stimata.
Mentre altri neuropsichiatri ridimensionano la portata delle affermazioni di J. Allan Hobson considerandone il contributo e l’importanza, ma anche il limite umano e specialistico.
Perchè far rientrare le teorie sull’inconscio ed i sogni nell’esclusivo ambito del funzionamento neuro-fisiologico, non priva i sogni della loro realtà e di una loro integrità significativa, e nemmeno può ricavarne un’unica funzione presentata come una sorta di “verità” cui i sogni, per loro natura, sembrano fuggire, e che né Freud, né Jung e tantomeno J. Allan Hobson possono stabilire o garantire.