Se ho ben capito la discussione è dovuta a un mancato approfondimento dei termini. Il problema sta nella difficile interpretazione del significato di "consapevolezza", nella cui definizione non si può fare a meno di incorrere in grosse difficoltà specie quando ci mettiamo in una prospettiva realistica (e non solo concettuale) e quando dobbiamo confrontarlo con "coscienza". Senza fare il maestro dando le mie definizioni personali, cosa inopportuna e sgradevole, voglio cercare di contribuire spiegando le accezioni lecite in auge.
Scientificamente (quindi in psicologia e neurologia) la consapevolezza è genericamente la capacità di un soggetto di acquisire dati, e pertanto si definisce sia al livello conscio che inconscio: non esiste niente per il "soggetto" se non ne è consapevole. Esaminando questa definizione con attenzione e un po' di logica lo studioso ne comprenderà ogni determinazione implicita ed essa sembrerà perfettamente completa ed adeguata. Tuttavia però a noi capita sempre di scontrarci con essa poiché siamo abituati per semplificazione a chiamare consapevolezza solo quella al livello conscio, e quindi spesso il significato (errato) che viene ad assumere per noi è quello di massima prestazione conoscitiva e auto-riflessiva della nostra coscienza, ovvero una visione chiara della realtà. Visto che seppure errata in quanto riduttiva è un accezione diffusa, chiamiamola "cp. in senso stretto" e quella sopra in senso lato. Benché io sia molto incline a parlare di questo argomento ho limitate capacità di scrittura e d espressione: finisco sempre per essere prolisso, dovendo comunque perdere altro tempo per i chiarimenti, per cui mi riserbo le mie deduzioni
Ma il punto qual'è?
La cosa importante non è comprendere la natura della consapevolezza, bensì impararne l'esercizio, poiché attraverso di esso riusciamo a portare al livello conscio le informazioni (o verità, conoscenze o come si vogliono chiamare) di cui siamo consapevoli al livello inconscio, o per meglio dire ai livelli inferiori della coscienza. Quindi si tratterebbe di risolvere la cp in "senso lato" in cp in "senso stetto".
Tornando a noi, la consapevolezza è sempre presente e necessaria, anche mentre camminiamo in città, ma viene abitualmente ridotta al livello inconscio per permettere alla nostra coscienza di esercitare funzioni di ragionamento e calcolo necessarie alla vita attiva. Quando queste funzioni erbl'appunto hanno esaurito i loro obiettivi concreti, non sempre noi siamo pronti a far riemergere la nostra consapevolezza e queste continuano la loro attività elaborando materiale random in strutture pseudo-reali in cui disperdiamo la nostra coscienza, cosicché la consapevolezza della realtà rimane al livello inconscio e si manifesta solo in forma di "vigilanza", uno stato di coscienza ridotto al minimo indispensabile, essenziale a mantenere il contatto con la realtà, al quale troppo spesso ci abituiamo. Lo scopo di ADA è allenare la consapevolezza al livello conscio esercitandola a partire dai sensi per poi estenderla a tutte le percezioni. In una condizione simile il soggetto di sente in possesso delle sue percezioni ed è quindi maggiormente predisposto al senso della realtà e alla lucidità onirica. Sebbene richieda un'applicazione pressoché religiosa per mostrare la sua efficacia, le sue possibilità sono realmente infinite. La sua difficoltà risiede nell'impreparazione spirituale comune alla maggioranza degli individui che vi si avvicinano, che comporta un'applicazione errata della tecnica e l'incomprensione del suo valore.