Ispirato dal capolavoro di @Alrescha, ho deciso di ripubblicare qui un raccontino che scrissi molto tempo fa. Non sono per niente al vostro stesso livello ma provai a mettere su carta ciò che penso di letteralmente tutto, raccontandolo in chiave metaforica. E' da decifrare, spero se ne capisca il senso. Lo ho fatto appositamente criptico, c'è qualche riferimento culturale che andrebbe conosciuto ma non sono difficili. Non è da considerarsi qualcosa di simile ad un romanzo, ma più un qualcosa a sé stante.
Se qualcuno avesse qualche consiglio per migliorarmi ne sarei più che felice. @Saladriel se magari con la tua generosità tu potessi donarmi qualche utilizzo di prompt dell'AI, vorrei avere immagini rappresentative di alcuni spezzoni. Magari anche tu @Arwen che sei solita scrivere puoi darmi qualche consiglio. Inserisco qualche immagine (da scorrere, sono troppo grandi e non le visualizza per intero) utile alla comprensione del testo:
UTOPIA UMANA DI UN FOLLE EN PASSANT-La Realtà ci sfida sulla scacchiera di Escher
Io e lei, caro lettore, non siamo altro che semplici abitanti di quel paradossale mondo inciso dalla lungimirante mano di un uomo, che al contrario del buon Dio ha un nome e cognome: Cornelis Escher. Siamo come quei piccoli manichini senza viso che nell’opera Relatività
si illudono della propria operosità, attraversando gradini di una scala che non ha né un sopra né un sotto. Ad accorgersi del formidabile inganno fu Einstein, che come nell’autoritratto Mano con sfera riflettente
incontra basito il suo stesso sguardo nella forma tridimensionale tanto decantata da filosofi e religiosi. Basta guardarsi intorno: gente contraddittoria che corre da una parte all’altra, seguendo una traiettoria di routine infinita e priva di scopo così come le formiche del Nastro di Moebius.
L’arma più potente che abbiamo è la scienza, seppur a volte, con incoerente ipocrisia, ci lasciamo cullare dalla sua conveniente gentilezza riservandole accuse che in verità dovremmo rivolgere esclusivamente a noi stessi. Infatti, abbiamo imparato a nostre spese che si tratta di un’arma a doppio taglio: ma come afferma Rabindranath Tagore, “ una mente tutta logica è come un coltello tutto lama, fa sanguinare la mano che lo usa”. Il vero problema non alberga nella scienza, quanto in una mancanza emozionale di una specie, quella umana, che la sfrutta così come un padre senza cuore che maltratta la propria figlia, senza rendersi conto che la ferita più grande è dentro di lui.
Non vi turbate, non vi turbate! Grazie alla spericolata triade composta da astrofisica, meccanica quantistica e neuroscienze, possiamo gettare un’ancora di salvezza nell’oceano! Certo, peccato che come ha correttamente esclamato il marittimo Isaac Newton con ruolo di vedetta, “ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano”. Negli ultimi decenni siamo stati così svegli da gettare la nostra ultima possibilità conoscitiva, dopo millenni di tentativi, nell’oblio dell’ignoto…che geni! Eppure possiamo perdonarcelo; non avevamo altra scelta. Abbiamo rimandato questa partita troppo a lungo e adesso ne stiamo scorgendo, nel bene e nel male, le conseguenze. Ci siamo persi nel labirinto esperienziale che sin dal lontano passato è stato edificato e da cui nel prossimo futuro dovremmo perlomeno tentare di fuggire. Come spesso accade, ci sono una buona ed una cattiva notizia: la buona è che non c’è un Minotauro ad attenderci, la cattiva è che Arianna non ci tenderà il filo. Nessun pericolo imminente, nessuna guida. L’unico strumento a disposizione è l’eco dei nostri pensieri, che rimbalza come in un flipper da una parete all’altra del labirinto in cerca di risposte, che tuttavia sembrano non arrivare. Forse, fuor di metafora, stiamo formulando il pensiero sbagliato. Lungo la mia breve vita ho imparato che per cambiare prospettiva, per risolvere problemi e addirittura rendere felice qualcuno, la chiave capace di aprire il lucchetto principale è una sola: per raggiungere uno di questi tre obiettivi, bisogna non solo trovare le risposte, ma anche e soprattutto imparare a modellare le domande. Detto questo, per riscoprire il senso della nostra esistenza, del tessuto spaziotemporale in cui volenti o nolenti ci troviamo immersi, per comprendere da dove siamo venuti e, molto più importante, dove stiamo andando, credo che dovremmo ripartire dall’inizio. Più precisamente, da quando eravamo ancora intelligenti abbastanza da capire che l’unica cosa davvero necessaria era accettare e godere spontaneamente del dono della vita. Sto parlando di una fase che ognuno di noi esseri umani ha attraversato, una fase biologica che va oltre il concetto di società, di economia e di periodo storico-culturale: l’infanzia.
Da piccoli, al proprio "io" o, se siamo fortunati, ai propri genitori, continuiamo imperterriti a fare sempre la stessa domanda: perché? Siamo stati tutti dei piccoli Socrate, “sapevamo di non sapere”; a quanto pare ce lo siamo dimenticato. Se solo ci chiedessimo perché più spesso, se solo cercassimo davvero un nuovo modo di interfacciarci con le cose, con gli occhi di chi scopre il mondo per la prima volta…forse non saremmo in questa condizione, di cui, nel caso patologico più grave, non ci si rende neanche conto. La dolce ignoranza è un bene, ma nei momenti dei difficoltà diventa una debolezza e, in quest’epoca storica, è il nostro principale tallone d’Achille. Più precisamente, la nostra è un’aspra volontà di non sapere, mascherata da dolce e sana inconsapevolezza. Ridiamo, ci divertiamo, facciamo traboccare d’informazione-immondizia il vaso di Pandora che è la nostra mente, scambiando l’allucinazione della gioia con la certezza della felicità. Crediamo di sapere come funzionano le cose sia a livello pratico che teorico e invece di metterci in discussione desideriamo di non pensare o, in alternativa, lasciamo a qualcun altro il diritto di decidere per noi cosa è giusto e cosa è sbagliato. E poi ci riempiamo la bocca di parole ipocrite come privacy o libertà! Siamo Uno, nessuno e centomila, ma quel che Pirandello non poteva prevedere è che saremmo divenuti anche otto miliardi e oltre (di individui). Caro lettore, nella speranza che tu non voglia far parte della maggioranza di persone che per uno stolto ideale di dignità si rifiuta di tornar bambina, ti invito a chiederti insieme a me perché. Fuggiamo dal labirinto insieme e risvegliamo, come solo il volenteroso e solidale trickster può, la massa omologata dei nostri simili, senza fregiarci del titolo di salvatore o costringere qualcuno a seguire la nostra scia. Vedrai, basterà solo una secchiata d’acqua fresca nell’inquinato fiume della coscienza collettiva, sulle cui sponde sono ormai radicati gli alberi dei pregiudizi che danno frutti marci dal sapore artificioso. Non commettiamo lo stesso errore di chi ci ha preceduto, innescando una paralisi decisionale forzata nella sfera personale altrui. Chi vorrà seguire l’innovazione, seguirà. Chi non vorrà farlo, non lo farà. Una regola semplice che dobbiamo rispettare, una scommessa vincente in cui la Curva di Gauss gioca un ruolo fondamentale. Nonostante questo però, dobbiamo dare l’opportunità a tutti di poter scegliere e per farlo dobbiamo scombussolare un po' la colonna portante dell’apparente libero arbitrio dell’umanità, stando attenti a non spingerci oltre il limite e far crollare tutto.
Dirigiamo la nostra preghiera del perché alla triade citata in precedenza, la trinità scientifica che come un velo di Maya invisibile copre invano la Realtà (con la R maiuscola). L’astrofisica studia l’Universo infinitamente grande: i buchi neri, lo spazio intergalattico e le galassie (circa duecento miliardi), composte a loro volta da polvere interstellare che forma le nebulose, da stelle anche complesse (come la Pulsar di neutroni), che generano a loro volta novae, supernovae e cumuli globulari. Ma concentriamoci su una sola di queste numerosissime galassie, la nostra casa, la Via Lattea. Si stima che in essa siano presenti circa trecento miliardi di stelle, oltre che molti “viaggiatori erranti” quali asteroidi, comete e meteoroidi, oltre che ovviamente pianeti. Diverse stelle, proprio insieme a questi ultimi corpi celesti, vanno a formare i sistemi planetari, di cui il sistema solare è solo un esempio. Esso, come suggerisce il nome, è formato dal Sole, stella di circa settecentomila chilometri di raggio, contro la Stephenson 2-18, una stella gigante rossa che ha un volume quasi dieci miliardi di volte più grande di quello del Sole. Orbitano attorno alla nostra stella ben otto pianeti (alcuni di essi hanno satelliti naturali), nove considerando Plutone, declassato a “nano”; un mero termine che al giorno d’oggi scatenerebbe addirittura una manifestazione. Tra questi otto, è presente un granello di sabbia nel deserto del Cosmo che conosciamo molto bene: è la Terra, composta circa al settanta percento da acqua e dal trenta percento da terre emerse. Una piccola porzione di spazio che noi, abituati a categorizzare ogni cosa desti la nostra attenzione, suddividiamo ulteriormente in continenti, stati, regioni, città, quartieri e simili. Come se non bastasse, un altro grande perché andrebbe rivolto all’infinitamente piccolo, studiato dalla meccanica quantistica, secondo elemento della nostra triade. Contro ogni scetticismo, abbiamo dimostrato che tutti i corpi fisici hanno una natura granulare-ondulatoria. Prendiamo come esempio il caso più interessante, un corpo fisico vivente, organico. Esso è assimilabile ad una grande orchestra sinfonica di varie componenti biologiche, costituite a loro volta da sistemi minori, a loro volta formati da cellule, che non sono altro che insiemi di molecole ben organizzate, sfocatura delle relazioni elementari che legano gli atomi, entità vibranti composte da elettroni, protoni e neutroni. Queste due ultime particelle sono in verità ben altro che due semplici “palline” colorate, quelle che vediamo sui libri di fisica e chimica. Sono corpi dotati di massa insignificante e per massa si intende energia concentrata. Ad essere pignoli, anche protone e neutrone sono frutto di un meccanismo più piccolo, quello dei quark, che insieme alle particelle elementari del Modello Standard sono alla vera base di tutto ciò che esiste. Ho usato la parola “tutto” senza esagerare: anche le cose apparentemente immateriali, come i nuovi mondi virtuali-digitali, i pensieri astratti, le emozioni, il mondo onirico e le allucinazioni sono direttamente riconducibili ad oggetti materiali. A proposito di materia! Lascerò un attimo di respiro al mio caro lettore, senza citare l’altra faccia della medaglia, ovvero l’antimateria…oppure ancora l’ipotetica teoria del Multiverso e delle stringhe, che per adesso sono solo bellissime fantasie. E che dire dello Spazio e del Tempo! Stando alla meccanica quantistica, anche essi sono di natura “granulare”, indissolubilmente legati l’un l’altro a tal punto da arrivare a conclusioni destabilizzanti come quella per cui il Tempo potrebbe non esistere; e pensare che stiamo disquisendo di qualcosa molto più piccola del punto che concluderà questa frase.
Ma lasciamo spazio alla terza ed ultima materia della triade, le neuroscienze. Ironia della sorte, uno dei più grandi misteri dell’Universo è quello che richiede vitto e alloggio ogni giorno al nostro corpo…il cervello. Ah, la mente umana! Sorgente inesauribile di sorprese, oggetto di poesie e opere letterarie, di elucubrazioni filosofiche e congetture psicologiche, candidata per eccellenza alla migliore scoperta di sempre. Con i suoi oltre cento miliardi di neuroni e migliaia di sinapsi per ogni singolo di essi, è il cervello ad essere sia consciamente che inconsciamente l’essere plasmante della
Realtà che viviamo. Senza addentrarci in un mondo troppo enorme e compatto per essere sviscerato in poche pagine, ci basti ricorrere ad un’altra importante osservazione di Rabindranath Tagore: "La
maggior parte delle persone crede che la mente sia come uno specchio, che riflette più o meno accuratamente il mondo esterno, senza rendersi conto, al contrario, che la mente stessa è l’elemento principale della creazione”. Diamo per scontata la nostra umanità, il nostro potenziale, l’originalità democratica che dovremmo condividere e preservare, come due particelle in entanglement. In questo giuoco altalenante di dimensioni, aveva ragione Pascoli a dire che “impiccolisce, il fanciullino, per poter vedere, ingrandisce per potere ammirare”. Avevano ragione anche alcuni studiosi di Roger Penrose, che vedono nella Realtà un pattern pseudo-frattale, una matriosca dove causalità e casualità si scontrano come dei giganti nella lotta tra opposti di Eraclito. Dei giganti che sono fratelli, che differiscono, forse, solo per l’ordine delle lettere che le definiscono…
Caro lettore! “Il Tempo è un ottimo maestro, peccato che uccida tutti i suoi allievi”! Forse è vero che “Dio non gioca a dadi”…ma sicuramente gioca a scacchi. Prima che il suono della campanella della lezione di monsieur Tempo sancisca il termine di una partita utopica tra Realtà ed umanità, in bilico tra l’incontro amichevole e la dichiarazione di guerra, urliamo a squarciagola il nostro quesito, sfoderiamo la nostra Regina: il perché! In questa partita di scacchi noi siamo i neri, la Realtà i bianchi, quindi ella sarà sempre un passo avanti a noi. Eppure l’uomo e la donna non devono disperare! Lo scontro si gioca su una scacchiera paradossale; una guerra dove le trincee sono le incisioni di Escher. Ciò che decreterà la nostra salvezza non sarà uno scacco matto, ma un En Passant…la presa al varco incidentale di un piccolo pedone che mira alla promozione. Che sia questo il significato recondito del The Game of Life di John Conway?
Caro lettore, potresti considerare delirante questo mio viaggio testuale tra arte e poesia, scienza e religione, metafore (da decifrare) e sociologia. Ma io ti chiedo: in una Realtà del genere, ha più senso il modus operandi di una dormiente marionetta normale, come le altre, oppure di un lucido burattinaio folle, volontariamente esule? Il bivio decisionale si consuma tutto qui, oltre la “siepe” di Leopardi; non c’è una strada giusta o sbagliata. Forse ti volterai dall’altra parte e da domani ricomincerà tutto daccapo, forse no: l’importante è che tu abbia il coraggio di scegliere, prima che la campanella emetta il suo ultimo rintocco.