Sta mattina avevo un sonno pazzesco, proprio non mi riusciva di ripigliarmi. Dopo che mi ha chiamato il mondo cerco di prendre sonno con la tecnica del rotolamento, e questo è quello che ne è conseguito.
[slpc]Mi sveglio nel sonno che sto ancora cercando di lucidare perchè sento russare accanto a me. Gli do un colpo e provo a rimettermi tranquilla ed immaginare un risveglio ben diverso.
Di nuovo il russare disturba i miei tentativi di concentrazione. Mi girano le palle, mi tiro su e c'è mio moroso che dorme accanto a me.[/slpc]
[sltc]"Mi spieghi come fai a russare se non sei nemmeno qui?!"
Lui chiede scusa in qualche modo, e decido di approfittare della sua presenza per fare roba. Riassumerò quanto di qui segue in "cambi frequenti e posizioni acrobatiche".
Mentre siamo lì arriva mia mamma, convinta che io sia malata per darmi una mano. Sono sollevata che non lo possa vedere perché è solo un sogno, e non ci metto molto a realizzare che è un PO anche lei.
Indugio ancora a letto, e alla fine decido di guardare fuori dalla finestra.
Il paesaggio oltre i vetri è quello di casa al mare. Ad un primo sguardo ci sono alcune barche alle foci del Brenta che vanno e vengono, ma appena mi ci soffermo di più aumentano di numero a dismisura. Piccoli natanti a vela, grandi motoscafi con loghi e sponsor ovunque, ora risalivano tutti il fiume. Niente viavai, solo andata.
La stanza in cui mi trovo nel frattempo si è adeguata al paesaggio della finestra. Sono al secondo piano della casa al mare dei nonni, alle mie spalle ci sono persone cui non presto attenzione. Mi parlano ma non ho voglia di starli a sentire, quindi fissando ostinatamente fuori decido di attraversare la finestra.
Lo faccio lentamente, sento il mio corpo che attraversa il vetro come fosse un campo di forza, ma appena lo attraverso mi rendo conto di un brusco cambio di ambientazione, e cado dolcemente dal secondo piano di un palazzo di mattoni rossi. Il sogno inizia a farsi lungo e mi ripeto mentalmente tutto quello che succede per ricordarlo meglio.
Sono in una tenuta di campagna. Alle mie spalle e a sinistra questo vecchio o antico edificio, forse una villa, forse un casale. Sotto i miei piedi una strada sterrata, ma completamente ricoperta di foglie rosse, segue con una curva a gomito la pianta dell'edificio, mentre nello spazio dell'ansa c'è una villetta piuttosto recente e irrilevante.
Nell'aria si sente il canto delle galline.
Seguo la strada decisa ad incontrare qualcuno da interrogare, ma il primo essere vivente è appunto una gallina. Provo a trasformarla in umana ma non mi riesce. Al posto del becco compare una piccola faccia stupida. La prendo in mano, fa un pò impressione.
Le chiedo: "Come mai sono finita qui in questa ambientazione?"
"Perchè sei costante".
Boh. Le chiedo: "Riuscirò mai a dimagrire?"
Aspettare la sua risposta è difficile, mi rendo conto che cerco di metterle le parole in bocca, e alla fine boffonchia qualcosa che non capisco. Le ripeto la domanda, e finalmente risponde qualcosa tipo "non nei prossimi 15 anni" e mi ride in faccia.
Fanculo alla gallina.
Mi dirigo a passo convinto verso un'altra casa, lungo la stradina.
Nel portico c'è il fornello più strano del mondo. E' un fornello con sopra un rubinetto aperto che butta acqua sulla pentola sul fuoco, non ha alcun senso. Praticamente una fontana-fornello. Fa un rumore fastidioso. Penso di chiuderlo e questo basta a chiudere il rubinetto, ma tempo qualche secondo e si riapre da solo. Bah... me ne vado.
Entro in casa, nella cucina vera e propria, alla ricerca di un mazzo di carte col progetto di far vivere le carte con sembianze umane. Sono sicura che siano in un cassetto, lo apro e trovo il tesoro! Mazzi di carte Modiano e Dal Negro. Prendo le mie preferite, le carte Trevigiane con Venezia stampata sul retro ed esco pensando a come potrei usarle, quando trovo mia mamma che mi chiede: "Perchè non vai a cantare sulla Scala?" Ora, la domanda era posta in modo ambiguo, ma il senso era che andando a cantare sulla scala di casa sarebbe stato equivalente a cantare alla Scala. Si, certo, proprio uguale.
La accompagno cantando con risultati imbarazzanti, sempre col mio mazzo di carte in mano, e c'è alle nostre spalle arriva tutto il coro.
Inizio a cantare col coro, ma è una canzone che non conosco bene, e alla fine mi rompo e dico a tutti di cantare quello che dico io, quindi intoniamo una canzone di natale a più voci che mi piace molto ma poco conosciuta.
Soddisfatta mollo lì i coristi e trovo mio padre che sta discutendo con mia cugina su cosa significasse per lui essere fratello di suo padre, che non c'è più. Si sta spiegando quando arriva la mamma di lei che lo interrompe coi suoi modi bruschi e maleducati, e a quel punto io non ci vedo più. Entro in scena di prepotenza e inizio a pigliarla a schiaffi e la insulto e le dico "adesso te ne do a due a due finchè non diventano dispari!" Mi fanno male le dita a furia di schiaffi, le sbatto la testa sul cemento e poi riparto di manrovesci.
Sfogo la mia rabbia per un pò, quando finisco vedo che mia cugina e mio papà stanno nuovamente parlando, e lì ci sono anch'io. Ho ancora le carte in mano.
Cavoli, penso. La io che è lì è evidentemente più buona di quella che ha appena pestato la zia, ma non la sento davvero me. Si deve trattare di una forma di dissociazione... mi chiedo cosa ne penserebbe @DayDreamer... e mi sveglio.[/sltc]
Le carte Trevigiane
http://it.wikipedia.org/wiki/Carte_da_g ... e_o_veneteLa canzone che ho cantato con il coro non mi ricordo l'autore