da Alrescha » 08/06/2015, 22:43
Un bel lucido continuato in tre tempi. Un buon regalo in un periodo un po' di traverso. Scusate il testo lungo un' Alrescha, ma ci voleva stavolta perché è stato molto anche il tempo trascorso dentro.
8 giugno 2015
La nave dei balocchi e la dimora dei pensieri
Il sogno comincia come normale. Sono a Parma, o almeno quella che credo sia Parma, e sono da sola sul lungo fiume con l’intento di pescare qualche pesce con l’amo che permette di non ferirne la bocca e poterli ributtare in acqua senza danni (premetto che non vado a pesca, non so se ci sia un nome specifico).
L’idea è quella di prendere un paio di pesci abbastanza piccoli per metterli come esca e catturare un pesce gigantesco, forse un siluro, che vedo nuotare a pelo dell’acqua. Non è per mangiarlo, so che i pesci pescati lungo questo fiume sono molto lontani dall’essere commestibili con tutta la robaccia dentro cui vivono, ma voglio togliermi ugualmente la soddisfazione di prenderlo.
Il fiume si inoltra fin dentro un boschetto, facendolo apparire come una piccola palude e il grosso pesce si allontana al suo interno facendo sfumare ogni mia speranza di cattura.
Ma il sole cala velocemente ed io non voglio rimanere lungo il fiume così a lungo perché rischierei di dovermi arrampicare sopra il pendio delle sponde fra l’erba alta che può nascondere qualsiasi animale e qualsiasi pericolo. Così decido di avviarmi di corsa verso casa. Mi arrampico e mi trovo sopra un ponte asfaltato, a metà strada, che passa sopra uno degli affluenti del Parma. Corro verso sinistra ma avanti a me c’è una parte di città che non riconosco. È davvero quella la direzione per casa mia? Rallento e mi volto prendendo la direzione opposta, ma anche dall’altra parte le case e la città non mi sembrano familiari. Dove diavolo sono?
Il buio si fa incombente e il bisogno di tornare a casa subito prima che cali la notte diventa qualcosa di pressante. Mi metto con le spalle verso il fiume per tentare di orientarmi. Devo prendere la sinistra del ponte, ne sono sicura, ma non riconosco nulla. Vuoi vedere che…spicco un balzo tanto forte da proiettarmi in aria e volo. Lucida finalmente!
Sono fuori di me dalla gioia, tutto sembra estremamente stabile e a fuoco che mi fa ben sperare in uno dei buoni vecchi lucidi.
Sorvolo il ponte andando verso sinistra dove “in teoria” da qualche parte dovrebbe esserci il mio appartamento. Superato il ponte trovo una piazzetta piena di gente concentrata a vivere e chiacchierare, far compere e svagarsi. Intanto il sole sembra aver rallentato molto la sua discesa, fermandosi agli ultimi raggi con la classica luce serale di una giornata estiva.
Voglio divertirmi un po’ e sondare la reazione dei personaggi onirici, così attiro verso l’alto la loro attenzione fermandomi a mezz’aria e gridando <<Ehi, guardate un po’qui? So volare>>.
Ciò che scateno è qualcosa di inaspettato. Un manipolo di persone si affolla sotto di me, fra cui quattro ragazze che formano un gruppetto. Sembrano contenti e piacevolmente meravigliati ma non sconvolti come avrei previsto. Alcuni di loro cominciano a balzare e scuotere le braccia convulsamente cercando di rimanere in aria come faccio io ed un ragazzino sui diciassette anni e dalla pelle olivastra ci riesce pure! Anche se ricade dopo qualche secondo. Li incito a provare ancora ma i risultati non migliorano anche se credo sia incredibile che P.O. così poco importanti e di nicchia possano improvvisamente acquisire tali potenzialità. Dovrò tenerlo a mente.
Sto per allontanarmi quando il gruppetto di ragazze ed altri P.O. balzano sul posto ma talmente in alto da riuscire ad afferrarmi i piedi nel tentativo di trascinarmi giù. In un primo momento faccio resistenza cercando di volare più in alto perché temo che mi possano far perdere lucidità e incastrarmi dentro la trama di un sogno normale senza volerlo, ma dato che loro continuano ad aggrapparsi a me ammassandosi anche gli uni sugli altri per fare da peso e portarmi a terra, decido di accontentarli secondo decisione presa da me.
Ed infatti, non appena arrivo a questo pensiero e mi abbasso lentamente di quota, le loro prese si fanno meno ferree e tornano ad essere meno ostili.
<<Cosa volete? C’è qualcosa che posso fare per voi?>> chiedo calma.
Una delle ragazze del gruppetto, dal volto tondo, pelle pallidissima, occhi azzurri e dei capelli corti e neri come la notte tagliati quasi a caschetto mi sorride <<Volevamo chiederti, visto che puoi volare, se puoi portarci con te e lasciarci a Candy Crush>>.
Candy Crush mi ricorda vagamente il nome di un negozio di cioccolateria e dolciumi che una volta stava nella mia città natia, ma in un sogno non ho idea di dove possa essere. La scocciatura che mi abbiano preso per una tassista volante e il timore che farmi coinvolgere possa portarmi a perdere il lucido un po’ mi trattiene, ma alla fine acconsento. Un po’ perché voglio evitare che tornino ostili e un po’ per pura gentilezza oltre a permettermi di mettermi alla prova in una cosa nuova.
<<Distribuitevi bene: metà alla mia sinistra e metà a destra. Prendetevi per la vita e chi mi ha vicino afferri la mia>>. Voglio formare una catena umana e tirarli su. Ci sono le quattro ragazze più un paio di uomini e altri due P.O. casuali che fanno otto in tutto.
Aspetto che si sistemino mentre mi ripeto che sono in un sogno, che non pesano, che posso trasportarli senza alcuna fatica perché è tutta una questione di idea, di pensiero. Quando siamo pronti comincio a sollevarmi piano verso l’ alto, sempre più in alto fino al livello dei tetti delle case. Sento la pressione dei loro pesi che mi spinge a terra, non è facile come volare da sola e mi destabilizzano un po’ muovendosi, però con mio estrema soddisfazione scopro che non è impossibile trasportarli.
Mi muovo chiedendo loro di guidarmi per capire dove vogliono essere lasciati, ma appena dopo neanche un metro che faccio in orizzontale, all’uomo sulla mia destra sfugge la presa sulla vita della ragazza che lo precede e lui e la P.O. donna che era attaccata a lui cadono a terra.
<<Ok, ok. No, scendete!>> mi abbasso di nuovo appoggiando tutti al suolo mentre l’uomo e la donna caduti si rialzano. L’uomo sulla trentina a dorso nudo e con una fibbia della cintura da fighetto più grossa della mia mano se la sistema facendo finta di niente, come se non fosse colpa sua, e allora uso l’accaduto come scusa per defilarmi dal compito <<Non posso portarvi così o succede…questo. Dovrete andare a piedi>>.
Non obbiettano e così abbandono tutti lì ora che ho testato una nuova capacità.
Il sogno crolla d’improvviso, c’è uno stacco minimo ma riprende subito dopo. Sono sul balcone del mio appartamento con la mia coinquilina che mi sta parlando dei sogni lucidi e sul fatto che è possibile fare tutto. Il cielo è ancora sul tramonto inoltrato e si tinge di un arancione verdastro che preannuncia la notte. Prendo consapevolezza, che forse non ho mai perso del tutto ma che si fa più forte ascoltando i discorsi della mia coinquilina G. e osservando il palazzo di fronte che ha il colore di quello che si vede da camera mia e qui le cose sono due: o il palazzo si è spostato alla camera della mia coinquilina oppure è la mia ad avere un balcone inesistente. Insomma, per quanto possa essere simile alla realtà, le incongruenze non mancano e così balzo dalla sua ringhiera e prendo a volare.
Volo in linea retta oltre i tetti, oltre la città sentendomi bene come non mai. Quanto mi mancava questa sensazione di libertà assoluta. A poca distanza arrivo al mare. Ah, il mare a Parma poi!
Ma il tramonto sulle sue acque è bellissimo e le luci delle case e del molo accese come piccole lucciole là in fondo mi fanno rallentare per godermi lo spettacolo. Fosse per me rimarrei quassù ancora un bel po’, ma sono consapevole che il mio tempo è contato e non tenermi occupata potrebbe rischiare di farmi buttare fuori. Decido una task sul momento ed è il cercare un’isola piena di draghi e magari domarne uno. Aumento di velocità per allontanarmi un po’ dalla costa. Cerco con lo sguardo ma non vedo traccia di draghi in cielo nonostante ci siano isole e isolotti in giro. Comincio a preoccuparmi quando le isole mi appaiono fatte a cubetti e pixel come il mondo di Minecraft perché di solito quando capita questo o il sogno si sta destabilizzando o finisce che questa texture prende sopravvento sull’intero sogno senza che io riesca più a cambiarla.
Durante il volo intravedo però diversi velieri dall’aria piratesca ancorati in fila con la prua puntata verso il largo che mi fanno cambiare immediatamente idea su quale task fare. Sono bellissimi, tutti illuminati da luci calde di lanterne, fatti in legno ed immensi nelle loro vele bianche ma soprattutto sono nitidi e non a pixel. Storie di pirati dentro un sogno non ne ho mai avute e forse un’avventura del genere manca alla mia lista. Mi avvicino verso il primo a destra e mi abbasso per poterci salire. Ma quando sono abbastanza vicina il mio stupore non può fare altro che crescere: infatti questo non è fatto di legno come gli altri, ma tutto interamente di cibo un po’ come la casetta di marzapane nella fiaba di Hansel e Gretel.
C’è un tavolone di mille leccornie imbandite che si snoda per tutta la lunghezza della nave e il suo infinito ripiano di vetro appoggia sopra tutti dolci uguali, rettangolari fatti con basamento di pasta da crostata e farciti con panna chantilly guarnita di frutti di bosco. Come dei dolcetti alla panna possano reggere le lastre di vetro a mo’ di tavolo senza venire spiaccicati è un bel mistero. Sembra si stia festeggiando qualcuno in questa nave di sfrenate prelibatezze ed un gruppetto di quattro/cinque personaggi onirici mi invitano a prendere parte al banchetto. Tre di loro, due ragazzi e una ragazza, sono i classici metallari vestiti di nero, teste rasate o capelli lunghi a seconda e con ninnoli scintillanti di ogni genere, poi c’è una ragazza da un vestito verde e delicato ed il festeggiato che sembra un ragazzo riccone con un cappello vichingo dalle corna di plastica in testa (questa è una lunga storia: io, la mia coinquilina e il suo ragazzo ne abbiamo trovato uno simile proprio due sere fa quando siamo usciti per bere. Qualcuno lo ha abbandonato e casualmente è finito in mano nostra…).
Non me lo faccio ripetere due volte e afferro dai piatti le prime cose che mi capitano senza smettere di fluttuare in aria invece di passeggiare sopra i biscotti croccanti che tengono la struttura a galla perché così posso tenermi una via di fuga se per caso i personaggi onirici cercassero di coinvolgermi troppo. Assaggio una patatina fritta che in un primo momento sembra buona di sapore ma che cambia con un retrogusto di fungo trifolato che mi fa rimanere atterrita dalla sorpresa, nonostante mi piacciano i funghi. Prendo una chela di granchio impanata che sa di surimi e crocchette di patate che scopro essere mescolate nel ripieno con spinaci in una e con funghi l’altra. Eppure i sapori sono perfettamente distinti nonostante la patatina iniziale strana, perfettamente distinguibili e reali da dare una tale soddisfazione al palato. Allora mi butto su qualcosa di diverso e afferro uno dei dolci che fa da basamento per il tavolo e gli do un bel morso. La panna si scioglie in bocca e in fondo scopro che la pasta croccante faceva da letto ad uno strato di caffè da qualche parte. È assolutamente fuori dal mondo.
Potrei continuare all’infinito ad assaggiare i diversi cibi che vedo in tavola, ma tolto lo sfizio lascio cadere il dolce a terra per alzarmi di quota e tornare alla ricerca dell’isola dei draghi.
Però sul vascello di fronte, questo davvero in legno, mi accorgo che c’è una donna che guarda verso il nostro fatto di leccornie. Ha i capelli ramati, una pelle pallida che rimanda a qualche cosa del Nord. Mi dice qualcosa che non capisco e poi comincia a cantare come una sirena.
La guardo negli occhi mentre sento che il sogno sta per scivolare via e vedo distintamente le sue iridi verdi dai lampi aranciati. Anche della ragazza dal caschetto nero mi ero soffermata sugli occhi, così come faccio d’abitudine nelle persone reali, e trovo che sia una delle particolarità di questo sogno rispetto a molti altri: spesso le espressioni dei P.O. o i loro tratti del volto mi sfuggono, sono un po’ confusi o li ricordo vaghi come se fossero annebbiati, ma non in questo. I loro occhi sembrano davvero renderli vivi.
Eppure proprio come una sirena, il canto della donna sulla trentina mi trascina e mi porta alla deriva facendomi crollare il sogno nonostante tenti di restarci attaccata con tutte le mie forze.
Sono in black world e me ne accorgo. Lotto per riportare alla mente un punto di riferimento del sogno e scelgo il balcone con la mia coinquilina per tentare di ripartire a DEILD.
Mi rendo conto che è un’ottima scelta quando si ricrea la stessa ambientazione attorno a me, con la mia coinquilina ancora sul balcone e quello stesso palazzo dalla tintura di un color ocra materico al nostro fianco. Balzo di nuovo dal balcone e riprendo il volo quando mi fermo immediatamente.
Basta cazzeggiare, qui serve una task diversa…molto più interessante.
Sapevo che tempo fa dixit cercava il modo per entrare dentro i sogni altrui e così Dreamwar prima di lui affermava di esserci riuscito davvero qualche volta. E allora perché non tentare? Forse è stupido, forse impossibile, forse inutile ma dopotutto non ho nulla da perderci. Tenterò di entrare nei sogni di mia sorella che dorme a chilometri di distanza da me in questo momento.
Ritorno al balcone per dirigermi verso la sua entrata ed apro una porta di legno pensando di finire all’interno della mia mente.
Appena apro la porta mi trovo dentro una specie di tunnel metallico grigio chiaro con gli angoli smussati, futuristico, illuminato da neon bianchi e asettici. È freddo, spoglio ed essenziale. Nel voltarmi un secondo noto che la porta alle mie spalle è diventata di metallo grigio e vetro che si abbina bene al resto. Non so se aprendola troverei di nuovo il balcone al di là. Decido di andare avanti piuttosto, nonostante sia un luogo un po’ inquietante, dato che ormai sono in ballo.
Percorro il corridoio che ad un certo punto svolta in modo brusco con una curva a gomito, salgo tre gradini e continuo ad andare avanti che è l’unica direzione possibile.
Al che mi ritrovo a sinistra con un’altra delle porte futuristiche di metallo e vetro scorrevoli, avanti ho un ascensore che dovrei chiamare e a destra il corridoio continua con una nuova svolta.
Evito gli ascensori in vita quando posso, figuriamoci se dovessi rimanerci bloccata in sogno. La scelta si riduce a due direzioni e scelgo di continuare a percorrere il corridoio a destra. Svolto e trovo una porta. La apro con un pulsante situato sul muro e questa scorre su dei binari con un sibilo attutito e minaccioso. Entro e il corridoio stavolta si fa più lungo.
Mi chiedo se ritroverò la strada per tornare. Ora mi convinco di non essere più all’interno della mia mente ma di percorrere il tunnel che lega la mente di mia sorella alla mia come una sorta di filo conduttore che unisce i pensieri.
Il corridoio ha di nuovo una svolta brusca a destra ed apro un’altra porta e qui l’ambiente cambia un po’. A sinistra ho di nuovo le porte di quello che sembra un ascensore. Sopra di questo stavolta c’è disegnata una sagoma umana e tre aree evidenziate con tre colori diversi che presumo siano i tre piani che collega: testa (rosa), petto e bacino (le altre due non ricordo con che colori fossero evidenziate).
Avanti a me invece si estende un corridoio un po’ più largo che sembra ricalcare quello di un ospedale o di un centro ASL, dove c’è una piccola sala d’aspetto con delle poltroncine blu nel piccolo vano d’entrata e poi il corridoio con tutte porte diverse a destra e a sinistra.
Avanzando c’è un cartello sulla prima a sinistra, che dà proprio sulla piccola sala d’aspetto con la sua finestrella rettangolare dagli angoli smussati e la porta spalancata, che dice “IdEe e RiCorDi”.
La scritta ha lettere sia maiuscole che minuscole e sembrano traballare un po’. Anche se promettente decido di distogliere lo sguardo prima di destabilizzare tutto. Sono curiosa di vedere cosa mia sorella ricorda di me, magari della nostra infanzia, cosa pensa di me...potrebbe essere interessante.
Proprio lì di fuori ci sono due signore sulla quarantina che discutono. Hanno il camice bianco e sembrano dottori. Una ricordo che è piuttosto tondeggiante di corporatura, ha i capelli lunghi mossi e scuri con dei colpi di sole biondi ed un rossetto un po’ troppo forte che accompagna la sua aria da zia bonaria, l’altra più bassina e più giovane ha i capelli neri corti con delle ciocche rosso fuoco ed uno sguardo vispo.
Vedendomi avvicinare si fermano un momento dal chiacchiericcio e mi fanno entrambe un sorriso di quelli cordiali e dolci di circostanza, classici da dottore che devono prendersi cura dei propri pazienti facendoli sentire a loro agio. Non intendo disturbarle, così mi infilo dentro la porta aperta di “Idee e Ricordi” avanti a cui le due fanno da palo.
Dentro c’è un ufficio classico da medico, un computer sopra una scrivania piena di fogli, un quadro appeso al muro che vedo con la coda dell’occhio ma su cui non mi soffermo. L’unica luce che penetra è quella del corridoio/sala d’aspetto proveniente dalla porta e dalla finestra oltre al monitor del pc acceso e questo fa sì che l’ambiente abbia l’aspetto un po’ più intimo e soffuso.
Prima che io possa mettermi a curiosare per cercare indizi, entra la donna dai capelli neri corti che ha finito di parlottare con l’altra.
<<Tesoro, vieni e siediti!>> mi dice mentre con passo spedito mi supera per andare fino alla poltrona e dietro la sua scrivania <<sei sicura che lui ne valga la pena?>> mi chiede.
Non fa nomi, ma quando nomina “lui” c’è una persona che mi viene in mente all’istante nel mondo reale e so perfettamente a chi si riferisce, ma pensavo di essere nella mente di mia sorella…invece sono ancora all’interno della mia? Ah beh, forse me lo dovevo aspettare. Comunque la conversazione si preannuncia piuttosto strana.
<<Credo di sì>> le rispondo incerta mentre accolgo il suo invito a sedermi.
<<Guarda, se posso dirtelo un bel grafico farebbe meglio al caso tuo (qui intende il grafico come figura professionale xD Cenwyn non vale!) >>.
Mi trattengo dal ridere per la naturalezza e la decisione con cui lo dice. Mi gira il monitor del suo pc e trovo un ragazzo dai capelli scuri che assomiglia vagamente a qualcun altro di mia conoscenza anche se non fa il grafico.
<<Oppure a un ….(mi dice un’altra figura professionale che non ricordo)>>. Sento di stare perdendo il sogno. Tutto crolla all’improvviso destabilizzandosi e mi sveglio.
"Tal fu la mia follia da fermarmi per la bestia
Di cenere macchiata e del dono portatore
chiedendomi cosa cotal creatura fosse
<<parla inquieto spirito
di qual sorte t’ha vinto,
e rivela la mia
per cui possa gioire
o versar pianto>> "
Virtualmente affine ad
Alkimist