da Alrescha » 13/08/2015, 20:22
Sogno lucido dell’11 agosto 2015
Limiti e confini
Il sogno comincia come normale. Non starò a raccontarlo in dettaglio ma serve per comprendere l’avvio di tutto: sono dentro una stanza a cui mancano due pareti opposte, di fronte e alle mie spalle, che collegano ad altri ambienti (uno di questi lo descriverò poi). Insieme a me c’è quello che dovrebbe essere il mio ragazzo, qualcuno che non ho mai visto nella realtà, e altre due coppie che, come noi due, si sono dichiarati e messi insieme oggi dopo varie vicende alla beautiful.
Da qualche parte, non mi ricordo dove o come, trovo anche un cornetto Sammontana che afferro e non vedo l’ora di gustarmi anche se è stranissimo: sembra molto più piccolo ma con la punta lunghissima e sottile, quasi gommosa dato che si deforma senza spezzarsi.
Tutto è tranquillo e va per il verso giusto quando il mio ragazzo mi spinge all’improvviso sotto un tavolo, per un momento mi sembra di riconoscere che la stanza assomiglia vagamente al salone-sala da pranzo di mia nonna, e mi indica di fare silenzio. Sono arrivati degli individui capeggiati da una donna e stanno portando via/sequestrando le altre due coppie di ragazzi che erano con noi.
Non so chi siano i nostri nemici, ma ho l’impressione che ci cerchino da sempre e che portino con loro il pericolo.
<<Fingiti morta e mettiti questo sopra>> mi sussurra il ragazzo biondo che è con me. Afferro il lenzuolo bianco candido che mi sta porgendo e appoggio il gelato a terra ancora perfettamente incartato. Vorrei poter chiamare il ragazzo per nome ma più tento di ricordarlo e più mi sfugge nonostante mi sia estremamente familiare.
Mi stendo a terra e rimango rigida e immobile come un morto dopo aver posizionato il lenzuolo. È troppo corto però perché mi possa coprire completamente e la faccia mi rimane fuori, così all’ultimo riesco a tirarlo un po’ su ma solo fino al naso perché poi le persone che ci stanno cercando si abbassano a guardare sotto il tavolo.
Mi impongo l’immobilità assoluta. Li vedo afferrare il mio ragazzo e farlo uscire con la forza mentre ridono di me dicendo qualcosa del fatto che la mia fine sia stata essere un sacrificio umano prima che loro arrivassero. Ringrazio mentalmente la fortuna di essere riuscita a tirarmi il lenzuolo fin poco sopra il naso. È importante che non vedano che io sia femmina (è una sensazione, una nozione del sogno, non so perché in realtà).
Quando se ne vanno e tutto torna tranquillo, mi tolgo il lenzuolo e decido di seguirli per poter liberare i miei amici e il mio ragazzo, anche se ora non lo vedo più come ragazzo ma come un estraneo che mi ha tirata fuori dai guai.
I cinque prigionieri più i diversi uomini adulti e la donna bionda, vestiti tutti in completo nero e occhiali da sole scuri come da bravi membri di qualche organizzazione ignota, attraversano una delle due pareti mancanti della stanza e si dirigono giù per una collina coperta di erba verde brillante che porta fino al mare. Il nuovo posto è una sorta di estensione della stanza senza le due pareti opposte, perciò il mare, la collina e il resto sono chiusi sopra da un soffitto in legno, a sinistra da una parete enorme e lunghissima in muratura (continuazione di quella della pseudo-stanza di mia nonna) ma dove ora manca anche la parete di destra.
All’orizzonte vedo delle isole molto lontane e la copertura in legno arriva fino là, anche se sono bagnate dal sole perciò mi fa intuire che forse là il soffitto termina e comincia il cielo aperto.
I prigionieri e i membri dell’organizzazione, dopo aver preso un sentiero che scende dalla collina e arriva al livello dell’acqua, si uniscono nella baia ad altri membri della loro organizzazione e con altri prigionieri presi chissà dove, tutti ragazzi.
Il primo pensiero è che devo fare qualcosa, ma non so che cosa. Non posso affrontare tutte quelle persone, oltretutto armate, da sola. Mi accorgo di avere ancora il gelato in una mano, anche se non ricordo di averlo preso quando mi sono alzata da sotto il tavolo, e questo è mezzo scartato. Finisco di scartarlo e mi trovo non con un cono gelato come preannunciava la carta del cornetto classico, ma con una specie di asta completamente fatta di cioccolato mezzo squagliato per il calore. Invece di mangiarlo prendo a modellarlo come se fosse dell’argilla, tirandoci fuori la testa e le ali di un drago mentre intanto cerco di pensare a cosa fare per i miei amici (nella realtà disegnare e modellare qualcosa mentre penso mi aiuta). Se solo fossi in un sogno potrei far uso di poteri e…il dubbio si insinua.
E se lo fossi?
Dalla cima della collina guardo sotto: è ripido, potrei provare a volare ma se non fosse un sogno cadrei come un’idiota fino giù e mi farei prendere oltre che scoprire.
Vale la pena tentare.
Prendo la rincorsa e mi lancio dalla cima mentre mi dico mentalmente “sei spensierata, sei felice, divertiti”, per far in modo che l’incentivo positivo mi aiuti nell’azione. Il volo è inizialmente instabile e sbando, ma riesco a raddrizzarmi e prendere totalmente il controllo. Ora sono sicura di sognare. Mi allontano un po’ dalla costa della collina per non essere a portata di tiro e di vista dei tizi dell’organizzazione. Non posso alzarmi in volo più di tanto dato che sbatterei la testa sull’enorme soffitto in legno che, anche se alto, crea comunque un confine all’ambiente.
Il primo istinto mi dice di voler uscire di lì, magari facendo scomparire il soffitto, ma poi ci ripenso e prima voglio dare una lezione all’organizzazione che voleva catturarmi.
Ho ancora la barretta di cioccolato modellata in mano e mi dà l’idea di richiamare un drago vero (si va beh, sono ripetitiva ma ho una certa affinità ed è l’unico posto in cui potrei vederli vivere del resto).
Butto la barretta di cioccolato in aria pensando che prendi vita e da quella si formi un drago vero. La fine che fa è intuibile: cade tristemente dentro l’acqua del mare senza neanche accennare a trasformarsi. Tentativo numero uno fallito, ma può capitare.
L’ultima volta mi era bastato chiamare il drago, così mi riempio i polmoni di fiato e grido: <<Drago!>>, mentre, seguendo l’acqua, faccio il giro della collina dove non c’è la parete a delimitare il posto per rendermi conto di quante persone ci siano da affrontare.
Non compare nulla. Niente di niente.
Capisco che il sogno è un po’ restio a seguirmi, è come se mi opponesse una certa resistenza. Raven, una vecchia utente del forum, una volta aveva detto che cantare in un lucido le faceva sempre accadere cose strane. Decido di provare a canticchiare ad alta voce perché spero nell’idea che possa riportare affinità e unione fra me e il sogno.
Dalle isole lontane bagnate dal sole, proprio opposte alla grande collina verde, vedo alzarsi in volo un drago rosso che fa qualche avvitamento in aria prima di dirigersi verso di me. Ora si ragiona.
Quando però è abbastanza vicino, la mia delusione è cocente perché lo trovo piccolo quanto la mia mano anche se prima, quando era lontano, le sue dimensioni erano da drago adulto. Come può mettere paura una bestiolina del genere? Mentre io e il cucciolo voliamo fianco a fianco ritornando al punto iniziale di fronte alla collina, mi accorgo che avanti a noi compare un altro drago, nel classico stile cinese stavolta e completamente bianco, che vola come un serpente radente al soffitto e scompare nel nulla prima che possa provare ad interagirci ed usarlo per i miei scopi.
Mi concentro di nuovo sul draghetto rosso che cerco di far crescere di dimensioni tramite le mani, ponendole sopra la sua immagine e facendo segno di allargarle senza che però succeda nulla.
Ritento ancora lo stesso metodo ma fallisce anche questo ennesimo tentativo, il che comincio a perdere la pazienza.
Mi chiedo se i fallimenti non siano dovuti a qualche limite mentale sulle dimensioni che inconsciamente l’ambiente semichiuso provoca su di me quando vi sono confini.
Potrei provare ad eliminare il problema dal principio togliendo del tutto il soffitto, ma vista la difficoltà nelle cose più semplici temo di non avere abbastanza controllo oggi. Il cucciolo che ho evocato vola in alto e sembra cercare anche lui la libertà oltre il soffitto. Invece di sforzarmi a togliere tutto l’ostacolo, punto un dito verso le assi di legno e traccio un cerchio in aria. Si forma un buco grande che mostra dall’altra parte un cielo stellato e il draghetto vola via. Almeno questo è riuscito e magari avere un collegamento diretto con l’esterno può aiutarmi a superare la concezione di confini. In realtà potrei uscire di qui e provare altro, ma il non riuscire in qualcosa diventa poi una questione di principio che raramente riesco ad ignorare.
Lascio perdere l’evocare un drago decente e ricorro al piano alternativo: mi trasformerò io stessa.
Il primo passo è convincersi di esserlo, il secondo è sentirsi tale anche fisicamente. Se ne era parlato recentemente nella chat del forum e le opinioni che avevo espresso a riguardo, insieme a quelle di altri utenti, mi tornano tutte in mente.
Ancora sospesa in un unico punto sopra il mare, un po’ lontana dalla collina, nonostante provi a sentirmi drago inizialmente non vedo cambiamenti esteriori.
Per aumentare la concezione unisco le gambe e comincio a muovermi come se fossi un serpente. Il movimento delle gambe, del bacino e dei muscoli giusti aiutano la convinzione e l’autosuggestione, così finalmente vedo formarsi le grandi ali membranose e rosse ai miei lati, le mani con zampe squamose e rosse dai lunghi artigli, la coda che penzola e si muove sinuosa sotto di me.
Mi dirigo ferocemente verso le persone dell’organizzazione e soprattutto verso la donna bionda che sembra il loro capo e che sta sulla riva a portata di mano. Mi fermo volando a pochi metri da loro e con uno sforzo di stomaco sento un tepore piacevole pervadermi l’addome, salire fino in gola ma quando sputo fuori l’aria che deve essere infuocata, il fuoco non arriva. Ma che diavolo! Di solito riesce sempre così bene.
Tutto quello che butto fuori è solo aria e un grido a dir poco arrabbiato mentre i capelli biondi della donna vengono scompigliati e gli occhiali da sole scuri dei membri della sua organizzazione fatti cadere. Mi preparo psicologicamente a combattere fisicamente con gli artigli.
Nonostante non sia riuscita a mettere in atto una minaccia concreta, sembra comunque che l’organizzazione, o meglio la donna, capisca la situazione di estremo svantaggio in cui si trova. Lascia liberi i prigionieri e sento pervadermi una forte sensazione di soddisfazione anche se non so se sia per l’aver effettivamente liberato i prigionieri, per essere egoisticamente riuscita ad ottenere quello che volevo oppure, più probabilmente, per entrambe le cose.
Qui però comincio a perdere il controllo e la lucidità del sogno. Ricordo che vicino alla donna bionda c’erano delle grandi bacinelle di plastica trasparente piene di liquido: una gialla, una verde…credo fossero una sorta di colori per dipingere. Ancora sotto forma di drago afferro le bacinelle rettangolari una per una, leggere come nulla, e le impilo una sopra l’altra tenendole fra le braccia con l’intento di non versarle, perché per me preziose, e l’idea di portarmele via per poi usarle da qualche parte. Una parte di me si chiede cosa accidenti stia facendo e perché dovrei perdere tempo in questo modo, ma non torno più ad avere la consapevolezza iniziale e comunque il sogno non ha occasione di andare avanti perché finisce e mi sveglio.
"Tal fu la mia follia da fermarmi per la bestia
Di cenere macchiata e del dono portatore
chiedendomi cosa cotal creatura fosse
<<parla inquieto spirito
di qual sorte t’ha vinto,
e rivela la mia
per cui possa gioire
o versar pianto>> "
Virtualmente affine ad
Alkimist