Indice Condivisione Esperienze Diario dei sogni lucidi > La rassegna dei miei sogni lucidi

Raccolta dei propri sogni lucidi condivisa con gli altri sognatori.
La parte di testo dove il sognatore è lucido viene colorata di blu.

Re: False memorie, falsi risvegli.

Messaggioda ceqpio » 17/10/2016, 4:51

Citrato ha scritto:L'aspetto interessante di questo sogno non è tanto quello legato alla parte lucida, quanto al fatto che probabilmente il continuo incastonarsi di false memorie che vengono smentite da falsi personaggi reali, i quali finiscono per cercare a loro volta di innestarmi altre false memorie, non sia altro che il tentativo fatto dal mio inconscio di mettermi nelle condizioni di acquisire consapevolezza di stare sognando. Non potrebbe semplicemente provare a dirmelo chiaramente? : WallBash : : Chessygrin :


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Re: False memorie, falsi risvegli.

Messaggioda ceqpio » 17/10/2016, 4:52

Citrato ha scritto:L'aspetto interessante di questo sogno non è tanto quello legato alla parte lucida, quanto al fatto che probabilmente il continuo incastonarsi di false memorie che vengono smentite da falsi personaggi reali, i quali finiscono per cercare a loro volta di innestarmi altre false memorie, non sia altro che il tentativo fatto dal mio inconscio di mettermi nelle condizioni di acquisire consapevolezza di stare sognando. Non potrebbe semplicemente provare a dirmelo chiaramente? : WallBash : : Chessygrin :


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Re: La rassegna dei miei sogni lucidi

Messaggioda Citrato » 17/10/2016, 7:45

Ciao ceqpio, anche questa notte si è rivelata molto feconda per quanto riguarda i sogni lucidi, sebbene dopo essermi svegliato non sia più riuscito a prendere sonno, tanto da trovarmi di nuovo qui a scrivere questa esperienza onirica. L'aver riportato il lucido nel diario poco prima di andare a letto deve essere servito da incubatore per il sogno di stanotte.

Mentre mi trovo a letto inizio ad avvertire le solite vibrazioni ed entro in uno stato ipnagogico uditivo nel quale la mia mente si sintonizza come una radio su diverse trasmissioni verbali che, per così dire, cambiano continuamente stazione. Ricordo ad esempio di aver sentito la voce di Marco Masini che cantava una canzone inedita, molto melodiosa, riportante il seguente strano ritornello: "Se vivrai solo per amare, forse anch'io ti amerò per sempre/ Se vivrai solo per amare, forse anch'io morirò a settembre", con il brano che viene chiuso da un rift di chitarra devo dire niente male. Dopo mi sintonizzo su di una voce tipo quella di Maccio Capatonda che dice qualcosa del tipo: "Siamo in una situazione critica, abbiamo già dovuto sostituire 56 lines in meno di 5 minuti..deve essere la vendetta di Standiton"(??). Successivamente entro in fase ipnagogica visiva e perdo progressivamente la sensazione del mio corpo fisico. Mentre mi trovo nello stato di coscienza immateriale vedo un corridoio affollato di gente che cammina con movenze molto eleganti. Nei loro movimenti noto un allure che non ho mai visto nella realtà e non capisco nemmeno il perché la mia mente abbia voluto darmi questa "lezione di stile", dal momento che non faccio molta attenzione a questo genere di cose. Nel frattempo chiedo al mio inconscio se da quelle figure posso risalire a qualche immagine reale del mio passato, ma non ottengo molto successo. Ecco che riprendo di nuovo possesso del mio corpo, ma si tratta di quello sottile: in sostanza entro in OBE e mi ritrovo ad uscire dal mio corpo, ma in posizione verticale. Sto fluttuando sopra il mio letto e vedo il pavimento della mia stanza sotto ai miei piedi. Inizio a muovermi, rimanendo sempre in verticale, mentre non riesco a trattenermi nel gridare "Wow! Wow!". Decido quindi di abbassarmi di quota per passare rasente al suolo. Il mio corpo sottile si è adesso inclinato in orizzontale e con la mano posso sentire il pavimento. Purtroppo però tutto ciò fa sbilanciare in avanti il mio equilibrio e perdo controllo della traiettoria, schiantandomi contro qualcosa. Mi ritrovo di nuovo sul mio letto e osservo una sorta di monolite tipo quello del film "Odissea nello spazio", posto al centro della stanza. Cerco di scendere dal letto per provare a raggiungere il monolite e a toccarlo, ma il mio corpo è paralizzato. Riesco a malapena a sollevare il busto di qualche centimetro, ma nel frattempo ho come l'inquietante sensazione che non sia tanto io a fissare il monolite, quanto lui a fissare me. Data la paralisi in cui mi trovo, tutto ciò mi mette a disagio e alla fine faccio uno sforzo per svegliarmi, ritrovandomi effettivamente con il busto sollevato di qualche centimetro.
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Mani "podaliche"

Messaggioda Citrato » 21/05/2017, 0:35

Sogno di trovarmi sul mio letto mentre cerco di "addormentarmi" e nel frattempo mi dimeno per liberarmi dal fastidio provocato dalla coperta. Provo ad afferrare la coperta e a lanciarla istintivamente lontano dal letto, ma nel fare in questo modo sento di aver rovinato sul pavimento gli occhiali lasciati sul comodino. Stendo il braccio al di fuori del letto e allungo la mano verso il pavimento per provare ad afferrare gli occhiali, nella speranza di non averli rotti. Riesco a trovare gli occhiali, ma mi accorgo che manca una delle asticelle. <Maledizione! Li ho di nuovo rotti facendoli cadere!> Questo è ciò che penso mentre raccolgo anche l'asticella che si è spezzata. Stranamente noto che l'asticella è quella di un vecchio paio di occhiali che ormai non porto più. Riesco ad interpretare questa incongruenza come un dream sign e mi rendo conto di stare sognando. Mi alzo subito dal letto e mi dirigo verso il corridoio, ma mi ritrovo all'interno di una sorta di grande capannone semi oscurato in cui posso notare alcuni attrezzi da lavoro poggiati sulle pareti. Provo a spiccare il volo, nel tentativo di uscire fuori dal capannone, magari sfondandone il tetto, ma riesco a compiere solo delle brevi ed incerte escursioni, rimanendo sospeso a mezz'aria. Cado di nuovo nella trama di un qualche sogno non lucido, di cui non ricordo alcun dettaglio, fino a che non mi ritrovo a passeggiare lungo il marciapiede delle strada in cui vivo, a qualche isolato di distanza da casa mia. Nel sogno è come se fosse tardo pomeriggio e l'intera città appare deserta. Ritrovo di nuovo la lucidità e ne approfitto per contarmi le dita. Inizio con quelle della mano destra, ma non riesco a notare alcuna particolarità. Inoltre tutto il sogno appare davvero molto stabile e sembra che ogni elemento sia riprodotto in modo perfettamente fedele all'originale. Pertanto provo a contare anche le dita della mano sinistra, ma quest'ultima scompare e al suo posto ricompare la mano destra, da cui iniziano a spuntare una dopo l'altra le dita dei piedi, mentre osservo anche il loro goffo movimento. L'esperienza avuta riflette in parte quanto avevo appreso da un video di un sognatore lucido, postato su youtube, nel quale si affermava che a causa dell'impossibilità di riuscire a contare le dita su entrambe le mani durante i sogni lucidi, accade che l'inconscio prova a sopperire a questa mancanza facendo apparire altre dita sempre nella stessa mano. A questo punto mi soffermo ad osservare l'ambiente circostante, avvicinando ad esempio lo sguardo ai muri dei palazzi e riuscendo a scorgere persino le increspature del loro intonaco. Poi poggio la mano su uno dei lampioni disposti lungo il marciapiede, per saggiarne la consistenza, potendo avvertire la fredda sensazione del metallo. Tutto sembra davvero fedele alla realtà, tranne il fatto che gli alberelli che delimitano la carreggiata risultano piantati troppo vicini ai lampioni, creando anche un'asimmetrica disarmonia del paesaggio urbano. Purtroppo non ricordo altro.
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Ospite dell’inconscio e fuga dal sogno

Messaggioda Citrato » 01/01/2018, 21:39

Malgrado sia da molti mesi che non scrivo in questo diario, ho avuto diversi eventi onirici consapevoli, alcuni però solo frammentari e in ogni caso molto poveri di elementi che portino a delle riflessioni. Di converso, pochi altri lucidi sono stati talmente lunghi ed intrecciati da non poter spesso riuscire a dipanare la trama di tutta la catena degli eventi ad essi collegati, senza tra l’altro poterne cogliere una vera sintesi o ricavarne una narrazione contestualizzata , in un mondo onirico di cose apparentemente sconnesse tra loro e in continuo mutamento. In questi lunghi lucidi mi si è rivelato difficile anche solo tenere traccia di tutto quello che si è manifestato alla mia coscienza. Nel seguente lucido, che appartiene alla categoria dei sogni durati più a lungo, sono letteralmente rimasto prigioniero nel sogno, anche se inizialmente accolto dall’inconscio come un ospite ben riguardato, pur tuttavia dovendo rispettare certi accordi da esso impostomi. Comunque in questo sogno ho potuto almeno individuare alcuni episodi salienti che mi permettono di fornire un resoconto più lineare dell’esperienza onirica che ho vissuto, sebbene certi elementi siano andati irrimediabilmente perduti nelle sabbie della mia memoria, proprio perchè l’apparente assenza di reciproche relazioni dotate di senso, all’interno di una finestra temporale così lunga, ne hanno reso impossibile la ricostruzione.


Sto sognando di trovarmi seduto sulla poltrona del mio salotto insieme a R., al suo cane B. e ad una sorta di randagio con cui si presuppone che B. abbia fatto amicizia. I due cani ci poggiano le zampe anteriori sopra le ginocchia e avvicinano la testa in cerca di carezze, mentre mi intrattengo a discutere con R. di argomenti vari, anche molto impegnativi. Apro il freezer perchè so di trovare dei bei gelati. Mentre i cani gustano il gelato, R. ed io discutiamo sulla presunta intelligenza degli animali. Allora provo a chiedere a B. se preferisce il gelato o il biscottino a forma di osso e lui con voce da cane che ha le corde vocali mi risponde “Gelato!”. Quindi gli chiedo se il gelato lo preferisce perchè è dolce o perchè è salato e lui mi risponde “Dolce!”. A questo punto faccio notare a R. che i cani sanno comprendere concettualmente la relazione tra il gelato e il dolce e tra un biscottino e il salato. E’ buffo che invece non ci meravigliamo affatto di sentire i cani parlare, come se tutto ciò rientrasse nella consuetudine. Sentiamo squillare il citofono e immaginiamo che si tratti di A., con il quale si suppone ci fossimo dati appuntamento. Giungo fino al portone per aprirgli e farlo entrare, ma lo trovo in strada, ad una certa distanza da me, mentre una nebbia fittissima ci avvolge. Esco di casa e provo ad avvicinarmi a lui, ma lo vedo correre lungo la strada e allontanarsi, mentre salta come un grillo sulle sagome poco definite delle automobili avvolte dalla nebbia. Provo ad inseguirlo e a chiamarlo a voce alta, ma i miei passi diventano sempre più pesanti fino ad impedirmi di muovermi. A quel punto l’insieme delle circostanze mi fa intuire che forse si tratta di un sogno, ma vedo che tutto inizia sempre più ad appannarsi e mi sento ormai appeso ad un ultimo filo di consapevolezza, la quale tuttavia mi suggerisce di non demordere o lasciarmi prendere dal panico, ma di predispormi serenemente sul piano mentale e provare a recuperare la lucidità. Pertanto mi sforzo nuovamente a camminare e, sebbene i miei passi siano inizialmente ancora troppo pesanti, inizio a sentire le gambe sciogliersi e le ginocchia articolarsi. A ogni passo conquistato aumenta la scioltezza dei movimenti così come la lucidità stessa. Comprendo che tutto dipende dalla mia predisposizione nel convincermi di trovarmi in un sogno che non svanirà, almeno finchè affermerò mentalmente la mia volontà di rimanerci, sgomberando la mente da possibili ansie o pensieri che mi riportino alla veglia e vivendo l’esperienza come fosse un’altra realtà dove ogni pensiero è anche un atto che genera i suoi tangibili effetti all’interno della dimensione onirica in cui sto vivendo. Più mi concilio con queste affermazioni, maggiormente riesco a guidare in modo fluido la mia volontà, fino a che non vedo il sogno riprendere la sua nitidezza, riuscendo anche a riguadagnare completamente la mobilità e a trovarmi circondato da un ambiente che riproduce in modo fedele la fisionomia del luogo in cui vivo. Nel frattempo A. si è del tutto dileguato, mentre proseguo a camminare lungo il marciapiede, notando una casa in cui pare che qualcuno abbia lasciato il portone aperto. Decido di varcarne la soglia e di salire la rampa di scale che conduce al primo piano. Qui trovo un ambiente molto spazioso ed illuminato, con larghe vetrate alle pareti e un tipico arredamento da ufficio. Inoltre, scorgo la presenza di E., un altro dei miei amici, che seduto ad una delle scrivanie pare affaccendato nello sbrigare qualche cavillo d’ufficio. Pertanto mi avvicino a lui, il quale mi saluta e mi inizia a fare dei discorsi non molto chiari che sembrano comunque quelli di un consulente che vuole offrirmi una qualche proposta commerciale. Mentre discute con me, noto che oltre la vetrata che gli sta alle spalle il cielo è ormai buio e che ci troviamo come in uno dei piani più alti di un grattacielo, da come posso appurare notando dalla distanza una lunga fila di macchine dai fari accesi che percorrono la strada sottostante. Ben consapevole del fatto che sto sognando, chiedo ad E. di andare al sodo e di rivelarmi se dietro la sua figura si nasconde in realtà il mio inconscio. E. mi accenna un sorriso piuttosto ironico e mi dice che in realtà “lui lavora per il principale”. Immagino che nel menzionare quella qualifica si riferisca proprio al mio inconscio e pertanto gli chiedo di poterlo contattare per me. A questo punto E. mi lancia un’occhiata di redarguizione e con atteggiamento severo mi dice “Sta ben attento a non fare troppe domande in questo sogno, altrimenti faremo immediatamente crollare la tua lucidità”. Rimango basito da questo suo avvertimento e provo la sensazione di non aver in realtà alcuna voce in capitolo in merito alla decisione di controllare i miei sogni lucidi. Al contrario, quel monito mi fa intendere che il mio inconscio potrà decidere a suo piacimento se farmi rimanere o meno all’interno del sogno, come se fosse il vero signore dei sogni e avesse una autonomia senziente indipendente dai miei voleri. Pur rimanendo in silenzio, accenno una smorfia per far comprendere ad E. di accettare le condizioni che mi sono state imposte, quando d’un tratto parte una videochiamata da uno smartphone poggiato sulla scrivania. La chiamata è in viva voce e posso finalmente sentire la voce del mio inconscio mentre mi da il benvenuto all’interno del sogno lucido, fornendo inoltre delle istruzioni ad E., affinchè mi guidi come una sorta di Virgilio all’interno delle “stanze del sogno”. E’ una voce greve, pacata e molto rassicurante, dal timbro di un signore avanti con gli anni. Inoltre, faccio per avvicinarmi al display dello smartphone, nel tentativo di scoprire dietro quali sembianze si cela la figura di questo mio inconscio. Ecco che posso finalmente vederlo: trattasi di un uomo di mezza età, seduto su di una sorta di trono, vestito con un abito talare simile a quelli dell’antica Grecia, di colore bianco e con delle fantasie geometriche colorate in blu. Ha un aspetto davvero molto regale, due occhi azzurri sfolgoranti ed estremamente consapevoli, dei tratti fisiognomici molto delicati, quasi femminili, una barbetta bianca molto ben curata e un sorriso molto ironico come di chi ostenta grande sicurezza di se. A questo punto E. si alza e mi invita a seguirlo per poter finalmente esplorare gli ambienti del sogno. Dopo aver attraversato un lungo corridoio, dove non ho perso tempo ad esplorare ogni possibile percezione sensoriale come ad esempio toccare i muri o percepire il movimento delle mie gambe mentre camminavo (tutto come nella vita reale), ci ritroviamo all’interno di una grande sala semi oscurata e con delle grosse vetrate sporche o appannate, collocate su di una delle pareti. A guardare con più attenzione, mi accorgo che la sala è in realtà una sorta di campo da basket al chiuso e ormai dismesso, da come posso capire sia dalle linee di campo dipinte sul pavimento e ormai sbiadite, che dalla presenza dei canestri senza rete appesi alle due opposte pareti. A questo punto E. mi lascia solo, mentre su una delle pareti iniziano ad apparire delle immagini animate e variopinte. All’inizio vedo scorrere immagini che riterrei un po’ banali, come la presenza di una sorta di stella cometa seguita da Babbo Natale a bordo di una slitta volante trainata dalle immancabili renne. Davvero non riesco a spiegarmi che nesso vi sia tra me e queste immagini, dato che non sono solito dare troppa importanza a questo genere di cose. D’un tratto la parete si oscura per poi reilluminarsi completamente e far apparire in rassegna tutta una serie di dipinti davvero meravigliosi, che mi lasciano quasi senza fiato, molto simili agli affreschi della Cappella Sistina, sia per le tinte utilizzate che per il tipo di soggetti rappresentati, che sembrano evocare eventi biblici tuttavia assolutamente inediti e quindi puramente frutto della mia immaginazione. Purtroppo non posso comunicare al lettore altri dettagli su questi affreschi che ho avuto la fortuna di ammirare, vista la loro complessità, il mistero sul loro significato e la mia ignoranza in merito alla storia dell’arte. Se fossi stato un critico d’arte, allora probabilmente avrei saputo dare loro una più esatta collocazione tassonomica. Posso solo dire che somigliavano a degli affreschi rinascimentali come quelli di Michelangelo. Dopo diversi minuti riappare E. e mi invita a seguirlo per visitare altri ambienti del sogno. Dopo aver attraversato altri dedali di corridoi ci ritroviamo finalmente all’interno di un sontuoso salone, arredato sia in stile Vittoriano che Luigi XIV, e brulicante di persone intente a discutere animatamente tra loro, come se appartenessero a un qualche circolo di intellettuali o di filosofi. E. mi ribadisce di non provare assolutamente a fare domande e di limitarmi semmai ad osservare tutto quello che accade. E’ un vero peccato, perchè quella sarebbe stata per me una grande occasione per fare interviste a quei PO, ma decido di non venir meno agli accordi fatti con il mio inconscio, limitandomi ad osservare tutta questa gente che non ho mai visto nella realtà, intenta a dire cose che purtroppo non sono stato in grado di discernere. Proseguo la mia visita guidata, seguendo E. per altri lunghi ed interminabili corridoi semi oscurati, mentre rifletto sul fatto che in questa mia esperienza onirica sembra non esservi alcuna differenza con la realtà in termini di tangibilità di tutto ciò che vedo e che sento. Tra le altre poche cose che ricordo, vi è il fatto che inizio ad inquietarmi all’idea che questo lucido stia durando così a lungo. Vengo dunque rapito dal timore che l’estremo grado di realtà del sogno, così come la sua eccessiva durata, possa riflettere un’esperienza simile a quella avuta da Eben Alexander, e che pertanto sia stato anch’io colto da un qualche malore, magari da un ictus oppure da uno stato di coma insorto durante il sonno, sicchè quell’ambiente onirico avrebbe potuto essere un meccanismo di protezione messo in atto dal mio cervello nell’attesa di morire. Decido pertanto di fare quella che io definisco “la mossa”, ovvero agitare la testa e le spalle con impeto, per cercare di destarmi dal sonno e ritrovarmi sveglio sul letto, anche a costo di tradire l’ospitalità offertami dall’inconscio. Come conseguenza del primo tentativo di mossa mi ritrovo in un ambiente completamente buio e non so rendermi conto se mi sia svegliato o meno. D’un tratto vedo aprirsi come un grosso portone: dalla luce mattutina che emana dall’esterno e che investe il locale capisco di trovarmi nella navata centrale di una chiesa, in cui posso ammirare la lunga serie di colonne romane che delimitano l’abside, come anche le decorazioni barocche alle pareti, nonchè alcune nicchie che ospitano statue di presunti santi. Noto anche la presenza di un confessionale, da cui vedo uscire un bambino che correndo esce dalla chiesa, seguito da un prete vestito in tonaca nera che lo insegue e che inveisce contro di lui. Nel frattempo vengo di nuovo colto dal timore di non poter riuscire a svegliarmi e decido di fare nuovamente la mossa, in modo ancora più violento. Mi ritrovo finalmente sul mio letto, al buio, con un filo di luce naturale che proviene dal corridoio. Decido pertanto di contarmi le dita della mano destra e mi accorgo che sono sette. A questo punto davvero inizia a salirmi il panico e faccio un ulteriore mossa con una violenza che stavolta non ha precedenti. Mi ritrovo esattamente dov’ero prima, cioè sul mio letto, in stato di paralisi e sfinito dalla fatica fatta per cercare di svegliarmi. Conclusasi la paralisi mi riconto le dita della mano, più che mai preso dalla paura di essere ancora intrappolato all’interno di un sogno. Sebbene stavolta le dita siano cinque, impiego ancora diversi secondi prima di realizzare di essermi finalmente svegliato. Invece che sentirmi ristorato dal sonno, provo un senso di sfinimento, come se non dormissi da giorni, anche perchè sono stravolto da questa brutta esperienza di prigionia all’interno di un lucido. Rifletto anche sul fatto che l’eccessiva durata dei sogni lucidi, specie se così reali, potrebbe essere controproducente per l’equilibrio della psiche, perchè davvero si potrebbe finire per non riuscire più a capire la differenza tra un sogno e la realtà nel momento in cui vorremmo svegliarci. In quel momento l’unica mia consolazione è sapere di stare ancora bene con la salute.
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Re: La rassegna dei miei sogni lucidi

Messaggioda Marley » 02/01/2018, 20:37

Sei un grande Cit!! Vai così!!! : Yahooo :
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Re: La rassegna dei miei sogni lucidi

Messaggioda Citrato » 02/01/2018, 21:10

Grazie Marley, anche tu! : Yahooo :
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Re: La rassegna dei miei sogni lucidi

Messaggioda cetaceon » 05/01/2018, 19:37

Che bel sogno da leggere all'inizio dell'anno!
Grazie Citrato!
Mi ricordo bene del libro di Eben Alexander, milioni di farfalle: la tua interpretazione del meccanismo autoprotettivo innescato dalla sua mente per proteggersi della morte mi colpisce molto.
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Re: La rassegna dei miei sogni lucidi

Messaggioda Citrato » 05/01/2018, 20:15

Ciao cetaceon! Grazie a te per l'apprezzamento!
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Ombre cinesi

Messaggioda Citrato » 06/10/2018, 20:27

In questo sogno mi ritrovo in macchina a girovagare di notte in compagnia di R. D’un tratto ci ritroviamo all’interno di una sorta di quartiere malfamato, stile case popolari che comunicano tra loro per mezzo di corridoi esterni sospesi che disimpegnano gli abitati. Inaspettatamente l’auto si ferma e non accenna a rimettersi in moto. Iniziamo a sentire delle voci provenire da poco lontano ed R. mi allerta del fatto che non passerà molto tempo prima che gli abitanti del quartiere si accorgano che ci troviamo all’interno del loro territorio, sollecitandomi quindi ad abbandonare l’auto per provare a dileguarci. Una volta scesi girovaghiamo nella speranza di trovare una via di fuga, ma d’un tratto perdo le tracce di R. e mi ritrovo da solo e in balia del timore di venire scoperto. Nel frattempo le voci si fanno sempre più vicine, sicchè mi intrufolo all’interno di una della palazzine ed inizio a salire le trombe di scale che conducono in lunghi dedali di corridoi semi oscurati. Preso come dal panico e convinto che mi stiano col fiato sul collo scorgo una luce in fondo ad uno dei corridoi. Varcata la soglia che conduce verso la luce mi ritrovo inaspettatamente lungo la passerella laterale del ponte di una sorta di imbarcazione. La situazione è talmente assurda da farmi prendere immediatamente consapevolezza del fatto che stia sognando. La nave su cui mi trovo assomiglia ad una specie di incrociatore militare di medie dimensioni, di color metallo scuro, che si trova in mare aperto ed in balia di onde gigantesche. A prora, Il rostro fende le onde che si riversano sul ponte e lo percorrono fino a raggiungere le mie caviglie. Avverto una realistica sensazione di bagnato e ho tutte le scarpe inzuppate. Come se non bastasse, l’incrociatore viene agitato violentemente dalle onde che gonfiano il mare, e che mi sollevano e mi precipitano, facendomi provare un senso di vertigine. Inoltre la nave bascula lateralmente, rendendo instabile il mio equilibrio e costringendomi ad aggrapparmi alle maniglie del parapetto per evitare di finire in mare. L’uscio della porta da cui provengo è ancora li, ma visto dall’esterno appare come l’ingresso laterale della cabina di comando della nave. Pertanto, mi ricordo di quella volta in cui mi trovai all’interno del ‘quartier generale’ dei miei sogni lucidi, in cui era presente quella strana apparecchiatura a cui il mio inconscio volle dare il nome di ‘lucidometro’. Quindi, penso che se entrerò all’interno della cabina di comando magari troverò qualcosa di simile. Una volta varcato l’uscio ed entrato nella cabina mi ritrovo invece all’interno di un locale oscurato dentro cui mi è impossibile definire le forme. Cerco d’istinto qualche base d’appoggio su cui sedermi e riesco a trovare una sedia. A questo punto mi ritrovo paralizzato, ma la mia lucidità è ancora buona. La parete che mi sta di fronte si illumina, come se un proiettore fosse stato acceso alle mie spalle. Inizio a vedere delle ombre cinesi e realizzo che qualcuno è li, dietro di me. A causa della situazione di paralisi provo un forte senso di inquietudine, anche perchè le dita che si cimentano a creare le ombre cinesi appaiono particolarmente lunghe ed affusolate, come se appartenessero a qualche entità demoniaca. La sensazione irrazionale che provo in quel momento è abbastanza inequivocabile: mi trovo in balia della mia entità silente e lo stato di paralisi mi rende incapace di reagire, amplificando ulteriormente il senso di impotenza e di inquietudine. Nel frattempo le ombre proiettate sulla parete iniziano a farsi sempre più definite e complesse, mostrandomi sagome di tirannosauri che inseguono me in terza persona mentre sto scappando in una sorta di giungla popolata da piante carnivore e da giganteschi uccelli rapaci. Sembra la regia del sogno che avrei dovuto vivere quella notte. A questo punto ho come l’impressione di aver intuito il messaggio sottile che l’entità silente sta cercando di comunicarmi: sin dall’inizio la mia mente aveva programmato di farmi vivere qualche sorta di incubo, ma dal momento che ho preso lucidità è come se in un certo senso i piani del mio inconscio fossero saltati. E’ a questo punto che l’entità silente ha deciso di entrare in gioco, decidendo di paralizzarmi e facendomi vivere da spettatore la prosecuzione dell’incubo, in modo da esaurire la carica emotiva del brutto sogno che avrei dovuto vivere. E’ come se l’entità silente avesse deciso per una volta di essere gentile nei miei confronti, lasciandomi cioè intuire che avrei comunque dovuto scaricare la tensione di quel brutto sogno (prova ne è il fatto che malgrado fossi lucido non riuscivo a liberarmi da quel senso irrazionale di inquietudine), ma vivendolo da spettatore lucido che guarda con distacco gli eventi dispiegarsi sotto forma di ombre cinesi proiettate sulla parete, così da rendere meno cruenta la sensazione di paura. Le mie rimangono solo illazioni, ma dentro me albergava come la consapevolezza di aver ricevuto un preciso messaggio dal mio inconscio circa l’impossibilità di esimersi dal dover dirigere la regia dell’incubo programmato per quella notte.
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