Gli onironauti hanno un cervello diverso?

Link Ufficiale: https://www.nature.com/articles/s41598-018-36190-w
Altre fonti: http://www.marbilab.eu/it/research-menu-it/functional-connectivity-menu-it
Autori informazioni originali: Benjamin Baird , Anna Castelnovo , Olivia Gosseries & Giulio Tononi 

Il primo studio che tratteremo oggi analizza l’apparente proporzionalità diretta che intercorre tra frequenza dei sogni lucidi ed una maggiore connettività funzionale tra la corteccia frontale e le aree di associazione temporoparietale.

Per connettività funzionale si intende la correlazione temporale del segnale BOLD in due o più regioni anatomicamente distinte e spazialmente remote, in questo caso del cervello. Per segnale BOLD si intende, invece, quello specifico “impulso” generato dal complessivo afflusso sanguigno cerebrale da parte delle grandi arterie e vene, piccole arteriole e venule e da parte dei capillari.

Infatti, alcune delle prove neurobiologiche implicano il coinvolgimento della corteccia prefrontale anteriore (aPFC) e della corteccia parietale nel fenomeno del SL. E’ stata analizzata la risonanza magnetica (strutturale e funzionale) da un campione di 14 individui che hanno riportato all’incirca 3 SL a settimana (che per comodità chiameremo gruppo A) e un gruppo di controllo abbinato per età, genere e ricordo dei sogni che riportavano meno di 1 SL all’anno (gruppo B). Spesso, nella ricerca del campo dell’onironautica, è utile confrontare individui che abbiano una frequenza più o meno elevata di SL con soggetti in cui, invece, essi stessi scarseggiano.

Il gruppo A ha mostrato una maggiore connettività funzionale nello stato di riposo tra aPFC sinistro angolare e giro laterale bilaterale, giro frontale inferiore e grado e forza nodo più elevati nell’aPFC sinistro . Al contrario, non sono state osservate differenze significative nella struttura stessa del cervello.

La maggiore connettività funzionale tra aPFC e aree di associazione temporoparietale è qualcosa di altamente singolare, considerato che esse sono regioni normalmente disattivate durante il sonno.

Una curiosità di non poco conto: inizialmente, la comunità di filosofi e scienziati era scettica nei confronti dell’eventuale possibilità che l’essere umano fosse in grado di avere SL. Idea sconfitta, per fortuna, attraverso l’analisi concreta di segnali di movimenti oculari volitivi che possono essere registrati nell’elettro-oculogramma durante il sonno REM verificato dalla polisonnografia.

Stando ad una raccolta dati ufficiale di qualche tempo fa, gli onironauti sono molto rari e si assiste ad una variazione sostanziale nella frequenza dei sogni lucidi che va da: mai (circa 40-50%) a mensili (circa 20%) a una piccola percentuale di persone che sperimentano SL più volte alla settimana o in alcuni casi ogni notte. Questa variazione invita a chiedersi se il fenomeno sia correlato a differenze individuali nelle proprietà anatomiche o funzionali del cervello, parlando proprio in termini di volume e di struttura.

Addentriamoci nella grande matassa di reti neurali che ognuno di noi possiede. La corteccia prefrontale, parietale e temporale media laterale mostrano un basso livello di rCBF (Regional Cerebral Blood Flow) durante tutto il sonno, inclusa la fase REM (sogno). È stato ipotizzato che l’ipoattività di queste regioni sia alla base della ridotta consapevolezza di sé e del controllo volitivo durante il sogno.

Escludendo esperimenti che hanno riguardato individui singoli, le quali conclusioni devono ancora essere soggette a riscontri ufficiali su un grande numero di persone, le prove che collegano le regioni frontopolari e parietali al sogno lucido sono coerenti con il ruolo di queste regioni nelle funzioni metacognitive. Ad esempio, la ricerca ha scoperto che aPFC mostra una maggiore attivazione durante l’autoriflessione sugli stati interni, come la valutazione dei propri pensieri e sentimenti. Gli individui possono anche imparare a modulare volontariamente l’attività in aPFC attraverso strategie di consapevolezza.

La varianza interindividuale nell’abilità metacognitiva è stata anche collegata al volume di materia grigia aPFC e sua connettività funzionale. Infine, i pazienti con danni a questa regione mostrano frequentemente deficit come l’incapacità di monitorare i sintomi della malattia o di valutare accuratamente il loro funzionamento cognitivo, simili alla mancanza di comprensione metacognitiva dello stato di coscienza globale caratteristico del sonno REM non lucido.

Sono stati condotti numerosi altri studi, più recenti, in merito. Per chi volesse approfondire, clicchi QUI.

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