10/12/20 - Autoprigionia.
Pisolino delle 17:00.
Diario onirico/Mild
Livello di lucidità 3/10.
I pacchi gialli di un mio amico a distanza sono arrivati, posizionati sopra la mia valigia. Eccitato, inizio a scartarli. Lui intanto è al telefono. Mi rendo conto che è un sogno.
Mi ritrovo nel mio letto, una via di mezzo tra casa mia e l’hotel nel quale sto alloggiando. Respiro attraverso le narici tappate.
C’è qualcuno con me, che prima mi ha incitato a provarci.
“Vedi?”
Lo faccio più di qualche volta per esserne davvero sicuro. Esulto. Mi impongo di percepire bene la stanza mentre mi alzo dal letto. Il colore predominante è il grigio.
C’è un ostacolo con le lenzuola che mi ha impedito due volte di superare il letto.
Faccio fatica a fare i movimenti e sembra che parte della mia visuale sinistra sia danneggiata. Mi dico che posso usare comunque quella restante ed ignorare la difficoltà nei movimenti. Mi accorgo dal vetro delle finestre che fuori c’è il mare ed è piuttosto agitato. È quasi l’alba. Un desiderio ancestrale mi spinge ad uscire per sorvolare le onde, ma scavo tra i ricordi per capire quale deve essere la prossima mossa del programma prestabilito da sveglio, ammutolendo la naturalezza e l’istinto.
Cerco una parete libera per provare a far apparire una porta verde alle mie spalle e usarla per viaggiare nel tempo.
Penso di farlo attraverso le ante degli armadi dell’hotel ma niente: mi impongo di seguire alla lettera ciò che mi ero imposto di fare, limitandomi.
Dopo essermi ritrovato di nuovo a letto, attraverso con fatica ancora una volta l’ostacolo delle lenzuola.
La stanza diventa sempre più simile a casa mia. Raggiungo la cucina che è ben illuminata.
Ora riesco a muovermi bene, finalmente. Quando mi volto senza concentrarmi ma solo per provare il movimento, vedo il mio riflesso sfocato sulle mattonelle lucide e bianche della parete. Mi volto una seconda volta, provandoci davvero, scoprendo le porte scorrevoli dei balconi di casa mia. Lo prendo automaticamente come un fallimento (anche se sarebbe potuta essere una vittoria) perché do per scontato che io fossi sempre stato lì davanti o che ci fossero sempre state anche se prima non c’erano. Sento la lucidità scivolare tra le dita.
Io continuo a volere la porta verde.
Ci riprovo con più concentrazione. Resta sempre quella frenesia di sottofondo che mi spinge al volo sulle onde e a cedere al loro ammaliante, lontano richiamo.
Intanto sul letto di fianco a quello dal quale mi sono alzato continua ad esserci la presenza iniziale.
All’ultimo tentativo, immagino bene la materia di legno verde della porta che voglio far apparire, e finalmente la vedo, ma è dietro gli strati di vetro opaco del balcone. Tolgo gli strati uno alla volta, spostandoli in ogni direzione freneticamente. Scopro che quella che ho fatto apparire è una porta debole e bucherellata che si alza e si abbassa con una corda sottile, ma nemmeno completamente, e sembra stia per cadere a pezzi. Dietro, una donna canta musiche neomelodiche coi capelli al vento, la carnagione scura, con una tuta corta viola e aderente. Nel mentre si fa riprendere col cellulare dalla figlia. I denti posteriori leggermente anneriti.
Per tutto il tempo ho avuto il desiderio di gettarmi verso quel mare e volare libero, e dopo questo fallimento finalmente mi arrendo e decido di dare sfogo a questo ardore, superare le finestre e sfrecciare sopra quelle creste grigie e turbinanti.
Ci sono quasi. Le onde sono grandi e bellissime, hanno un’aura in controluce blu/violetta, sembrano diamanti sciolti. Rimango affascinato per un attimo. Mi accorgo di aver svegliato mia madre, che accende le luci, e il tizio che era sul letto accanto diventa mio fratello. Mia madre dice qualcosa. Faccio per lasciarmela alle spalle, di lanciarmi sopra quelle criniere bellissime, ma prima di raggiungerle, mi sveglio.
***
13/12/20 - La Tela Onirica.
Melatonina.
Livello di lucidità 7/10.
C’è un sole limpidissimo.
Sono sul set coi ragazzi del cast. Dobbiamo girare in un posto medievale, credo, c’è tanto muschio, mura scure e sgretolate intorno.
Ci spostiamo su un precipizio che da sul mare, molto ampio e ha la forma di un quadrato. Si palesa improvvisamente quello che sembra essere un cavaliere biondo con un arco. Dice che dobbiamo stare attenti perché inizierà a scoccare le sue frecce contro un suo amico per ucciderlo e le probabilità che possa uccidere anche noi sono alte.
Quando comincia a scoccare, iniziamo a correre a caso, dapprima penso stia scherzando o comunque che le frecce non uccidano davvero, o che è una specie di gioco che fanno tra loro, ma ogni volta che il suo amico ci passa vicino noi dobbiamo accovacciarci o nasconderci alla bell e meglio perché le frecce si fiondano davvero nelle rocce intorno e nel prato.
Il suo bersaglio si avvicina, mi nascondo dietro il primo tronco d’albero che trovo. Riesce a prendere il malcapitato e lo uccide. Resto allibito. Ora sta puntando me. I suoi occhi glaciali nei miei. Scocca la freccia. Mi prende di striscio. No. Mi ha colpito al fianco sinistro, dietro la schiena, in basso. Scappo verso destra. “Perché punta me?” Chiedo a me stesso e a qualcuno del cast che mi passa svelto vicino. “perché io devo essere il secondo?”. Strappo via la freccia dal corpo, svelto. Nessun dolore. Corro più che posso quando vedo una striscia di mille frecce dalla punta gialla venirmi contro, veloci.
Senza riflettere, arrivo spavaldo al limitare del precipizio, mi lancio nel vuoto, sopra il mare sottostante, tuffandomici a pesce ma spalancando le braccia.
Mi sono lanciato da un punto davvero alto, me ne rendo conto ora che guardo verso il basso nella frazione in cui il mio corpo sta compiendo a rallentatore l’arco iniziale del lancio. Vedo i riflessi del sole su qualche onda, che intanto tramonta, poi mi accorgo di migliaia di gradini che dal basso arrivano fino al punto da cui mi sono lanciato, da qui sono minuscoli.
Sempre nella frazione iniziale, penso:”e ora cosa faccio? Mi sono lanciato, è sicuramente stata una scelta geniale perché non potevo fare altro...
ora mi aggrappo alle scale? sono lontane...
spero che il tipo non mi stia ancora puntando. Potrebbe ancora prendermi” alla fine di questo dialogo interiore mi rendo finalmente conto di stare sognando.
Volo. Libero. Sopra un lontano specchio d’acqua che inizia a diventare rosso/rosa e che si espande sotto di me a perdita d’occhio.
Dapprima mi lascio andare alla casualità del corpo, poi mi diverto tantissimo provando e riprovando, testando come uno scienziato le mie capacità di controllo del volo.
Sapevo già di aver capito il metodo perfetto per volare, grazie ad altri lucidi, ma ora sembro completamente arrivato alla consapevolezza suprema.
Quando sfreccio verso il basso e temo di cadere troppo, riesco a fermarmi con precisione centrandomi e richiamando/percependo bene il corpo e l’energia stabile che lo sorregge.
Quando sfreccio in avanti e mi fermo di botto, nessun segno di instabilità. Vado verso destra o sinistra in modo pacato, controllato e mi fermo anche qui con una precisione spaventosa.
Per un secondo penso di aver intravisto delle linee verticali ed orizzontali appena dietro il panorama che sto sorvolando, tipo le linee dell’equatore, o lo scheletro che sorregge la tela onirica.
Il contesto cambia.
Sto volando dentro al mio quartiere. È sera.
Mi sto ancora divertendo con la mia nuova, amatissima skill.
Mi avvicino a un punto alto dell’edificio che prima era in rovine ma che ora è un distretto, solo che qui è rosso. Mi avvicino molto e per un secondo faccio in modo che una delle sue pareti sia la mia unica fonte di sostegno percependo in modo chiaro le due fette di energia sotto le piante dei piedi sgusciare via da esse privandole di stabilità. Poi penso che non devo preoccuparmi, che posso lasciare la presa, lasciarmi cadere nel vuoto e richiamare l’energia intorno al corpo subito dopo, dopo solo un secondo senza far durare troppo la discesa ed evitando, così, di sentire quella sensazione fastidiosa di caduta libera.
E così faccio. Lascio la presa. Cado per un metro circa, e un secondo dopo sto galleggiando nell’aria con la piena tranquillità e il pieno controllo. Continuo a volare tra i palazzi, ma da questo punto i ricordi vengono meno perché penso di aver volato in un altro scenario completamente diverso e per cui perdo completamente e drasticamente lucidità.
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Data non identificata. - Silenzio.
Diario onirico/Visualizzazione per un rilassamento profondo prima di addormentarmi.
Livello di lucidità 5/10.
Sono in un salone gigante con tante porte alle pareti e ci sono tante persone. Sono con M, un’amica delle medie, mi rendo conto di star sognando. Subito lo dico a lei, ma non reagisce.
Guardo tutte le persone, che ora sono tantissime e fanno un casino assurdo. Lancio un urlo molto forte per farli sparire. Tutti vanno a nascondersi nelle porte, l’eco del suono che sfuma gradualmente dei loro passi veloci è rilassante. Ora lo spazio è libero e silenzioso. Finisco in una delle porte. Entra qualcuno che cerca di farmi perdere lucidità. Lo schiaccio e lo accartoccio sotto di me, calciandolo con la pianta del piede sinistro.
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28/12/20 - La [P]orta.
Nessuna tecnica o annotazione da Giovedì 24 dicembre.
Livello di lucidità 6/10.
Sveglia impostata 5 ore dopo l’addormentamento per tentare la Wild ma con resa dopo 10 minuti circa.
Risvegliato alle 12:00.
Siamo in un quartiere abbandonato con tanti grattacieli in rovina, è una gita scolastica. All’entrata c’è la porta della mia stanza sul pavimento.
So che il luogo brulica di zombie, e diventa una fuga e una lotta tra noi e loro.
Si fa sera, resto da solo. Ho il telefono al 12% di batteria e un’altra fonte di illuminazione tecnologica che ora non riesco a identificare che invece è al 2%. Prego Dio (non sono credente), scendo le scale, un senso di terrore si propaga gradualmente nella gola. Non trovo l’uscita, e quando la trovo riguardo la porta di camera mia a terra, penso che almeno avrebbero potuto metterla in un posto migliore che buttata lì, resta comunque un ricordo del mio passato (è la porta di una camera in cui vivo ancora). A questo punto faccio per voltarmi ma non riesco.
Penso che ad impedirmelo sia una forza più grande. Alla mia sinistra c’è una porta verde completamente aperta e mi faccio aiutare da questa per voltarmi. Lentamente, con tutte le mie forze, lascio che il mio braccio sinistro faccia da gancio facendo leva sulla porta, riuscendo a spingere il mio corpo nella direzione opposta per voltarmi. Sento dei passi da fuori avvicinarsi, è molto probabile sia uno zombie, quindi richiudo la porta istintivamente. Inizio a prendere un po’ di lucidità, quindi risalgo le rampe per lanciarmi e volare.
Mentre riprovo a tornare lì dietro spunta un tizio, urlo un “NO” e scatto scappando lontano da lui, ma vedo che annuisce tranquillo, allora capisco che non è uno zombie, e lo riconosco anche. Guardo alla mia destra attraverso i finestroni in rovina e fuori ci sono di nuovo i gruppi di ragazzi di ieri che si sfasciano di birra e si divertono, con i fuochi nei secchi arrugginiti.
Dico al ragazzo incontrato che sono rimasto tutta la notte qui, ma questo in parte mi fa sentire alla sua/loro altezza.
Vado su per effettuare questo benedetto volo, ma mi ritrovo giù all’entrata principale dell’edificio. Qui penso di poter essere finalmente d’accordo sul fatto che in sogno i sensi sono molto amplificati; ora è giorno, il cielo è limpido. Sulla destra c’è un mare di un blu bellissimo e compatto, il suono delle onde è chiaro e cullante (perché, scoprendolo al risveglio, nella realtà stava tirando un vento anomalo, molto probabile sia stato questo stimolo a ricrearlo).
Masticavo una gomma ed era davvero succosa.
Volto l’angolo di questo palazzo dalle mattonelle rosse e col tetto a punta, mi dico che qui devo alzarmi in volo, ma tutta questa chiarezza dei sensi/senso di realtà assoluta mi fa capire che sto per svegliarmi, quindi faccio per sfregarmi le mani ma ho tante maglie a maniche lunghe che coprono la mano sinistra e ripetutamente allungo il braccio o tiro su le maniche senza riuscirci. Di nuovo un secondo di meditazione sul luogo. Vedo una persona che passeggia davanti all’edificio dal quale sono uscito, dietro c’è un altro che scopre i denti appuntiti, è uno zombie/vampiro. Dietro un altro ragazzo normale che se ne è accorto e fa per allarmare, ma qui mi sveglio.
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01/01/21 - Il Vortice Stellare.
Diario onirico/ADA
Livello di lucidità 8/10.
Sono sbucato dalla metro, è sera e sta piovendo.
So di essere a Milano, anche se noto che è diversa dalla Milano che ho conosciuto nella realtà. Vedo case tutte uguali col tetto a punta, e sembra molto più tranquilla rispetto alla Milano nella quale sono stato.
Mi guardo intorno con attenzione richiamando insieme due sensazioni contrastanti tra di loro, mettendole a confronto e assaporandole: quella che mi da questa Milano e il ricordo di quelle che mi ha dato la Milano in cui ho lavorato.
Mi dico che quella in cui sono adesso è molto meno italiana perché è ancora più vicina alla Svizzera. Questo mi fomenta:
Mi giro ancora intorno per assorbire con tutti i sensi la dolce impressione di essere fuori dall’Italia o quasi, finalmente per la prima volta in vita mia.
A questo punto mi dico “è in queste situazioni che devo fare i test di realtà”, quindi mi tappo il naso e scopro di riuscire a respirarci attraverso comunque.
Sembra che il rendermi conto che si tratti di un sogno destabilizzi la situazione, perché un punto della tela sulla quale è dipinta la materia onirica sembra strapparsi e cedere per un attimo, traballando. C’è qualche interferenza. Temo che il mio corpo sul letto abbia alzato una palpebra e l’abbia richiusa velocemente. Subito dopo, sullo sfondo delle case vedo alcune luci rosse scattanti, temo che anche queste vengano dal mondo reale e che stiano per svegliarmi.
Sfrego velocemente le mani per stabilizzare e faccio per spostarmi da dove sono, scansando agilmente un signore col cappuccio che mi taglia la strada. Acquisita la stabilità, mi ritrovo su un’altura, ho i tetti dei palazzi inghiottiti dall’ombra della sera sotto il naso, spalanco le braccia e mi lancio.
Sorvolo il sogno, per l’ennesima volta in queste esperienze.
All’inizio il corpo sale più di quello che mi aspettavo, allora mi concentro per avere il massimo controllo del volo. Per fare questo ho alzato istintivamente gli avambracci tenendoli un po’ vicini al busto, impossibilitato nell’aprire completamente l’anulare sinistro per qualche strano motivo.
Ora è giorno, mi ritrovo in giro tra i paragi di casa mia. Dal basso volo fino al balcone della mia vicina, ma in realtà ero intenzionato a raggiungere il mio. Questo mi fa capire che sto perdendo la lucidità, quindi faccio un altro RC sperando con tutto me stesso di non essermi svegliato.
Mi tappo il naso: riesco a respirare, allora mi lancio dalla finestra alla mia sinistra per rimettermi in volo e nel mentre parlo al telefono con A, una mia amica d’infanzia.
È già di nuovo sera, credo notte fonda.
Guardo il cielo, verso sinistra nella direzione che prendo spesso per andare a trovare mio padre; sullo sfondo notturno si stagliano galassie e costellazioni luminescenti di ogni colore, con una pozza più scura della notte appena dietro, al centro, che ne risalta i riflessi e le sfumature. I fasci multicolori, brillanti e luminosi, dall’alto scendono verso il basso formando una spirale, questa racchiude - ma è anche circondata - da migliaia di stelle e concentrati di colori che si muovono lentamente, pacificamente e in sintonia, contornati da effetti simili a un’aurora boreale infuocata che danza quasi all’unisono. Sono estasiato. Lo dico ad A, ma povera di entusiasmo mi espone un grigio “che figo”.
È ferita? Invidiosa?
Ignorando la cosa, mi do l’obbiettivo primario di raggiungere quell’ammasso di stelle e pianeti per volarci attraverso e mi spingo verso di esso, in volo, svolto l’angolo dove un tipo del quartiere tiene due bulldogs, mentre A, inizia a parlarmi di mani cure, sempre al telefono, ma poi me la ritrovo davanti; è sotto casa del tipo dei cani, seduta a un tavolo, un po’ più in là ci sono anche le sue sorelle e sua madre.
Lei le prende in giro, o loro a lei, perché le unghie che si è appena limata sono troppo opache. Il sogno sta provando a farmi perdere di nuovo lucidità, ma l’obbiettivo del vortice stellare è ancora integro e riesco a non farmi abbindolare dal copione dalle leggi che governano il sogno. Rifaccio ancora una volta il RC della respirazione prima di scusarmi:”Ora devo andare. Ci metto un secondo” interrompendo A e la sua famiglia. Palesemente non sono ancora del tutto lucido, perché ho sentito il bisogno di giustificarmi con delle proiezioni della mia mente.
È di nuovo giorno. Provo a volare ma riesco solo a compiere qualche salto gigante sul grande viale centrale del mio quartiere, ritrovandomi poi nel punto opposto: fuori a un supermercato lì vicino. Quando svolto l’angolo, compare un gatto bianco e nero, che fa per scappare via. Lo inseguo simulando miagolii per avvicinarlo, quindi si ferma.
Penso che magari può sentire che sono in un sogno, o che questo gli concede di percepire i miei pensieri. Mi abbasso sui talloni forzandomi di stabilire uno scambio o una connessione con lui, pensando intensamente “Sto sognando, lo capisci? Ti amo”.
Si siede a pochi centimetri da me, ha un paio di occhi taglienti sul verde/giallognolo. Quando inizio ad accarezzarlo mi stupisco per essere riuscito nel mio intento e, rivolto al gatto penso “mi senti davvero, è assurdo.” ma dal momento in cui ho iniziato ad accarezzarlo la sua immagine ha iniziato a deformarsi; gli occhi si sono allargati verso il basso e sulla sua faccia si è aggiunta una macchia gialla.
Riprendo la direzione per il vortice stellare, scoprendo che fino a quel punto non avevo ancora capito che siccome è giorno non potrò più vederlo.
Fatto ‘sta che ora sono dietro la super strada che circonda il mio quartiere, in mezzo all’erba folta e di un verde quasi accecante da dove scorgo i dorsi di un branco di cani randagi, grandi, feroci e pronti ad aggredirmi, quindi chiudo gli occhi per alzarmi in volo, attiro la calma dentro il mio corpo e immagino quest’ultimo con nulla intorno se non la terra lontanissima dai miei piedi, rilassandomi completamente, abbandonandomi.
Quando riapro gli occhi, mi ritrovo sopra un muretto alto solo circa 60cm, ma almeno è servito a far sparire i cani e in compenso ne appare uno alla mia sinistra che cerca il mio braccio elemosinando coccole. È picciolo, di un beige scuro. Avvicino la mano destra per accarezzarlo. Apro gli occhi. Afferro il telefono per trascrivere il tutto.
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