Questo è un sogno che ho avuto all‘età di circa 16/17 anni, che dopo il risveglio mi ha lasciato un senso di stranezza interiore per qualche giorno.
È una notte, umida e fredda, l‘ideale freschetto autunnale. Cammino affiancando il marciapiede da bordo strada, a passo molto svelto, quasi corsa, e guardandomi attorno scrutando il luogo che sto percorrendo come se lo conoscessi bene, ma non mi ci trovassi piú da tanto tempo sufficiente a non farmi ricordare precisamente dove si trovasse un determinato punto, con il fare di chi sta cercando con urgenza e fretta qualcosa. È un caseggiato di villette.
Il buio è quello di una notte di mezza luna senza lampioni.
Mi stanno cercando, inseguendo, e sono sempre piú vicini.
“Sì. Mi sembra... Dovrebbe essere qui dietro“ Mentre penso cercando di mantenere la concentrazione e il sangue freddo, scosto i rami di un cespuglio (alto come me, largo due volte me) mo‘di siepe dalla forma selvatica, incolta, che poggiava contro la parete esterna laterale di una villa; installato in tale punto del muro (nascosto dalla siepe) c‘è un particolare apperecchietto fisso al muro, piatto, rotondo, di alluminio carteggiato e retroilluminazione verde (o blu) elettrico. Scosto i rami quel tanto da poter scendere i primi due dei tre gradini nascosti dal cespuglio e lo lascio facendogli riprendere la sua forma dietro di me, così da occultarmi un minimo (poichè non mi copriva completamente, vedevo la strada e il viale alberato oltre le foglie) dalla vista dei miei inseguitori.
“Tanto“, pensavo erano sufficienti quei pochi secondi per potermi infilare là dentro dove nessuno potrà trovarmi.
Intanto il giardino viene puntato con dei raggi di torce elettriche che si muovono freneticamente da un punto all‘altro per cercarmi.
“Se non mi sbrigo mi troveranno“.
Compongo una breve sequenza dei pulsanti retroilluminati di quell‘apparecchietto fisso sul muro, guardo verso il basso e c‘è un quadro elettrico, ma è solo appoggiato.
Lo sposto scorgendo un piccolo passaggio buio. Scendo il terzo gradino e vi entro.
Sono in dei condotti, intercapedini, cantine. Mi rigiro e chiudo dietro di me un portello di metallo arruginito, impolverato e pieno ragnatele, con una maniglia centrale, circolare che ricorda quelle porte dei cavó (o come si scrive) delle banche. Ok, qui sono al sicuro... da loro... ma questo posto è pericoloso, nessuno dovrebbe mai entrarvi. (Tutto l‘ambiente è nelle stesse condizioni del portellone).
Alzo una mano e la infilo al di sopra di alcuni tubi fissati al basso soffitto (i quali, umidi, gocciolano di un liquido verde acceso) per cercare qualcosa.
L‘aria che si respira ha quell‘odore di muffa tipico della cantine senza intonaco (odore che mi ha sempre affascinato). Intanto penso: “Qui sarà pieno di quelle creature malate“ “Quelle...povere creature malate...“ mi sento quasi in colpa di pensarle con ribrezzo, la vita è stata crudele con loro, devono vivere una tremenda esistenza... “non meritano altri sentimenti negativi...“. Questi pensieri non fanno in tempo a concludersi prima di notare in un angolo un piccolo coniglietto... senza pelle (vivo). Aveva tutta la carne in vista e gli mancava una buona parte di testa. Mi guarda. Non ho nessun soprassalto, lo guardo. Intanto, pervaso da un principio di senso di tristezza nei confronti di quel povero essere, afferro una scatola di cartone da sopra quei tubi sul soffitto. Tiro giú una tavola Ouija. Mentre l‘abbasso quel cucciolo di coniglio viene verso di me e nello stesso tempo spunta da dietro un altro angolo una specie di cane (mi arriva piú o meno all‘ombelico). Anch‘esso senza pelle, ha carne rosea e a tratti rossastra, umida. Questa creatura è molto particolare: non ha occhi nè denti e gli manca un pezzo di mascella, il corpo è gonfio in alcuni punti, la schiena scende un po‘ e dove dovrebbe avere la coda ha un‘altra testa, piú piccola e piú stretta.
Il senso di tristezza che prima era al principio ora è al culmine.
Non ho la ben che minima sensazione di ribrezzo.
Mi trovo col coniglio alla caviglia che cerca di afferrarmi delicatamente il tessuto dei jeans che indosso, e col cane davanti a me che sembra leggermente timoroso e mi annusa ad un fianco. Gli do una carezza delicata sulla testa con una mano e con l‘altra mi abbasso e l‘appoggio dietro la nuca/schiena del coniglietto carezzando anche lui.
Provo un sentimento stranissimo, come un mix di tristezza, tenerezza, angoscia, commozione...
Qui finiscono i ricordi...
Secondo voi cos‘ha significato questo sogno?