da Alrescha » 16/02/2022, 1:47
Un sogno lucido pomeridiano grandioso. Di quelli che ti fanno ricordare perché i sogni lucidi sono così affascinanti.
Evocare antichi dei
Sono andata a dormire alle 14h30 e mi sono svegliata alle 17h circa.
Nel primo giro ho avuto un sogno lucido di quelli fra lucido e falso risveglio. Nel senso che ero lucida e consapevole di sognare, ma ero ancorata al mio letto e non riuscivo a muovermi come se fossi legata alla realtà ed al fatto che dormissi in una determinata posizione.
Vi basti sapere che al mio fianco c’era un PO uomo e dato che non potevo muovermi, ho sperato che almeno potessi divertirmi in qualche altro modo. Probabilmente ho infulenzato il comportamento del PO con il mio desiderio e di sensazioni ce ne sono state eccome, e pure sorprendentemente reali.
Qui ho un microrisveglio, ma ritorno ad addormentarmi.
Sono in macchina con quella che sento essere mia nonna (in realtà è un PO sconosciuto). È lei a guidare e prendiamo una salita verso un vecchio paesino di campagna arroccato su una collina.
Fuori c’è un sole splendente, è mattina. Lei ferma la macchina su un parcheggio della strada prima che finisca la salita e prima di arrivare al centro del vecchio paesino.
Scendiamo entrambe dalla macchina, una macchinina grigia minuscola e squadrata come di quelle che si possono guidare senza patente, e lei mi dice che deve andare a trovare una sua amica.
<<Certo, ti accompagno>> le dico.
Ma lei mi guarda teneramente. Noto che ha i capelli biondo/grigiastri un po’ mossi fin poco sopra le spalle, gli occhi allegri, è truccata e vistita bene ed elegante con un giubbettino bianco leggero e primaverile ed un gran sorriso.
Mi dice <<cara, non ti ho portata qui per accompagnarmi, ma perché tu potessi volare via. Salta e vola via, Elisa>>.
Rimango un istante sbigottita, cercando di trovare il senso alle sue parole ma sento risvegliare in me la coscienza. Come in una specie di trance, corro verso destra dove c’è un dirupo a bordo della strada in cui comincia un bosco. Salto...e spicco il volo!
Qui la mia coscienza si risveglia del tutto, se prima ero in dubbio, ora prendo controllo. Purtroppo con il balzo e la presa di coscienza, la visione passa da prima a terza persona in quel preciso istante. Decido di andare verso sinistra e superare il dirupo. Il corpo onirico segue il mio volere. Valuto i rischi di fare tutto il sogno lucido cosi in terza persona e rischiare di perderlo e di farlo non immersivo o cercare piuttosto di rientrare nel corpo e farlo in prima persona.
Nel frattempo, superata la collina, dietro c’è una valle che sembra quasi uscita da un film di Miyazaki, un po’ cartonata e dai colori vivaci ed esaltati come se tutto fosse dipinto.
Decido di volare rasoterra a livello dell’erba alta e colgo l’occasione per sforzarmi di prendere una visione in prima persona. Comincio l’operazione abbassandomi di quota. Passo di fianco ad una volpe irreale, dalle linee troppo sinuose, di colore arancio scuro omogeneo, gli occhi tondi piccoli e neri. Mentre il corpo onirico vola, con la visuale faccio uno zoom per avvicinarmi fino a raggiungerlo cercando di immaginare ciò che vede. Riesco a far combaciare la visione al corpo ma sento il sogno vacillare. Rischio di perderlo, ma mi aggrappo alla sensazione forte di libertà che questo lucido mi sta facendo provare e riesco a non svegliarmi (ho davvero sentito che il sogno stava scivolando via, per fortuna sono riuscita a tenerlo sufficientemente stabile).
Riprendo quota e adesso che sono in prima persona, sento il controllo più forte che mai.
Voglio esplorare questo sogno e più lontano vedo una cittadina. Decido di andare fino là.
Mi avvicino velocemente, volando. Sono abbastanza in alto rispetto ai palazzi e quando arrivo, mi accorgo che la città ha quartieri raggruppati in forma quadrata come la famosa foto di Barcellona dall’alto (lì per lì non faccio il collegamento, ma siccome avevo parlato di Barcellona con mia sorella qualche giorno fa, il mio inconscio deve averla ritirata fuori).
Purtroppo, avanzando in volo ed addentrandomi verso il suo centro, mi accorgo subito di un grosso problema: sembra che il sogno faccia fatica a creare i palazzi/gli ambienti quando guardo molto lontano. È come se le cose vicine si creassero, con le macchine che sfrecciano in normale movimento, ci siano semafori funzionanti, i palazzi siano dettagliati, ma se guardo lontano o mi volto, mi accorgo che c’è uno sfondo grigio neutro e che i quartieri, i palazzi e le macchine lampeggiano e si creano/si renderizzano solo dopo che ci ho posato lo sguardo.
Non saprei come spiegarlo in altre parole, solo che la mia mente fatica a creare tutto quell’ambiente in una volta sola e quindi preferisce crearne pezzo dopo pezzo, a porzioni, in base a cosa io do importanza, esattamente come fa un videogioco.
Mi dico che questo è un problema grosso che potrebbe rischiare di rendermi il sogno instabile.
Allora mi abbasso di quota, volando ad un paio di metri al di sopra la strada. In questo modo non vedo da lontano e la mente dovrebbe avere il tempo di creare gli ambienti in modo più semplice.
Ma quando dalla strada principale, svolto a destra su una strada un po’ più secondaria, vedo le cose avanti a me non esistere, con solo uno sfondo grigio neutro in fondo, e poi all’improvviso nuove parti della strada e dei palazzi lampeggiano e prendono forma fino a stabilizzarsi. Prima c’era solo una porzione della strada e di palazzi esistente, che terminavano dove c’era una piccolo arco in mezzo alla strada con sopra di esso una specie di struttura fatta interamente di assi di legno come se qualcuno ci avesse iniziato dei lavori, magari per mettere un insegna, e poi li avesse lasciati incompleti.
Raggiungo la struttura di assi di legno messe a caso sopra l’arco e guardo avanti dove prima c'era lo sfondo neutro. Ora che il sogno ha renderizzato l’ambiente sembra tutto normale e le macchine passano sotto l'arco come se nulla fosse.
Non so bene cosa fare, so solo che se rimango in città rischio di giocarmi tutto. In più mi dico che non ho niente da fare qui e non posso passare tutto il sogno lucido a volare.
Quindi decido di fare la task che avevo deciso in veglia l’altro giorno, dopo aver fatto un’interessantissima conversazione con Hari qui sul forum: richiamare degli dei.
In realtà è una task che avevo già fatto in passato, ma che volevo provare a rifare.
Riprendo il volo, stavolta con l’intento di allontanarmi dalla città e trovare un angolo tranquillo in cui cominciare a sperimentare.
Dritto di fronte a me vedo la fine della città e quello che sembra una spiaggia di bassi scogli rocciosi con il mare. Ciò che però è strano è che mentre qui in città c’è il sole, anche se con della foschia che rende la luce molto soft e diffusa, verso il mare tutto è nero come se fosse piena notte. L’effetto è molto particolare.
Atterro su un larghissimo tratto di scogliera che si addentra nel mare. Mi dico che il posto è perfetto e neanche eccessivamente buio grazie al fatto che la parte d'ambiente soleggiata sia abbastanza vicina.
Primo, ho bisogno di un po’ più di luce, ma penso anche che voglio fare qualcosa di grandioso e cosi batto le mani. Un fascio di luce proveniente da chissà dove nel cielo a mo’ di faro da teatro si accende immediatamente e si ferma puntando in un punto in mezzo al mare non troppo lontano da me.
Tiro un sospiro, è ora di cominciare e richiamando la discussione con Hari, il primo che voglio evocare è Anubis, il dio egizio dalla testa di sciacallo. Comincio a ripetere il nome di Anubis dentro la mia mente, mentre per rafforzare la mia richiesta al sogno, faccio dei gesti con le braccia (che in realtà non so neanch’io il perché, non hanno significato ma dalla mia lunga esperienza di SL so bene che accompagnare i pensieri ai gesti è fondamentale per ottenere quello che vuoi, basta credere che funzionerà e che sia la cosa più naturale del mondo).
Vedo l’acqua ribollire nel punto con la luce, e poi alzarsi ed aggregarsi per dare forma ad una gigantesca figura umanoide di almeno un paio di metri. La figura non è nitida e a mano a mano che si compone, cammina anche verso di me. L’acqua che la forma è nero pece, quasi non più acqua ma piuttosto una melma scura più viscosa che prende sempre più forma. Riconosco i lineamenti di una testa d’animale e il corpo di un uomo, con una piccola barba lunga e stretta come la classica iconografia egizia. Solo che mi dico che la forma della testa non è come quella di uno sciacallo.
Quando finalmente la figura è abbastanza vicina a me, ormai quasi completamente formata, capisco che non è uno sciacallo ma la testa di un coccodrillo. Questo è il dio coccodrillo egizio. La figura del dio fatta di melma nera si trasforma piano piano in una figura umana fino a diventare un uomo dalla statura alta ma almeno naturale, calvo, sui quarant’anni, fisico asciutto e di origine africana con la pelle color dell’ebano. Indossa un completo nero molto elegante. Mi fissa senza dirmi una parola, il volto serio, mentre mi passa accanto. Lo seguo con lo sguardo e vedo che si è materializzato un divano di colore nero sulla mia sinistra, poco lontano, con lo schienale rivolto verso di me. Lui si dirige lì e ci si siede in silenzio, dandomi le spalle come se fosse in attesa, paziente.
Non mi arrendo e ripeto l’operazione. Stavolta mi immagino bene che forma debba avere la testa di uno sciacallo e ripetendo il gesto delle braccia, poi grido <<Anubis>>.
L’acqua ribolle ancora, ma più vicino a me, verso le rocce. E l’acqua si innalza ancora lentamente, in verticale, ma anche la roccia stavolta si stacca in pezzetti e va a comporre la figura. Di nuovo una figura di melma nera, umanoide e poi piano piano si forma una testa allungata e due orecchie appuntite prima orizzontali e poi si posizionano ben dritte in verticale. La melma nera prima abbozza la figura e poi la definisce fino a farmi riconoscere il corpo di un uomo e la testa di uno sciacallo. Dura qualche secondo ed anche questo dio, altissimo, si avvicina fino a raggiungermi. Poi cambia forma a mano a mano che si avvicina fino a diventare un uomo dalla statura normale, anch’esso di origine africana, sui cinquant’anni, un po’ sovrappeso e con i capelli lunghi fino alle spalle, riccioluti e cespugliosi. Lui però non ha l’iconica barba egizia. Mi si ferma di fronte, sorridendo in maniera gentile, quasi compiaciuta, e dicendomi <<è la prima volta che vengo evocato>>.
Poi mi supera per andare verso il divanetto. Stavolta lo seguo e mi accorgo che seduti sul divano ci sono l’uomo-dio coccodrillo che avevo già evocato ed una ragazza sulla trentina, anche lei di origine africana, pelle scurissima e dal viso dolce e perfetto, occhi vispi e grandi, un cespuglio di lunghi capelli ricci neri ed un corpo magro e sinuoso tutto disteso sopra il resto del divano a tre posti. Anche lei indossa un completo nero elegante con una maglia bianca sotto. Lei ed il dio coccodrillo stavano scambiando qualche parola e vengono interrotti dall’avvicinarsi di Anubis che li saluta dicendo qualcosa come il fatto che sia passato tanto tempo da quando si sono visti tutti insieme.
Io studio la ragazza, è come se avessi un sospetto ma non oso dirlo. Lei mi fissa di rimando, sorridendo di un sorriso furbo, ferino e tagliente.
<<Chi sei tu? >> le chiedo.
Lei mi risponde <<davvero non sai chi sono?>>.
<<Tu sei...>> avrei voluto dire Sekhmet, la dea leonessa (avevo in lista di evocare anche lei), ma Sekhmet non è una dea esattamente pacifica ed ho paura di farla arrabbiare, così finisco per dire il nome della sua controparte buona <<...Bastet?>>.
Il suo sorriso si allarga, malizioso e bellissimo, rispondendomi <<Sono venuta prima che tu mi chiamassi>>. Anubis e Bastet cominciano a conversare mentre il dio coccodrillo sembra rimanere in silenzio, in disparte.
Avrei tantissime domande, ma voglio continuare la task, voglio di più. Ma come volto lo sguardo alle mie spalle per allontanarmi dal trio, noto che l’ambiente è cambiato. Ora siamo in una stanza vuota eccetto per il divano. Ci sono mattonelle bianche a terra. Dove prima c’era il mare aperto, ora c’è il muro della stanza con il buco per una porta, ma senza porta, che dà in un'altra stanza vuota eccetto per il pavimento in cui è rimasta l’acqua. Questa seconda stanza con l’acqua alta, sembra non essere finita ed essere per metà aperta sul fondo, come se mancasse una parete che quindi mostra l’esterno. All’esterno vedo il cielo puro, non c’è altro sullo sfondo, ed è notte ma una notte chiara con la luna piena, non come quella nero pece di prima.
Va beh, questo cambio di luogo non mi turba.
Mi metto sull’arco della porta che collega la stanza in cui sono con il divano ed i tre dei egizi e la stanza con l’acqua come pavimento. Ora voglio richiamare un dio diverso, di un’altra cultura che non sia quella egizia. E mi viene in mente un vecchio amico.
Allungo il braccio destro con la mano verso il fondo della stanza e grido <<Odino>>.
L’acqua ribolle verso il punto che combacia con il cielo aperto. Anche questa volta una massa d’acqua sale in verticale per agglomerarsi e dare forma ad una figura chiaramente umana fin da subito. E questa figura si definisce e si materializza camminando sopra l’acqua della stanza verso di me. Il volto di un uomo sui settanta, barbuto con una barba lunga bianca ed ispida, folte sopracciglia, lo sguardo severo con l’occhio sinistro colore del ghiaccio ed una benda sull’occhio destro. Il suo corpo è asciutto e allenato nonostante l’età, come un vecchio guerriero, ma i suoi vestiti sono anacronistici, sembra un nobile tedesco del 1500 con pantaloncini bombati ed anche le spalle del vestito bombate e con merletti bianchi, il vestito a strisce di colore bianco e un blu scuro. La testa adornata con un cappello con una piuma. È stranissimo e di sicuro non certo qualcosa che ci si aspetterebbe da un dio della guerra norreno.
Si ferma di fronte a me, lo sguardo severo ed orgoglioso. Mi dice che è la seconda volta che lo evoco (ed in effetti lo è davvero, in un SL di tanto tempo fa lo avevo già fatto), che non avrei dovuto chiamarlo e che evocando gli dei stavo facendo qualcosa che non avrei dovuto fare.
Io per tutta risposta gli dico che voglio chiamare anche Loki.
Mi risponde arrabbiato <<Soprattutto non Loki, te lo proibisco>>.
<<Ma io voglio incontrarlo di persona. Voglio conoscerlo>> ribatto.
E Odino mi risponde qualcosa come <<Non posso fermarti ma lo fai a tuo rischio. Io non sarò responsabile delle sue azioni>>.
Mi sorpassa per entrare dentro la stanza con gli dei egizi.
Le parole di Odino non mi toccano, sono pronta a tutto in questo lucido. Tutto va per il verso giusto per una volta!
Ripeto il gesto con la mano, ma stavolta grido <<Loki>>.
L’acqua che ribolle è in mezzo alla stanza. Non forma la figura come era successo per gli altri dei, bensì qualcosa emerge da sott’acqua. È la figura di un uomo dentro un’armatura completa pesante, scintillante. L’uomo ha anche un elmo che copre la testa e la parte bassa del volto lasciando intravedere solo gli occhi. Mentre emerge mi fissa guardingo, in posa di combattimento e sento un vago senso di pericolo. Quando finalmente tutta la sua figura è uscita dall’acqua, si avvicina a me. Si toglie l’elmo dalla testa e il senso di pericolo svanisce in un secondo perché ciò che vedo mi sorprende.
È un ragazzo fra i 25 ed i 30 anni, il volto delicato ma appuntito e magro di un colore roseo pallido che dà sul verdognolo, gli occhi color del ghiaccio ed i capelli lunghi e mossi di un giallo pallido strano, quasi acido, con delle ciocche verdi di tanto in tanto. Dà quasi l’idea di un elfo. Ha qualcosa che affascina nei suoi lineamenti e nel suo aspetto ma che disturba allo stesso tempo come accostamento strano di colori.
Ha un’espressione stanca e tristissima, ma accenna ad un sorriso dicendomi <<grazie per avermi richiamato, nessuno lo aveva mai fatto>>. Sembra sincero e provo una profonda pietà per lui.
Entra nella stanza con tutti gli altri ed io lo seguo. Nel frattempo nella stanza è comparso un secondo divano nero, con lo schienale verso il muro accanto al vano della porta in cui sono.
Loki, fa comparire una coperta con cui si copre e si sdraia disteso sul divano. Capisco che c’è qualcosa che non va.
Faccio il giro fino a poterlo guardare in faccia. Il volto è pallido, sembra sofferente.
<<che cos’hai? Senti dolore?>> gli chiedo.
Mi risponde <<il mio dolore è un bias. Non importa dove io vada, sono destinato a sentire sempre dolore>>. In qualche modo è come se mi dicesse che in realtà lui è sia qui che contemporaneamente nella grotta in cui Odino lo ha abbandonato, intrappolandolo insieme al serpente velenoso.
Distolgo lo sguardo da Loki e noto Odino in piedi poco lontano, in silenzio, che fissa Loki con sguardo fra il severo e il rabbioso, carico d’odio. Non dice una sola parola.
Voglio richiamare ancora qualche altro dio, di una mitologia diversa. Magari la greca, e mi viene in mente Atena (ho un breve flashback di una scultura greca della dea che mi passa avanti agli occhi, sento che il sogno comincia a cedere). Poi cambio idea e decido di richiamare qualcuno della mitologia greca che non vedo da tempo.
Urlo al sogno <<Morfeo!>>.
Ma l’uomo-Anubis si volta verso di me severo e mi dice <<Basta così, non vedi che stai creando un paradosso?>>. Intanto Bastet, la dea gatto, ed il dio coccodrillo si alzano dal divano e si dirigono verso una porta di legno poco lontana che non avevo notato prima e che porta all’uscita della stanza.
Qui il sogno crolla definitivamente.
"Tal fu la mia follia da fermarmi per la bestia
Di cenere macchiata e del dono portatore
chiedendomi cosa cotal creatura fosse
<<parla inquieto spirito
di qual sorte t’ha vinto,
e rivela la mia
per cui possa gioire
o versar pianto>> "
Virtualmente affine ad
Alkimist