da Citrato » 01/01/2018, 21:39
Malgrado sia da molti mesi che non scrivo in questo diario, ho avuto diversi eventi onirici consapevoli, alcuni però solo frammentari e in ogni caso molto poveri di elementi che portino a delle riflessioni. Di converso, pochi altri lucidi sono stati talmente lunghi ed intrecciati da non poter spesso riuscire a dipanare la trama di tutta la catena degli eventi ad essi collegati, senza tra l’altro poterne cogliere una vera sintesi o ricavarne una narrazione contestualizzata , in un mondo onirico di cose apparentemente sconnesse tra loro e in continuo mutamento. In questi lunghi lucidi mi si è rivelato difficile anche solo tenere traccia di tutto quello che si è manifestato alla mia coscienza. Nel seguente lucido, che appartiene alla categoria dei sogni durati più a lungo, sono letteralmente rimasto prigioniero nel sogno, anche se inizialmente accolto dall’inconscio come un ospite ben riguardato, pur tuttavia dovendo rispettare certi accordi da esso impostomi. Comunque in questo sogno ho potuto almeno individuare alcuni episodi salienti che mi permettono di fornire un resoconto più lineare dell’esperienza onirica che ho vissuto, sebbene certi elementi siano andati irrimediabilmente perduti nelle sabbie della mia memoria, proprio perchè l’apparente assenza di reciproche relazioni dotate di senso, all’interno di una finestra temporale così lunga, ne hanno reso impossibile la ricostruzione.
Sto sognando di trovarmi seduto sulla poltrona del mio salotto insieme a R., al suo cane B. e ad una sorta di randagio con cui si presuppone che B. abbia fatto amicizia. I due cani ci poggiano le zampe anteriori sopra le ginocchia e avvicinano la testa in cerca di carezze, mentre mi intrattengo a discutere con R. di argomenti vari, anche molto impegnativi. Apro il freezer perchè so di trovare dei bei gelati. Mentre i cani gustano il gelato, R. ed io discutiamo sulla presunta intelligenza degli animali. Allora provo a chiedere a B. se preferisce il gelato o il biscottino a forma di osso e lui con voce da cane che ha le corde vocali mi risponde “Gelato!”. Quindi gli chiedo se il gelato lo preferisce perchè è dolce o perchè è salato e lui mi risponde “Dolce!”. A questo punto faccio notare a R. che i cani sanno comprendere concettualmente la relazione tra il gelato e il dolce e tra un biscottino e il salato. E’ buffo che invece non ci meravigliamo affatto di sentire i cani parlare, come se tutto ciò rientrasse nella consuetudine. Sentiamo squillare il citofono e immaginiamo che si tratti di A., con il quale si suppone ci fossimo dati appuntamento. Giungo fino al portone per aprirgli e farlo entrare, ma lo trovo in strada, ad una certa distanza da me, mentre una nebbia fittissima ci avvolge. Esco di casa e provo ad avvicinarmi a lui, ma lo vedo correre lungo la strada e allontanarsi, mentre salta come un grillo sulle sagome poco definite delle automobili avvolte dalla nebbia. Provo ad inseguirlo e a chiamarlo a voce alta, ma i miei passi diventano sempre più pesanti fino ad impedirmi di muovermi. A quel punto l’insieme delle circostanze mi fa intuire che forse si tratta di un sogno, ma vedo che tutto inizia sempre più ad appannarsi e mi sento ormai appeso ad un ultimo filo di consapevolezza, la quale tuttavia mi suggerisce di non demordere o lasciarmi prendere dal panico, ma di predispormi serenemente sul piano mentale e provare a recuperare la lucidità. Pertanto mi sforzo nuovamente a camminare e, sebbene i miei passi siano inizialmente ancora troppo pesanti, inizio a sentire le gambe sciogliersi e le ginocchia articolarsi. A ogni passo conquistato aumenta la scioltezza dei movimenti così come la lucidità stessa. Comprendo che tutto dipende dalla mia predisposizione nel convincermi di trovarmi in un sogno che non svanirà, almeno finchè affermerò mentalmente la mia volontà di rimanerci, sgomberando la mente da possibili ansie o pensieri che mi riportino alla veglia e vivendo l’esperienza come fosse un’altra realtà dove ogni pensiero è anche un atto che genera i suoi tangibili effetti all’interno della dimensione onirica in cui sto vivendo. Più mi concilio con queste affermazioni, maggiormente riesco a guidare in modo fluido la mia volontà, fino a che non vedo il sogno riprendere la sua nitidezza, riuscendo anche a riguadagnare completamente la mobilità e a trovarmi circondato da un ambiente che riproduce in modo fedele la fisionomia del luogo in cui vivo. Nel frattempo A. si è del tutto dileguato, mentre proseguo a camminare lungo il marciapiede, notando una casa in cui pare che qualcuno abbia lasciato il portone aperto. Decido di varcarne la soglia e di salire la rampa di scale che conduce al primo piano. Qui trovo un ambiente molto spazioso ed illuminato, con larghe vetrate alle pareti e un tipico arredamento da ufficio. Inoltre, scorgo la presenza di E., un altro dei miei amici, che seduto ad una delle scrivanie pare affaccendato nello sbrigare qualche cavillo d’ufficio. Pertanto mi avvicino a lui, il quale mi saluta e mi inizia a fare dei discorsi non molto chiari che sembrano comunque quelli di un consulente che vuole offrirmi una qualche proposta commerciale. Mentre discute con me, noto che oltre la vetrata che gli sta alle spalle il cielo è ormai buio e che ci troviamo come in uno dei piani più alti di un grattacielo, da come posso appurare notando dalla distanza una lunga fila di macchine dai fari accesi che percorrono la strada sottostante. Ben consapevole del fatto che sto sognando, chiedo ad E. di andare al sodo e di rivelarmi se dietro la sua figura si nasconde in realtà il mio inconscio. E. mi accenna un sorriso piuttosto ironico e mi dice che in realtà “lui lavora per il principale”. Immagino che nel menzionare quella qualifica si riferisca proprio al mio inconscio e pertanto gli chiedo di poterlo contattare per me. A questo punto E. mi lancia un’occhiata di redarguizione e con atteggiamento severo mi dice “Sta ben attento a non fare troppe domande in questo sogno, altrimenti faremo immediatamente crollare la tua lucidità”. Rimango basito da questo suo avvertimento e provo la sensazione di non aver in realtà alcuna voce in capitolo in merito alla decisione di controllare i miei sogni lucidi. Al contrario, quel monito mi fa intendere che il mio inconscio potrà decidere a suo piacimento se farmi rimanere o meno all’interno del sogno, come se fosse il vero signore dei sogni e avesse una autonomia senziente indipendente dai miei voleri. Pur rimanendo in silenzio, accenno una smorfia per far comprendere ad E. di accettare le condizioni che mi sono state imposte, quando d’un tratto parte una videochiamata da uno smartphone poggiato sulla scrivania. La chiamata è in viva voce e posso finalmente sentire la voce del mio inconscio mentre mi da il benvenuto all’interno del sogno lucido, fornendo inoltre delle istruzioni ad E., affinchè mi guidi come una sorta di Virgilio all’interno delle “stanze del sogno”. E’ una voce greve, pacata e molto rassicurante, dal timbro di un signore avanti con gli anni. Inoltre, faccio per avvicinarmi al display dello smartphone, nel tentativo di scoprire dietro quali sembianze si cela la figura di questo mio inconscio. Ecco che posso finalmente vederlo: trattasi di un uomo di mezza età, seduto su di una sorta di trono, vestito con un abito talare simile a quelli dell’antica Grecia, di colore bianco e con delle fantasie geometriche colorate in blu. Ha un aspetto davvero molto regale, due occhi azzurri sfolgoranti ed estremamente consapevoli, dei tratti fisiognomici molto delicati, quasi femminili, una barbetta bianca molto ben curata e un sorriso molto ironico come di chi ostenta grande sicurezza di se. A questo punto E. si alza e mi invita a seguirlo per poter finalmente esplorare gli ambienti del sogno. Dopo aver attraversato un lungo corridoio, dove non ho perso tempo ad esplorare ogni possibile percezione sensoriale come ad esempio toccare i muri o percepire il movimento delle mie gambe mentre camminavo (tutto come nella vita reale), ci ritroviamo all’interno di una grande sala semi oscurata e con delle grosse vetrate sporche o appannate, collocate su di una delle pareti. A guardare con più attenzione, mi accorgo che la sala è in realtà una sorta di campo da basket al chiuso e ormai dismesso, da come posso capire sia dalle linee di campo dipinte sul pavimento e ormai sbiadite, che dalla presenza dei canestri senza rete appesi alle due opposte pareti. A questo punto E. mi lascia solo, mentre su una delle pareti iniziano ad apparire delle immagini animate e variopinte. All’inizio vedo scorrere immagini che riterrei un po’ banali, come la presenza di una sorta di stella cometa seguita da Babbo Natale a bordo di una slitta volante trainata dalle immancabili renne. Davvero non riesco a spiegarmi che nesso vi sia tra me e queste immagini, dato che non sono solito dare troppa importanza a questo genere di cose. D’un tratto la parete si oscura per poi reilluminarsi completamente e far apparire in rassegna tutta una serie di dipinti davvero meravigliosi, che mi lasciano quasi senza fiato, molto simili agli affreschi della Cappella Sistina, sia per le tinte utilizzate che per il tipo di soggetti rappresentati, che sembrano evocare eventi biblici tuttavia assolutamente inediti e quindi puramente frutto della mia immaginazione. Purtroppo non posso comunicare al lettore altri dettagli su questi affreschi che ho avuto la fortuna di ammirare, vista la loro complessità, il mistero sul loro significato e la mia ignoranza in merito alla storia dell’arte. Se fossi stato un critico d’arte, allora probabilmente avrei saputo dare loro una più esatta collocazione tassonomica. Posso solo dire che somigliavano a degli affreschi rinascimentali come quelli di Michelangelo. Dopo diversi minuti riappare E. e mi invita a seguirlo per visitare altri ambienti del sogno. Dopo aver attraversato altri dedali di corridoi ci ritroviamo finalmente all’interno di un sontuoso salone, arredato sia in stile Vittoriano che Luigi XIV, e brulicante di persone intente a discutere animatamente tra loro, come se appartenessero a un qualche circolo di intellettuali o di filosofi. E. mi ribadisce di non provare assolutamente a fare domande e di limitarmi semmai ad osservare tutto quello che accade. E’ un vero peccato, perchè quella sarebbe stata per me una grande occasione per fare interviste a quei PO, ma decido di non venir meno agli accordi fatti con il mio inconscio, limitandomi ad osservare tutta questa gente che non ho mai visto nella realtà, intenta a dire cose che purtroppo non sono stato in grado di discernere. Proseguo la mia visita guidata, seguendo E. per altri lunghi ed interminabili corridoi semi oscurati, mentre rifletto sul fatto che in questa mia esperienza onirica sembra non esservi alcuna differenza con la realtà in termini di tangibilità di tutto ciò che vedo e che sento. Tra le altre poche cose che ricordo, vi è il fatto che inizio ad inquietarmi all’idea che questo lucido stia durando così a lungo. Vengo dunque rapito dal timore che l’estremo grado di realtà del sogno, così come la sua eccessiva durata, possa riflettere un’esperienza simile a quella avuta da Eben Alexander, e che pertanto sia stato anch’io colto da un qualche malore, magari da un ictus oppure da uno stato di coma insorto durante il sonno, sicchè quell’ambiente onirico avrebbe potuto essere un meccanismo di protezione messo in atto dal mio cervello nell’attesa di morire. Decido pertanto di fare quella che io definisco “la mossa”, ovvero agitare la testa e le spalle con impeto, per cercare di destarmi dal sonno e ritrovarmi sveglio sul letto, anche a costo di tradire l’ospitalità offertami dall’inconscio. Come conseguenza del primo tentativo di mossa mi ritrovo in un ambiente completamente buio e non so rendermi conto se mi sia svegliato o meno. D’un tratto vedo aprirsi come un grosso portone: dalla luce mattutina che emana dall’esterno e che investe il locale capisco di trovarmi nella navata centrale di una chiesa, in cui posso ammirare la lunga serie di colonne romane che delimitano l’abside, come anche le decorazioni barocche alle pareti, nonchè alcune nicchie che ospitano statue di presunti santi. Noto anche la presenza di un confessionale, da cui vedo uscire un bambino che correndo esce dalla chiesa, seguito da un prete vestito in tonaca nera che lo insegue e che inveisce contro di lui. Nel frattempo vengo di nuovo colto dal timore di non poter riuscire a svegliarmi e decido di fare nuovamente la mossa, in modo ancora più violento. Mi ritrovo finalmente sul mio letto, al buio, con un filo di luce naturale che proviene dal corridoio. Decido pertanto di contarmi le dita della mano destra e mi accorgo che sono sette. A questo punto davvero inizia a salirmi il panico e faccio un ulteriore mossa con una violenza che stavolta non ha precedenti. Mi ritrovo esattamente dov’ero prima, cioè sul mio letto, in stato di paralisi e sfinito dalla fatica fatta per cercare di svegliarmi. Conclusasi la paralisi mi riconto le dita della mano, più che mai preso dalla paura di essere ancora intrappolato all’interno di un sogno. Sebbene stavolta le dita siano cinque, impiego ancora diversi secondi prima di realizzare di essermi finalmente svegliato. Invece che sentirmi ristorato dal sonno, provo un senso di sfinimento, come se non dormissi da giorni, anche perchè sono stravolto da questa brutta esperienza di prigionia all’interno di un lucido. Rifletto anche sul fatto che l’eccessiva durata dei sogni lucidi, specie se così reali, potrebbe essere controproducente per l’equilibrio della psiche, perchè davvero si potrebbe finire per non riuscire più a capire la differenza tra un sogno e la realtà nel momento in cui vorremmo svegliarci. In quel momento l’unica mia consolazione è sapere di stare ancora bene con la salute.
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