da teo » 02/07/2014, 1:38
30/06-01/07/2014
SOGNI:
Soggiorno poco tranquillo a casa di una cugina: mi trovo in macchina girando per le vie che circondano il mio liceo, la sensazione è quella di essere arrivato nella zona in cui dovevo arrivare. C'è qualcun altro che conosco che sta cercando parcheggio con la propria macchina. Trovo parcheggio, lì non è affatto facile. Scendo dalla macchina e mi avvio verso dove devo andare. Sento una voce da dietro, femminile, che mi chiede un euro o comunque dei soldi per il parcheggio. Classifico la voce come quella di un parcheggiatore abusivo e faccio finta di niente, ma la voce insiste ancora una volta e mi arriva molto vicino e, forse al momento del contatto, mi giro: è F, e ci facciamo due risate per il fatto che mi stesse facendo uno scherzo.
Arriviamo a casa di una persone che identifico come una cugina, in una via lì vicino. E' bionda, una bella ragazza, capelli non troppo lunghi legati in qualche modo dietro la nuca. Ospiterà me e altre persone che conosco nella sua casa, alla quale si accede da una porta sulla strada di un palazzo, oltrepassata la quale, però, vi è subito la casa. Tutte le persone che con me saranno ospitate sono miei amici tranne uno, una persona che identifico come un cugino. E' un ragazzo biondo, capelli corti, non troppo alto né troppo muscoloso, ma dal fisico ben piazzato. Percepisco subito la sua straripante aggressività. Si verifica una situazione in cui manca poco che aggredisca qualcuno.
Ad un certo punto, in un'area non ben definita, né dentro né fuori dalla casa ma comunque nei pressi della porta di ingresso, sulla sinistra se si guarda quest'ultima dall'interno, c'è una scala che, girando su se stessa (non a chiocciola) porta sul tetto della casa di mia cugina [anche se prima la casa si trovava in un palazzo]. Vado per salire queste scale insieme a mio cugino, e proprio all'inizio di esse quasi urta/viene urtato da un cameriere vestito di bianco. Gli mette le mani addosso e sta per aggredirlo, quando io cerco di stemperare gli animi dicendo che in fondo si sono solo toccati camminando ognuno per la propria strada. Sentito ciò, mio cugino se la prende con me mettendomi le mandi addosso in qualche parte del corpo a partire dal petto in su. Comunque non ho problemi con lui e la tensione tra noi due cala presto, perché sento che il nostro essere familiari comunque non gli consentirà di prendersela con me.
Salite le scale ci troviamo sulla terrazza situata sul tetto. Adesso l'ambiente intorno è ben diverso da prima: dalla parte in cui prima si trovava la strada c'è sempre una strada, ma sembra quella di una povera città sud americana. Da tutti gli altri lati invece, e fino a perdita d'occhio, un ambiente semidesertico. Terra rossa si estende in tutte le direzioni, intervallata solo da qualche montagna o canyon. Proprio sotto di noi, avendo la città a sinistra, al principio dell'area dalla terra rossa, vi sono due individui. Li potrei definire loschi, uno di sicuro malandato. Sembrano due componenti di una ciurma di pirati dei cartoni animati. Sembra stiano litigando tra di loro e io e mio cugino, più un'altra persona che ora è con noi, li osserviamo. Si accorgono di noi e di conseguenza, in modo del tutto naturale e altrettanto percepito da noi, si apprestano a lanciare due bottiglie di liquore sul tetto su cui ci troviamo. Dopo aver trovato il modo di farlo, le bottiglie partono. In questo momento mi viene il dubbio se la cosa sia cordiale o se ci vogliano colpire, ma la situazione comunque è tranquilla. Le bottiglie arrivano su, una è di amaro Montenegro. Mi chiedo cosa dobbiamo farci. Faccio combaciare il beccuccio della bottiglia di amaro, a testa in giù, con la piccola apertura di un qualche macchinario che sembra un'aspirapolvere senza tubo.
Adesso siamo dentro la casa. Mia cugina, una ragazza che non conosco e alcuni dei miei amici sono seduti sul divano. L'ambiente della casa è molto accogliente: luci calde, quasi soffuse, arredamento anch'esso dai colori caldi, soffitto sensibilmente più basso del normale; la sensazione che ho è piacevole.
G e L mi dicono di uscire che dobbiamo andare da qualche parte, P ci sta passando a prendere in macchina. Ciò che stiamo andando a fare è qualcosa che facciamo per divertimento, potrebbe essere andare a giocare a poker [ci ho giocato forse una volta in vita mia]. Andremo solo noi uomini. Esco e sto per salire in macchina [forse piove] quando decido di abbandonare la spedizione per far compagnia alle ragazze che non sarebbero venute.
Ritardo gigantesco all'università: la mattina devo andare all'università perché devo verbalizzare un esame alle 9, uno alle 10, e sostenerne uno alle 14. Mi dovrà dare un passaggio mamma poiché la mia macchina ha un problema per il quale capita che si spegna all'improvviso e portarla sul raccordo in queste condizioni non è il massimo.
Mi trovo a casa di nonna, insieme a mamma. Ci intratteniamo, pranziamo, chiacchieriamo ancora. Guardo l'ora dal mio orologio da polso:mancano circa 40/35 minuti all'inizio dell'esame e solo ora mi accorgo che in realtà dovrei essere all'università già da un pezzo e che soprattutto sto per fare tardi all'esame che devo sostenere [dovrebbero essere quindi le 13:20/25, ma l'orario che vedo, o percepisco, è quello delle 14:20/25. Ciò non influenza il fatto che l'esame lo dovrei sostenere tra poco più di mezz'ora].
Quindi mi precipito fuori di casa di mia nonna, prendo la macchina, e comincio ad andare verso il raccordo. Tuttavia i primi 2 km di strada mi sembrano faticosissimi e infiniti, qualche cosa impedisce la semplicità nella guida e la strada che percorro per arrivare già solo all'altezza di casa mia sembra molto più lunga di quanto sappia esserlo in realtà. Riesco comunque ad imboccare il raccordo, in gran fretta. In macchina mi rendo conto di non aver portato la calcolatrice ma tornare a casa a prenderla è impensabile, posso comunque sperare che qualcuno ne abbia due ma non è importante, quello che conta adesso è solo arrivare in orario.
Per qualche motivo [che adesso proprio non riesco ad estrapolare] qualche cosa assume in me una tale importanza da spingermi a tornare a casa per poi riuscire e andare all'università, anche se ormai, per forza di cose, manca davvero troppo poco all'inizio dell'esame e le possibilità di fare in tempo si affievoliscono sempre di più. Sono a casa, in cucina guardando verso la seconda finestra a partire da sinistra. Davanti alla finestra, sul bancone, c'è una tipica ampolla da pesce rosso con dentro un pesce di colore tendente al grigio/blu, con quella lucentezza conferita dall'acqua. Tuttavia il pesce è fermo e la sua coda è separata da lui, alla sua stessa profondità ma separata, ed entrambi sono immobili. Non si trovano né in superficie né sul fondo ma so, grazie all'immobilità e al fatto che la coda è separata dal resto, che il pesce è morto. So che dovrei levarlo da lì ma non mi sento a mio agio, mi fa quasi senso, quindi non lo faccio. Faccio altre cose e, quando ripasso di lì, il l'ampolla col pesce non c'è più ma c'è un ragazzo che sento di conoscere che si trova davanti al lavandino con l'ampolla dentro di esso. Capisco allora che lui ha avuto il coraggio che a me era mancato per buttare il pesce e spostare l'ampolla.
In casa c'è anche mamma, quindi adesso che ho fatto ciò che dovevo fare può accompagnarmi all'università pur essendo ormai molto molto tardi.
Scendiamo e dei ragazzi stanno aprendo ora il secondo cancello per entrare (il secondo per noi che usciamo, per loro il primo). Aspettano quindi che noi facciamo i pochi metri che ci separano dal cancello tenendocelo cortesemente aperto. Sono in quattro. Tutti vestiti scuro, se non di nero, e un pò trasandati. La mia attenzione si focalizza potentemente ed esclusivamente su uno di essi, uno dei due che si trova in mezzo nella fila che formano. Non è alto ed è un pò flaccido, quasi grassotto. Ha capelli neri mossi e leggermente lunghi ma non curati, anche un poco unti direi. Porta una giacca di pelle nera e gli noto qualche bolla rossa in faccia. Passo dei secondi incredibilmente focalizzato su di lui, noto la sua espressione neutra ma un pizzico stupita, in attesa. Mamma parla, non capisco se con lui o con un tizio che sta passando appena oltre le prime macchine parcheggiate lì davanti, e le sue parole mi fanno capire che quest'ultimo è il padre del ragazzo che ha conquistato la mia attenzione.
Usciamo dal cancello e scendiamo il marciapiede verso destra verso la macchina di mamma. Dopo pochi passi raggiungiamo il cancello che, sulla destra, dà sul minuscolo cortiletto che contiene il garage. Qui noto un gatto e un gallo che stanno interagendo in qualche modo, forse venendo a contatto, forse abbracciandosi.
Siamo in macchina di mamma sul raccordo. E' davvero tardi, sono ormai le 14:00 se non più tardi. Intanto il tempo passa e superiamo certamente le 14:00. Mentre viaggiamo, ci chiediamo come abbiamo fatto a dimenticarci di andare e come abbiamo fatto a dimenticarci del fatto che non dovevo prendere la mia macchina, cosa che ho fatto prima per andare all'università, salvo poi fare retro front per tornare a casa.
Partita dell'Italia sotto casa di nonna: non ho corporeità, c'è solo ciò che vedo. Vedo un campo di calcio che si trova, uscendo dal balcone della cucina di nonna, sulla destra e leggermente indietro. Questa è solo la posizione che gli attribuisco, in realtà sto solo vedendo il campo.
E' un campo di calcio non regolamentare direi; erba molto scura. Giocano Italia contro Inghilterra e l'Italia vince 1-0 con gol di Pirlo. Mi rendo conto che non è una partita dei mondiali e qualcuno tenta, attraverso non so quale forma di comunicazione (non è esclusa quella verbale) di farmela vedere comunque in modo positivo visto che è sempre una partita vinta. Io continuo a pensare che avrebbero dovuto giocare così durante i mondiali, e non ora, qui.
[Questo sogno potrebbe tranquillamente essere parte del sogno precedente, nella fase in cui mi intrattenevo a casa di nonna. Tuttavia non sono davvero in grado di dire con certezza se lo sia o no, per quanto mi riguarda le possibilità stanno a 50 e 50. Dal momento che però, anche se fosse parte di quello precedente, sarebbe una parentesi abbastanza a sé stante, lo scrivo separatamente].
Al supermercato con S: mi trovo in un supermercato con S. Dobbiamo prendere diverse cose ma le scelte che faccio io non sembrano piacerle e quindi quasi mi rimprovera, con quel suo fare che è un misto tra lo scocciato e lo stupito ma mai veramente arrabbiato, al limite tra il serio e il faceto. Prende al posto mio, col fare sbrigativo di chi viene a sbrogliare la situazione conscio della propria superiore bravura, le cose che secondo lei avrei dovuto prendere.
Mi hanno già conferito il potere che regge il mio destino,
e io nulla stringo, così non avrò nulla da difendere.
Non ho pensieri, così potrò vedere.
Non temo nulla, così ricorderò me stesso.
Distaccato e sereno, sfreccerò oltre l'Aquila, verso la Libertà
Devi lasciarti tutto dietro, Neo: paura, dubbio, scetticismo. Sgombra la tua mente