Rifacendomi a quello che dice Sun:
"Il problema è che, verificandole, non si può comunque avere la certezza che sia proprio quella teoria la causa di ciò che è stato osservato. Viene scelta dunque in modo arbitrario."
Non è vero che la scelta è arbitraria. La scelta dipende dalle osservazioni e ne discende un'unica teoria, nel momento in cui viene accettata. Non dipende dall'arbitrarietà dello scienziato, la matematica non è un'opinione. E non è che la teoria sia una causa, al teoria è un'interpretazione, una descrizione di ciò che si osserva. Se io dico che esiste una forza che fa cadere gli oggetti a terra, nella fattispecie la forza di gravità, lo dico perché ho definito matematicamente e descrittivamente il concetto di forza. La forza è un concetto, una mia invenzione, non so cosa sia effettivamente questa misteriosa forza. Ma data una descrizione poi la osservo ovunque, allora diventa una legge fisica. Che poi magari in futuro potrò ampliare...
E' vero che tra mille anni potrebbe succedere che l'universo si sveglia e decide che la teoria della relatività di Einstein non è più valida e la fa fallire. Potrebbe succedere, perché no? Ma lo scopo della scienza non è quello di DECIDERE come funziona la natura, ma di ricavare delle regole. Allora se io oggi dico che Einstein aveva ragione e facendo mille esperimenti lo mostro, posso ragionevolmente aspettarmi che domani lo sarà ancora. Semmai, nel momento in cui domani la teoria verrà confutata, aprirà un nuovo campo di studio e se ne indagheranno le ragioni. La scienza, in definitiva, produce usi pratici, le verità universali, personalmente, le lascio ai teologi. E' un po' come dire: ho inventato la valvola, ma nessuno mi vieta domani di inventare il transistor, che è meglio.
Ciò a dire, che ci sono degli ambiti, in meccanica quantistica, in cui si è visto che la relatività non funziona. Allora Einstein aveva torto? No che non aveva torto, però non aveva ancora raggiunto la possibilità di effettuare esperimenti che indagassero quegli ambiti nuovi. Da ciò si evince che la relatività non è una teoria a se stante e ha bisogno d'altro per spiegare i fenomeni della natura in certi ambiti particolari. E questo conduce, poi, a riformulare l'interpretazione della natura stessa, tramite la meccanica quantistica abbandoniamo l'interpretazione classica e così via, scoprendo cose nuove giorno per giorno.
Queste regole che oggi scopriamo erano valide ieri? E' un po' come domandarsi se un albero che cade nella foresta fa rumore anche se non c'è nessuno ad ascoltare.
Se tali regole ieri non c'erano le stavamo comunque cercando, dunque c'era un comportamento della natura ancora da spiegare. E quel comportamento che tale era ieri, se tale è ancora oggi, mi consente di definire una regola. Se domani cambia, ahahahahhahahah (scusate la risata pazza), la mia teoria è incompleta e andrò a indagare ulteriormente quali fenomeni intervengono a far cambiare tal comportamento. E' così che funziona la scienza. Nessun scienziato di butta in terra a pregare che sta arrivando la fine del mondo, se le sue teorie non funzionano più, per così dire, ma cerca semmai di allargare il quadro, perché a priori sa che la natura è una cosa vasta, complessa e c'è ancora molto da sapere. Chi accetta per fede una teoria scientifica sta probabilmente giungendo alla fine della sua carriera di scienziato... ahimè.
DayDreamer dice:
"Ah si al riguardo mi hai ricordato un buffo esempio di filosofia della scienza: noi diciamo che i corvi sono neri solo perchè tutti i corvi osservati FINORA sono neri. Ciò non esclude che domani potrebbero avvistare un corvo rosso a pois blu."
Senz'altro, ma la scienza non si accontenta di dire che tutti i corvi sono neri. Va a cercare di capire il perché. E il perché magari lo trova nel DNA. E se domani appare un corvo arcobaleno, lo scienziato lo prende, lo spolpa e ne ricava un cappellino ornamentale, più un segmento di DNA da analizzare. E su quel segmento trova la soluzione all'enigma. E poi si gasa col cappellino
Quando si dice che non si può dire che una cosa non esiste perché non si può dimostrare che non esiste, la faccenda si complica. La scienza si basa su cose sperimentabili, tangibili e quindi è un po' restia a occuparsi di cose non tangibili.
Babbo Natale esiste? Avete mai acchiappato BabboNatale? Dio esiste? Avete mai afferrato Dio? Come fate a dire che non esistono? Lo scienziato non può. Però lo scienziato potrebbe muovere tre obiezioni (queste sono quelle che muovo io, di solito):
La prima, è che se tu affermi l'esistenza di una cosa, sei tu che devi dimostrate qualcosa, non dare agli altri la pena di dimostrare che qualcosa non esiste. E se ne affermi comunque l'esistenza, devi accompagnare gli altri a farne esperienza, altrimenti perché dovrei crederti?
La seconda, è che lo scienziato potrebbe dirti che non ogni parto della nostra immaginazione corrisponde al vero. Lo scienziato lo sa bene: solo una minima parte delle idee che formula si trasforma in teoria scientifica.
La terza, è che l'esistenza di una determinata cosa, per spiegare un fenomeno, potrebbe essere una teoria, obsoleta. In quanto potrebbero esistere altre spiegazioni, più moderne, più legate all'esperienza diretta. Magari incomplete, ma ci si sta lavorando, perlomeno.
Per tornare a bomba sugli OBE, bisognerebbe innanzitutto mettersi d'accordo sulla definizione rigorosa di OBE. E poi capire come si svolge l'esperienza individuale di un OBE e quindi capire se l'esperienza stessa lascia delle prove tangibili anche per gli altri, un po' come accade per i sogni lucidi e il movimento degli occhi, per esempio.
Ecco, ho detto troppo